Il boom dell’intelligenza artificiale non sta solo impattando sul consumo di energia e acqua, ma sta anche creando una quantità senza precedenti di rifiuti elettronici.
Lo studio annuale sulle tendenze dell’IA dello Stanford Institute for Human-Centered Artificial Intelligence (HAI) ha fatto emergere che gli investimenti privati nell’IA sono passati da 3 miliardi di dollari nel 2022 a 25 miliardi di dollari nel 2023, con le aziende che adottano strumenti di intelligenza artificiale più velocemente che mai.
Massiccio uso di componenti hardware
Nel 2023, le aziende tecnologiche hanno prodotto 51 sistemi di apprendimento automatico significativi, mentre il mondo accademico ne ha prodotti solo 15.
Questi dati sono determinanti per impattare sulle aziende costringendole ad aggiornare continuamente gli hardware dei data center, scartando le apparecchiature ancora funzionanti per l’acquisto di macchine più performanti per mantenere un vantaggio competitivo.
Questo massiccio uso di componenti per alimentare l’hardware che gestisce modelli di intelligenza artificiale sta imponendo alle aziende di scartare milioni di tonnellate di componenti elettronici.
La gestione dei rifiuti elettronici
Nature Computational Science, nel suo paper E-waste challenges of generative artificial intelligence, evidenzia come l’intelligenza artificiale generativa (GAI) richieda risorse computazionali sostanziali per la formazione e l’inferenza dei modelli, ma le implicazioni elettroniche (e-waste) del GAI e le sue strategie di gestione rimangono sottoesplose.
Il documento introduce un framework di analisi del flusso di materiale basato sulla potenza computazionale per quantificare ed esplorare modi di gestire i rifiuti elettronici generati dal GAI, con particolare attenzione ai modelli linguistici di grandi dimensioni.
I risultati indicano che questo flusso di rifiuti elettronici potrebbe aumentare, raggiungendo potenzialmente un accumulo totale di 1,2-5,0 milioni di tonnellate durante il 2020-2030.
Ciò può essere intensificato nel contesto delle restrizioni geopolitiche sulle importazioni di semiconduttori e del rapido turnover dei server per i risparmi sui costi operativi.
Tuttavia l’implementazione di strategie di economia circolare lungo la catena del valore GAI potrebbe ridurre la generazione di rifiuti elettronici del 16-86%, sottolineando l’importanza di una gestione proattiva dei rifiuti elettronici di fronte all’avanzamento delle tecnologie GAI.
I modelli linguistici di grandi dimensioni (LLM) come ChatGPT, Claude o LlaMa da soli potrebbero generare 2,75 milioni di tonnellate di rifiuti elettronici all’anno, aumentando gravemente l’impatto ambientale dell’IA.
La geografia degli e-waste
Il flusso di rifiuti sta crescendo a un ritmo allarmante, con un tasso di crescita composto annuo del 110%, superando drammaticamente la crescita del 2,8% dei rifiuti elettronici convenzionali come schermi e lavatrici.
La geografia di questa crisi è molto concentrata.
Il Nord America è in testa con il 58% dei rifiuti elettronici legati all’IA, seguito dall’Asia orientale, al 25%, e dall’Europa al 14%, secondo una ricerca dell’Accademia cinese delle scienze e dell’Università del Reichman.
Oltre alle enormi quantità di rifiuti elettronici, l’industria dell’IA in generale sta consumando enormi quantità di risorse.
Per ogni 4 query, ChatGPT consuma mezzo litro di acqua.
Se si pensa che ChatGPT ha oltre 220 milioni di visitatori ogni mese è facile comprendere il motivo di un incremento significativo dei costi idrici, quasi raddoppiati in meno di un decennio, in tutte quelle città vicino ai data center dell’IA.
Si stima che entro il 2030, questi rifiuti conterranno quasi un milione di tonnellate di piombo, 6.000 tonnellate di bario, nonché’ significative quantità di cadmio, antimonio e mercurio.
Tutti questi elementi non possono che non avere ulteriori impatti sull’ambiente con rischi ben documentati per il suolo, l’acqua e la salute pubblica.
Il riciclo e’ fondamentale. I metalli come oro, argento e platino utilizzati nei server scartati rappresentano un significativo potenziale finanziario se recuperati. Lo studio stima che un corretto riciclaggio di questi metalli potrebbe iniettare 70 miliardi di dollari nell’economia.