L’Organizzazione mondiale del commercio alza le stime per il 2025 grazie a front-loading e domanda di tecnologie AI, ma avverte: l’impatto pieno dei dazi e il raffreddamento macro taglieranno la crescita nel 2026. Ecco come cambiano catene del valore, servizi e politica industriale.
Il nuovo Global Trade Outlook & Statistics del WTO fotografa un biennio sbilanciato: +2,4% nei volumi di scambio nel 2025 (molto sopra le previsioni estive), ma solo +0,5% nel 2026, quando il ciclo anticipato delle importazioni si esaurirà e i dazi mostreranno i loro effetti integrali. È la prova che la globalizzazione non rallenta in linea retta: accelera quando le imprese corrono a mettersi al riparo, poi frena quando i conti arrivano a scadenza.
Un 2025 “gonfiato” da scorte e transizione tecnologica
L’upgrade per il 2025 poggia su due leve: front-loading verso gli Stati Uniti, con ordini anticipati in vista di tariffe più alte, e una domanda straordinaria per beni collegati all’AI (chip, server, apparati di rete). Nella prima metà dell’anno i volumi sono saliti del 4,9% a/a; gli acquisti legati all’AI hanno contribuito per oltre quattro decimi all’espansione globale, con valori in crescita di circa +20%. L’Asia ha generato quasi due terzi di questo impulso, gli Stati Uniti circa un quinto.
2026: l’effetto ritardato dei dazi e il raffreddamento macro
La crescita prevista allo 0,5% nel 2026 riflette l’inerzia regolatoria: le tariffe introdotte nel 2025 dispiegano i loro effetti su un intero anno contabile, comprimendo margini, prezzi e scelte di sourcing. Il WTO nota un peggioramento atteso in tutte le regioni e un lieve calo della crescita del PIL globale dal 2,7% al 2,6%, segnale che la domanda importata resterà più debole. In parallelo, l’aumento generalizzato dei dazi (con picchi negli USA) accresce l’incertezza e devia i flussi verso mercati alternativi.
La filiera dell’AI come nuovo baricentro del commercio
La ripresa 2025 è figlia della catena del valore digitale: dal silicio e gas speciali alla componentistica ottica, fino ai sistemi per cloud e applicazioni AI. La specializzazione asiatica in semiconduttori e subforniture di precisione ha amplificato l’extra-ciclo tecnologico, ma rischia di accentuare dipendenze strutturali per i paesi privi di capacità produttive avanzate. In assenza di politiche industriali coerenti, molti rimarranno a valle — importatori di valore aggiunto — proprio mentre l’AI diventa infrastruttura produttiva di base.
Servizi: lo spillover del rallentamento dei beni
I servizi commerciali non pagano dazi, ma vivono dei flussi fisici e della fiducia: dopo il +6,8% del 2024, la crescita scende a +4,6% nel 2025 e +4,4% nel 2026. Trasporto, logistica, IT e licenze soffrono quando le catene si ricalibrano o si accorciano. È lo spillover invisibile delle guerre tariffarie: meno merci, meno servizi — con un ritardo che spesso sorprende i pianificatori.
Regionalizzazione controllata: nearshoring, friend-shoring e costi della resilienza
Il 2026 potrebbe accelerare un modello di regionalizzazione selettiva: più produzione vicino ai mercati finali, maggiore ridondanza negli approvvigionamenti critici, e contratti di lungo periodo su input strategici (energia, chip, componenti ottici). Resilienza, però, non significa costo zero: più inventari, più CAPEX logistici, più oneri di compliance. L’impresa che regge l’urto è quella che tratta la supply chain come asset finanziario, con stress test su valute, lead time e clausole tariffarie.
Politica industriale e diritto del commercio: il WTO come infrastruttura della prevedibilità
Il WTO attribuisce la relativa tenuta del 2025 alla stabilità offerta da regole multilaterali; ma avverte che l’era della “compiacenza” è finita. Il dossier 2026 si giocherà tra lawfare commerciale (contenziosi su dazi, standard tecnologici, dati, IP) e necessità di aggiornare la governance del commercio all’economia dell’AI. Senza un ancoraggio multilaterale, il rischio è un mosaico di accordi regionali chiusi, con norme a geometria variabile e costi più alti per tutti.
Playbook per imprese e policy maker
- Ricalibrare i prezzi con scenari tariffari multipli e clausole di adeguamento
- Diversificare fornitori e rotte, includendo hub secondari e assicurazioni logistiche dinamiche
- Portafoglio valute e coperture sui cicli di pagamento per attenuare shock FX
- Industrializzare l’AI interna (previsione domanda, risk scoring fornitori, manutenzione predittiva) per guadagnare efficienza senza dipendere dal solo taglio dei costi
- Compliance by design su export-control, cybersecurity, data transfer e sostenibilità: meno attrito regolatorio, più accesso ai mercati.
Scenari 2026–2027: atterraggio duro, planata ordinata o contro-ciclo tecnologico?
Tre traiettorie sono verosimili:
- Atterraggio duro: escalation tariffaria, fiducia in calo, compressione degli investimenti
- Planata ordinata: dazi stabili, riallineamento scorte, ripresa graduale dei servizi
- Contro-ciclo tecnologico: nuova ondata capex AI/energia che ammortizza la frenata dei beni
La differenza la farà la politica industriale credibile: incentivi legati a produttività e innovazione, non solo barriere.
Dal volume al valore — un nuovo contratto per il commercio
Il biennio 2025–2026 segna il passaggio da una globalizzazione guidata dal volume a una fondata sul valore: qualità tecnologica, affidabilità delle regole, filiere più corte, ma più intelligenti. Il WTO offre la cornice; tocca ai governi evitare la tentazione dell’autarchia tattica e alle imprese uscire dalla logica del “prima che scatti il dazio”.
Se prevarrà l’economia dell’AI con regole comuni, la frenata del 2026 sarà un assestamento e non un ciclo perso. Altrimenti, il mondo scoprirà che i dazi proteggono nel breve, ma impoveriscono nel lungo, soprattutto chi ha più da esportare che da difendere. La sfida non è tornare al commercio di ieri: è costruire un commercio intelligente, dove crescita, sicurezza e apertura non si escludano a vicenda.