MIT: l’uso prolungato di IA generativa riduce l’attività cerebrale e la capacità cognitiva

RedazioneRedazione
| 26/06/2025
MIT: l’uso prolungato di IA generativa riduce l’attività cerebrale e la capacità cognitiva

Uno studio del MIT Media Lab evidenzia un calo significativo della connettività neurale negli utenti di IA generativa. I risultati sollevano interrogativi cruciali su apprendimento, proprietà intellettuale e sostenibilità cognitiva nell’era dell’automazione del pensiero.

Un’indagine condotta dal MIT Media Lab getta nuova luce sulle implicazioni cognitive dell’utilizzo di strumenti di intelligenza artificiale generativa, come ChatGPT, nei compiti di produzione scritta. Lo studio – durato quattro mesi e basato su scansioni EEG ad alta risoluzione – ha rilevato una riduzione significativa della connettività cerebrale negli utenti che hanno delegato l’intero processo di scrittura all’IA.

L’indagine, pubblicata su NeuroCognition & Technology Journal, mette in discussione l’attuale entusiasmo sull’adozione massiva degli LLM (Large Language Models) in contesti educativi, professionali e creativi, evidenziando un effetto di “debito cognitivo” potenzialmente duraturo.

L’efficienza a scapito della profondità cognitiva

Secondo i ricercatori del MIT, i partecipanti che hanno utilizzato ChatGPT hanno completato i compiti di scrittura il 60% più velocemente, ma con una riduzione media del 32% del carico cognitivo pertinente – ossia lo sforzo mentale impiegato per trasformare le informazioni in contenuti originali e significativi.

La produttività apparente si accompagna a un prezzo nascosto: gli utenti diventavano progressivamente più passivi con ogni esercizio successivo, affidandosi sempre più alla semplice copia-incolla del testo generato. I saggi prodotti mancavano di originalità, risultando molto simili tra loro, mentre i partecipanti mostravano minore senso di proprietà del contenuto creato.

Questi risultati suggeriscono che la riduzione dell’elaborazione cognitiva autonoma non sia un effetto transitorio, ma una dinamica che può instaurarsi anche dopo l’interruzione dell’uso dell’IA, con impatti duraturi sulla capacità di pensiero autonomo.

Evidenze neurologiche: la connettività cerebrale si riduce

L’aspetto più allarmante dello studio riguarda i risultati delle scansioni EEG, che mostrano chiare differenze nella connettività neurale tra i gruppi di partecipanti. In particolare:

  • I soggetti che scrivevano senza supporti esterni mostravano 79 connessioni attive nella Banda Alpha, associate all’attenzione interna e al pensiero creativo
  • Gli utenti di motori di ricerca mostravano un coinvolgimento moderato, con circa 58 connessioni attive
  • Gli utenti di ChatGPT registravano solo 42 connessioni nella Banda Alpha e 29 nella Banda Theta, quest’ultima correlata alla memoria di lavoro e al controllo esecutivo.

La correlazione tra intensità dell’assistenza esterna e riduzione dell’attività cerebrale è risultata statisticamente significativa, suggerendo un disimpegno neurale progressivo legato all’uso abituale di sistemi LLM.

Implicazioni per l’educazione, l’innovazione e le policy pubbliche

I risultati sollevano importanti interrogativi a livello istituzionale, pedagogico e politico. In un momento in cui l’IA generativa è sempre più integrata nelle scuole, nelle università e nelle imprese, il rischio è che l’affidamento eccessivo all’automazione mentale minacci le fondamenta stesse del pensiero critico, dell’originalità e dell’apprendimento profondo.

Le implicazioni giuridiche toccano anche il tema della proprietà intellettuale e dell’autenticità delle opere: contenuti prodotti con il supporto dell’IA sono ancora riconducibili all’autore umano se l’intervento cognitivo è minimo? La dottrina del lavoro creativo dovrà necessariamente aggiornarsi per tenere conto di questi fattori.

Dal punto di vista economico e industriale, la crescente dipendenza da strumenti LLM potrebbe alterare le dinamiche di formazione professionale, diminuendo la qualità del pensiero analitico e decisionale in settori chiave quali finanza, diritto, ingegneria e politica industriale.

Vulnerabilità cognitiva e prospettive regolatorie

Lo studio del MIT suggerisce, inoltre, che i cervelli in via di sviluppo dei giovani potrebbero essere particolarmente vulnerabili a queste forme di esternalizzazione cognitiva. Gli autori propongono, quindi, un approccio più regolato e consapevole all’uso delle IA generative nei percorsi educativi, con linee guida chiare su frequenza, modalità e limiti d’uso.

Nel lungo periodo, il concetto di debito cognitivo potrebbe affermarsi come un nuovo indicatore di sostenibilità dell’innovazione, al pari delle metriche ambientali, etiche e di sicurezza.

Serve una nuova etica dell’IA cognitiva

L’adozione di ChatGPT e simili strumenti ha indubbiamente rivoluzionato la produzione di contenuti, ma lo studio del MIT impone una riflessione strategica. L’efficienza non può sostituire la profondità cognitiva. Il rischio non è solo una perdita di competenze individuali, ma un impoverimento collettivo della capacità di elaborazione, interpretazione e innovazione.

In un’epoca in cui la “produttività del pensiero” è un asset competitivo chiave, la vera sfida sarà integrare l’IA come amplificatore del pensiero umano, non come suo sostituto.

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