Open Fiber: un buco nero finanziario che rallenta la digitalizzazione del Paese

| 17/03/2025
Open Fiber: un buco nero finanziario che rallenta la digitalizzazione del Paese

Mentre l’Italia si sforza a fatica di colmare il divario digitale e portare la banda ultralarga in ogni angolo del Paese, Open Fiber continua a dimostrare tutte le sue fragilità, tra perdite milionarie, indebitamento alle stelle e ritardi nei progetti. Il Bilancio 2024, appena approvato, racconta una storia preoccupante: la storia di un’azienda che brucia soldi, accumula debiti e si scontra con ostacoli operativi che mettono a rischio la digitalizzazione nazionale.

Perdite crescenti e un modello di business insostenibile

Nonostante una crescita del fatturato del 16%, che ha portato i ricavi a 675 milioni di euro, Open Fiber ha chiuso il 2024 con una perdita netta di 364 milioni di euro, peggiorando rispetto ai 296 milioni di euro dell’anno precedente. Il vero problema, però, è che l’azienda prevede di diventare finanziariamente sostenibile solo nel 2028. In parole povere, Open Fiber continua a consumare più risorse di quante ne riesca a generare, lasciando aperta una domanda fondamentale: chi pagherà il conto nei prossimi anni?

Un debito che sfiora il baratro

I numeri parlano chiaro: la posizione finanziaria netta di Open Fiber è negativa per oltre 6 miliardi di euro. E per continuare a operare, ha dovuto ottenere una nuova linea di credito da 1,05 miliardi di euro e un’iniezione di capitale di 1 miliardo di euro da parte degli azionisti. Questo significa che, senza un continuo afflusso di denaro esterno, il progetto rischia di crollare su sé stesso. Va da sé che un modello finanziario basato su debiti e continui aumenti di capitale non è certo il segnale di una gestione solida e sostenibile.

Ritardi, multa da 40 milioni e digitalizzazione a rischio

A peggiorare ulteriormente il quadro ci sono i ritardi accumulati nei progetti infrastrutturali. Open Fiber è stata sanzionata con una multa di 40 milioni di euro da Infratel per non aver rispettato le tempistiche previste per le Aree bianche, quelle zone dove il mercato privato non investe e l’intervento pubblico è essenziale per portare internet veloce. Questi ritardi non sono solo un problema per l’azienda, ma per l’intero Paese: significa che milioni di italiani, soprattutto nelle zone meno servite, resteranno ancora a lungo senza connessioni adeguate.

Un futuro incerto per la Banda Ultralarga Italiana

Di fronte a questi dati, la domanda è inevitabile: Open Fiber è davvero in grado di portare avanti il suo compito di digitalizzare il Paese? Il mix di perdite, debiti, ritardi e guerre interne al settore sembra suggerire di no. Il rischio è che, se non verranno prese misure correttive immediate, l’Italia resti indietro nell’innovazione digitale, con enormi ripercussioni per cittadini e imprese.

La banda Ultralarga è troppo importante per essere lasciata in balia di un’azienda che naviga sempre più a vista. È tempo di ripensare le strategie nazionali e assicurarsi che il futuro digitale dell’Italia non venga sacrificato per colpa di un modello gestionale fallimentare. Ed è altrettanto importante che il governo vigili su di tale modello, per evitare che peggiori lo stato delle cose.

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