La corsa di COMAC verso i mercati internazionali si scontra con il muro regolatorio europeo. Le implicazioni per Airbus, Boeing e la geopolitica industriale del volo.
Il sogno cinese di entrare stabilmente nel mercato globale dell’aviazione commerciale subisce un rallentamento strategico. L’Agenzia per la Sicurezza Aerea dell’Unione Europea (EASA) ha dichiarato che saranno necessari tra tre e sei anni per certificare il C919, il jet di linea a corridoio singolo sviluppato dal costruttore statale cinese COMAC.
Il C919, entrato in servizio commerciale in Cina nel 2023 dopo aver ottenuto la certificazione domestica nel 2022, è stato progettato per competere direttamente con le famiglie Airbus A320 e Boeing 737, dominate dal duopolio occidentale. Tuttavia, secondo quanto dichiarato dal direttore esecutivo dell’EASA Florian Guillermet in un’intervista a L’Usine Nouvelle, la certificazione europea non arriverà prima del 2028, smentendo l’obiettivo iniziale di COMAC di ottenere l’autorizzazione entro il 2025.
Certificazione come leva geopolitica e barriera tecnica all’ingresso
La certificazione da parte di agenzie come l’EASA o la statunitense FAA è uno snodo fondamentale per l’accesso ai mercati aerei globali. Senza tale validazione, il C919 resterà confinato ai cieli cinesi e ad alcuni Paesi con regimi di certificazione bilaterali, come Indonesia, Vietnam e Laos. Per i lessor internazionali e le compagnie aeree extra-cinesi, l’approvazione da parte di autorità di sicurezza riconosciute a livello mondiale è condizione imprescindibile.
Il ritardo annunciato da EASA non è solo una questione tecnica. La validazione riguarda l’intero disegno dell’aeromobile, la sicurezza dei componenti e test di volo indipendenti. L’Agenzia europea collabora con COMAC da circa quattro anni e ha riconosciuto gli sforzi della Cina per allinearsi agli standard internazionali. Ma, come osservano diversi analisti, la certificazione aeronautica si sta sempre più configurando come un asset geopolitico, in un contesto di rivalità strategica tra blocchi economici.
Tecnologia globale, manifattura nazionale: il paradosso del C919
Sebbene sia prodotto in Cina, il C919 incorpora una quota significativa di tecnologie occidentali. Il motore LEAP, ad esempio, è frutto della collaborazione tra GE Aerospace (USA) e Safran (Francia), due aziende cardine nella fornitura di propulsori ad alta efficienza. Questo dettaglio complica ulteriormente il quadro geopolitico e regolatorio, rendendo il programma C919 una sorta di ibrido industriale: strategicamente cinese, ma tecnologicamente interdipendente.
Il modello di sviluppo adottato da COMAC riflette un tentativo di scalare la catena del valore aeronautico sfruttando partnership estere, in assenza di una completa autonomia tecnologica. Tuttavia, la mancata certificazione EASA e l’assenza di una strategia di approvazione presso la FAA rallentano le ambizioni internazionali del programma.
Implicazioni economiche e politiche industriali
L’attesa di tre-sei anni per l’approvazione europea impatta direttamente sulla scalabilità commerciale del C919 e sulle prospettive di export per il settore aerospaziale cinese. In parallelo, rafforza la posizione competitiva di Airbus e Boeing, garantendo loro una finestra temporale prolungata per consolidare ordini e aggiornare le rispettive gamme narrow-body.
Dal punto di vista della politica industriale, l’Europa si trova a dover bilanciare la difesa delle proprie eccellenze strategiche con gli impegni multilaterali in ambito di concorrenza e liberalizzazione dei mercati. La certificazione EASA, lungi dall’essere una mera formalità, diventa così uno strumento di controllo selettivo dell’accesso al mercato europeo, con implicazioni sistemiche per il diritto dell’innovazione e le normative WTO.
Una lunga attesa per la “terza via” dell’aviazione civile
Il caso del C919 rappresenta l’ultima frontiera nella competizione tra modelli industriali nazionali e logiche multilaterali di regolazione. COMAC, pur con forti supporti statali e investimenti significativi, si scontra con i tempi lunghi dell’accettazione globale.
Se da un lato la Cina dimostra ambizioni concrete per entrare in un mercato finora dominato dall’Occidente, dall’altro lato il sistema internazionale pone vincoli, standard e barriere non tariffarie sempre più sofisticati.
La convergenza tra aeronautica, diplomazia e tecnologia sarà quindi determinante per stabilire se il C919 potrà davvero rappresentare una “terza via” nel trasporto aereo globale.