La possibilità di un aumento accelerato della produzione OPEC+ e l’ipotesi di una riduzione delle tariffe statunitensi sulle importazioni cinesi agitano i mercati. Equilibri geopolitici, compliance tra i produttori e segnali contrastanti dagli Stati Uniti al centro della scena.
I mercati petroliferi internazionali hanno registrato una nuova fase di volatilità, con Brent e WTI in calo di circa il 2% nella seduta di ieri. La flessione è stata innescata dall’anticipazione di un possibile aumento dell’output OPEC+ già dal mese di giugno, secondo quanto riferito da fonti interne al cartello. La notizia ha trovato parziale bilanciamento nelle indiscrezioni sulla volontà dell’amministrazione Trump di valutare un taglio dei dazi sulle importazioni cinesi, aprendo nuovi scenari su commercio globale e domanda energetica.
I prezzi del Brent sono scesi a 66,12 dollari al barile (-1,96%), mentre il WTI ha chiuso a 62,27 dollari (-2,2%). Entrambi i benchmark avevano toccato massimi intraday superiori, sospinti dalle incertezze legate alla domanda globale e dalla speculazione sulle future decisioni OPEC+.
OPEC+ tra coesione interna e scelte strategiche
La riunione di giugno sarà cruciale: diversi membri propongono un’accelerazione delle quote produttive, per il secondo mese consecutivo, in risposta a tensioni interne e ad un contesto di prezzi ancora sotto pressione. “Un aumento della produzione potrebbe sollevare interrogativi sulla coesione del cartello”, spiega Phil Flynn, analista di Price Futures Group, evidenziando come la stanchezza rispetto a vincoli prolungati stia crescendo tra i produttori.
Particolarmente delicata la posizione del Kazakhstan, che, pur non essendo membro OPEC, partecipa agli accordi OPEC+ ed è stato recentemente criticato per aver superato le proprie quote. Il Ministro dell’Energia Erlan Akkenzhenov ha sottolineato la volontà del Paese di equilibrare interessi nazionali e impegni internazionali, ribadendo la “responsabilità costruttiva” del Kazakhstan all’interno dell’alleanza.
Dazi, politica USA-Cina e dinamiche di mercato
A smorzare le perdite dei prezzi petroliferi è stata la notizia che l’amministrazione Trump potrebbe valutare una riduzione dei dazi su prodotti cinesi, attualmente fissati a livelli superiori al 100%. Secondo fonti Reuters e Wall Street Journal, la soglia potrebbe essere abbassata tra il 50% e il 65%, sebbene ogni azione sarà subordinata a nuovi round negoziali con Pechino.
Sul fronte macroeconomico, il segretario al Tesoro USA Scott Bessent ha dichiarato che tariffe eccessive sono un ostacolo alle trattative commerciali e che occorrerà trovare un compromesso per riavviare il dialogo tra le due potenze. Questo scenario ha allentato i timori su un possibile rallentamento della domanda petrolifera legata a una nuova guerra commerciale.
Dati USA, sanzioni e nuovi rischi di mercato
I fondamentali di mercato restano complessi. Gli ultimi dati ufficiali mostrano un aumento inatteso delle scorte di greggio negli Stati Uniti, mentre le riserve di benzina e distillati sono diminuite oltre le attese, segnalando dinamiche di domanda ancora sostenute. Allo stesso tempo, nuove sanzioni americane hanno colpito la rete logistica iraniana attiva nell’export di gas e greggio, aggiungendo ulteriori elementi di incertezza su forniture e sicurezza degli approvvigionamenti.
Outlook incerto tra diplomazia, produzione e mercato
La fase attuale dei mercati petroliferi è dominata da una molteplicità di fattori esogeni: strategie OPEC+, politica commerciale USA-Cina, compliance tra i produttori, dati di mercato e nuovi fronti sanzionatori. In questo contesto, la capacità dei Paesi produttori e delle grandi potenze economiche di gestire gli shock sarà determinante per la stabilità dei prezzi e la sostenibilità delle filiere energetiche globali.
Il prossimo appuntamento OPEC+ di giugno sarà uno snodo cruciale per definire le politiche di offerta e verificare la tenuta dell’equilibrio geopolitico che oggi regola il mercato del petrolio.