Ecco i dati su Open Fiber del nuovo Report di NewStreet Research: dipendenza dai fondi pubblici, debito fuori controllo e sostenibilità incerta mettono in discussione la sua esistenza nel lungo periodo.
Senza una nuova strategia e meno dipendenza dallo Stato, il destino di Open Fiber potrebbe avere conseguenze disastrose per l’intero sistema delle telecomunicazioni in Italia.
Open Fiber è nata con l’ambizione di portare la fibra ottica in ogni angolo d’Italia, una missione strategica per la digitalizzazione del Paese. Ma a guardare i numeri, sembra più una montagna di debiti con poche certezze di sostenibilità economica. E oggi Open Fiber ha il profilo di un’iniziativa che, invece di rappresentare il futuro della connettività, rischia di trasformarsi in una voragine finanziaria senza fine, sostenuta artificialmente da continui quanto ingiustificabili aiuti pubblici.
I dati riportati in questo editoriale provengono dal recente Rapporto pubblicato da NewStreet Research, una delle più autorevoli società di analisi finanziaria specializzate nel settore delle telecomunicazioni e delle infrastrutture digitali. NewStreet Research fornisce studi approfonditi sugli operatori di rete, valutandone la sostenibilità economica e il potenziale di crescita, con un focus particolare sulle dinamiche di mercato e sulle implicazioni per gli investitori.
Una crescita fragile e dipendente dai fondi pubblici
I dati parlano chiaro: Open Fiber prevede di passare da una copertura di 16 milioni di unità immobiliari nel 2024 a 24 milioni di unità immobiliari nel 2031. Tuttavia, oltre 1/3 di queste unità è servito con fondi pubblici, segnale inequivocabile che il mercato non è in grado di sostenere spontaneamente il modello di business della società. E così, mentre FiberCop si muove con logiche più orientate al mercato, Open Fiber sopravvive grazie alla generosità dello Stato, con un’influenza politica sempre più evidente nelle sue decisioni strategiche.
Nel 2024, l’azienda ha ricevuto altri 2 miliardi di euro tra capitale e prestiti, portando il totale del debito a 5.6 miliardi di euro.
Ma il conto non si fermerà qui.
Entro il 2037 si stima che il debito crescerà fino a 13.1 miliardi, un’enormità per un’azienda che dovrebbe operare in un settore ad alta marginalità. La leva finanziaria è spaventosa: nel 2025 si prevede un rapporto debito/EBITDA di 21.4x, riducendosi solo a 11.5x nel 2037— quindi con livelli ancora ben al di sopra della sostenibilità.
Il risultato è un business model insostenibile.
Open Fiber non solo brucia cassa, ma fatica a dimostrare di poter generare profitti significativi. I ricavi previsti dovrebbero crescere da 641 milioni di euro nel 2024 a 1,85 miliardi di euro nel 2037, con un EBITDA che salirebbe dal 42% al 62%. Ma sono solo previsioni ottimistiche su carta.
La realtà è che i costi di espansione sono enormi: 900 milioni di euro all’anno fino al 2030. E con un livello di debito così alto, la pressione finanziaria rischia di schiacciare qualsiasi possibilità di crescita redditizia. Inoltre, c’è un altro problema: la fibra è un investimento a lungo termine, ma Open Fiber non ha ancora dimostrato di poter convertire la copertura in clienti attivi in modo efficiente.
Nel 2025 si prevedono solo 3,1 milioni di linee FTTP attive, con una crescita che rimane incerta e un break-even finanziario atteso solo nel 2037. Una scommessa troppo rischiosa per un’azienda che sopravvive grazie ai soldi pubblici.

Una valutazione catastrofica
Se i numeri operativi sono traballanti, quelli finanziari sono ancora peggiori. Il valore dell’Enterprise value (EV) è stimato a 5 miliardi di euro, ma con un Equity value negativo di quasi 2 miliardi di euro.
Traduzione?
Se Open Fiber fosse una società privata senza il sostegno dello Stato, sarebbe tecnicamente fallita. La forte esposizione al debito e la bassa redditività mettono seriamente in dubbio la capacità della società di generare valore nel lungo periodo.

Quale futuro per Open Fiber?
A questo punto, Open Fiber si trova di fronte a tre possibili scenari:
- Continuare a ricevere finanziamenti pubblici, garantendo la sua sopravvivenza a spese dei contribuenti italiani
- Affrontare una ristrutturazione del debito, con un ridimensionamento del business e possibili tagli drastici agli investimenti
- Sperare in una fusione con FiberCop, un’opzione che però creerebbe un problema di monopolio e una leva finanziaria comunque insostenibile (9.0x).
Nessuna di queste alternative è priva di rischi.
La più probabile è la prima: Open Fiber continuerà a drenare risorse pubbliche per rimanere in vita.
Ma fino a quando?
Se non si trova una vera soluzione di mercato, il rischio è che la società entri in difficoltà finali già prima del 2030, lasciando un enorme buco finanziario sulle spalle degli italiani.
Sogno o fallimento?
Open Fiber avrebbe potuto rappresentare il pilastro della digitalizzazione italiana, ma si sta rivelando una cattedrale nel deserto, incapace di sostenersi autonomamente. L’eccessiva dipendenza dai fondi pubblici, il debito fuori controllo e la sostenibilità incerta mettono seriamente in discussione la sua esistenza nel lungo periodo.
Se non si interverrà con una strategia più solida e meno dipendente dallo Stato, il destino di Open Fiber potrebbe essere segnato, con conseguenze disastrose per l’intero sistema delle telecomunicazioni in Italia.