La joint venture tra Volvo Cars e Northvolt rivede radicalmente il proprio piano industriale per la produzione di batterie a Gothenburg. Le implicazioni per l’industria europea dell’auto elettrica, il diritto dell’innovazione e la politica industriale continentale.
Il recente annuncio da parte di Novo Energy, società nata nel 2021 dalla joint venture tra Volvo Cars e la svedese Northvolt, di tagliare il 50% della propria forza lavoro rappresenta un segnale d’allarme significativo per l’intera catena del valore europea nel settore delle batterie per veicoli elettrici. La decisione fa seguito alla dichiarazione di bancarotta di Northvolt, un tempo considerata l’unica candidata europea in grado di competere con i giganti asiatici delle gigafactory.
Secondo quanto comunicato dal CEO Adrian Clarke, la ristrutturazione comporterà la perdita di circa 150 posti di lavoro. Una misura necessaria, secondo la dirigenza, per contenere i costi a fronte di difficoltà economiche e incertezza strategica aggravata dalla dissoluzione del partner tecnologico originario.
Dal piano industriale all’adattamento forzato: come cambia la strategia di Volvo
L’impianto previsto a Gothenburg, sulla costa occidentale della Svezia, doveva rappresentare un tassello fondamentale nella strategia di elettrificazione di Volvo Cars. La casa automobilistica aveva già annunciato a febbraio di voler rilevare l’intera partecipazione nella joint venture, rilevando la quota di Northvolt per una cifra simbolica, segno di un progetto entrato in crisi profonda.
Dopo una prima ondata di tagli (30% della forza lavoro già a gennaio), la riduzione del 50% annunciata oggi si configura come una misura di sopravvivenza industriale, che evidenzia l’urgenza di trovare un nuovo partner tecnologico e ridefinire gli obiettivi industriali su basi realistiche.
Impatti giuridici e geopolitici: la fragilità dell’autonomia strategica europea nelle batterie
Il fallimento di Northvolt e la conseguente crisi di Novo Energy sollevano importanti riflessioni sul piano della politica industriale europea, in particolare sull’efficacia delle strategie volte a garantire l’autonomia strategica nel settore delle batterie e, più in generale, nella transizione energetica.
Dal punto di vista giuridico e regolatorio, la vicenda solleva interrogativi sulla governance delle joint venture pubblico-private, la gestione della proprietà intellettuale, e le clausole contrattuali relative al fallimento di uno dei soci fondatori.
A livello geopolitico, il ridimensionamento del progetto rappresenta un’opportunità perduta per l’UE nel ridurre la dipendenza tecnologica da fornitori asiatici, mentre paesi come Cina e Corea del Sud rafforzano ulteriormente la loro posizione nel mercato globale delle celle al litio.
Tecnologia e finanza dell’innovazione: serve una revisione dei modelli di supporto
L’evento chiama in causa anche la sostenibilità dei modelli di finanziamento all’innovazione, che spesso si basano su elevate aspettative speculative e investimenti pubblici/privati anticipatori. Il caso Northvolt evidenzia i rischi di overcommitment finanziario in assenza di una reale validazione tecnologica e di filiere produttive pienamente consolidate.
L’industria europea delle batterie necessita non solo di investimenti, ma di ecosistemi stabili e integrati tra ricerca, produzione e logistica. La fragilità del modello Northvolt mette in discussione l’efficacia delle attuali politiche industriali e di sostegno all’innovazione nel campo delle tecnologie pulite.
Prospettive: resilienza industriale o disimpegno strategico?
Nonostante la crisi, Novo Energy ha dichiarato che continuerà operazioni limitate, completando la prima fase della costruzione a Gothenburg e mantenendo vivo l’obiettivo a lungo termine di produrre batterie con un nuovo partner. Questo lascia aperta la porta a potenziali riassetti strategici e operazioni di rescue merger con attori tecnologici emergenti o extraeuropei.
Tuttavia, la credibilità del progetto dipenderà dalla capacità di attrarre investimenti qualificati, di offrire garanzie industriali concrete e di integrarsi in una supply chain realmente competitiva.
Oltre la narrativa green, un test di maturità per l’industria europea
La vicenda di Novo Energy e Northvolt rappresenta una lezione severa ma necessaria. Dimostra che la transizione ecologica, per essere sostenibile, deve basarsi su fondamenta economiche, tecnologiche e giuridiche solide. E che la resilienza industriale europea non può essere affidata esclusivamente a singoli campioni nazionali, ma deve passare per una visione sistemica, realistica e multilaterale della politica industriale dell’innovazione.