Rifiuti spaziali. Che cos’è la sindrome di Kessler?

| 14 Gennaio 2025
Rifiuti spaziali. Che cos’è la sindrome di Kessler?

Nello spazio ci sono 130 milioni di detriti. Gli scienziati avvertono che la loro collisione potrebbe impedirci di lasciare la Terra, con grande disappunto di Elon Musk…

Di recente, un satellite meteorologico dell’aeronautica statunitense è esploso nello spazio, scomponendosi in 50 pezzi, che si sono aggiunti ai circa 130 milioni di frammenti di “spazzatura spaziale” che orbitano intorno alla Terra.
L’accumulo di detriti ha alimentato i timori riguardo la “sindrome di Kessler“.
Denominata così in onore dell’astrofisico americano Donald Kessler, descrive uno scenario in cui una collisione tra detriti spaziali innesca una reazione a catena di eventi simili.
Gli esperti non concordano sulla probabilità che si verifichi uno scenario del genere, né sull’entità della minaccia che potrebbe rappresentare per il pianeta.

Cos’è la sindrome di Kessler

La sua definizione esatta non esiste.
È ancora “vaga”, come osservato dalla CNN, ma in generale la sindrome di Kessler descrive uno scenario in cui una collisione crea “una nube di frammenti” che “a sua volta colpisce altri oggetti in orbita“, generando “ancora più detriti“.
Questo “effetto a cascata” potrebbe proseguire fino a congestionare l’orbita terrestre con tali quantità di spazzatura da compromettere l’esplorazione dello spazio, con ripercussioni sulla nostra vita quotidiana.

I possibili effetti

Nel peggiore scenario possibile, una nube di detriti spaziali attorno alla Terra comprometterebbe o interromperebbe le operazioni di tecnologie orbitali fondamentali come previsioni meteo, GPS e televisione.
I detriti metallici, in particolare, avrebbero il potenziale di “disturbare la magnetosfera terrestre“, esponendo le forme di vita ai pericolosi raggi cosmici.
Un evento legato alla sindrome di Kessler, ha spiegato Paul Lynam, astronomo presso il Lick Observatory dell’Università della California, “colpirebbe tutti sul pianeta“.
Inoltre, uno “spazio orbitale sovraffollato” limiterebbe l’uso dei telescopi terrestri e potrebbe mettere fine “ai nostri sogni di andare sulla Luna o oltre“, ha aggiunto il National Space Centre.

Minaccia o realta’

Secondo Aerospace America, la comunità scientifica non ha ancora raggiunto un consenso sul fatto che la sindrome di Kessler sia già in corso, o, in caso contrario, sul tipo di minaccia che potrebbe raggiungere. La Stazione Spaziale Internazionale (ISS) “non è stata distrutta, i carichi utili continuano a raggiungere lo spazio profondo senza danni, e non siamo intrappolati sulla Terra” a causa dei detriti, il che indica che o la “calamità non è ancora sopraggiunta“, oppure “non la riconosciamo“.
Attualmente, i detriti spaziali superano le 9.300 tonnellate, come riportato dall’Agenzia Spaziale Europea (ESA), che avverte che la “probabilità di collisioni catastrofiche” aumenterà progressivamente. Raddoppiando il numero di oggetti in orbita, il rischio di collisioni cresce di circa 4 volte.

I numeri

La quantità di detriti orbitali sta aumentando rapidamente.
Se in passato si lanciavano circa 80-100 satelliti all’anno, nel 2020 il numero ha superato i 1.000, raggiungendo oltre 2.000 nel solo 2022.
Inoltre, sempre più Paesi e aziende partecipano alla corsa ai satelliti.
Secondo l’Union of Concerned Scientists, entro il 2030, potrebbero esserci fino a 57.000 satelliti in orbita terrestre bassa (del tipo di quelli di Musk e Bezos, per intenderci).
Va, peraltro, considerato che oggetti grandi quanto un mirtillo, orbitando attorno alla Terra, possiedono “l’energia cinetica di un’incudine in caduta“, mentre frammenti delle dimensioni di un pallone da calcio o più grandi, possiedono “l’energia cinetica di una grande bomba“.
Ciò nonostante, lo scenario non è ancora “catastrofico”, affermano dal National Space Centre.
Gli scienziati spaziali stanno “ideando soluzioni”, e sono già stati testati prototipi, con missioni programmate per “aiutare a ripulire il nostro spazio orbitale“. RemoveDebris, un progetto guidato dall’Università del Surrey, ha già catturato con successo un oggetto delle dimensioni di una scatola da scarpe “intrappolandolo in una grande rete“.
È stato catturato anche frammento di “detriti simulati“, e una “membrana gigante” sarà utilizzata per trascinare gli oggetti verso la Terra, in modo che “si brucino in sicurezza nell’atmosfera“.
Insomma dovremo provarle tutte, se vorremo andare su Marte.

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