USA, PMI in accelerazione: servizi in spinta, export in apnea. Cosa aspettarsi da occupazione e Fed

RedazioneRedazione
| 25/10/2025
USA, PMI in accelerazione: servizi in spinta, export in apnea. Cosa aspettarsi da occupazione e Fed

S&P Global PMI composito a 54,8 in ottobre: crescita trainata dai servizi, fiducia in calo, ordini esteri ai minimi da sei mesi, scorte ai massimi.

L’economia statunitense apre il quarto trimestre con un passo più rapido, ma tra dazi, incertezza politica e blackout statistico il quadro resta fragile. Prezzi di vendita giù, costi in salita: le imprese assorbono i dazi e rallentano le assunzioni. La Federal Reserve resta sotto pressione.

Perché il PMI conta davvero (e cosa dice oggi)

Il PMI composito flash di S&P Global è salito a 54,8 in ottobre da 53,9 di settembre. È un numero che, preso da solo, racconta espansione: sopra quota 50 l’attività privata cresce. Ma il valore aggiunto del PMI non è la fotografia, è la trama: sottoindici, dinamiche tra servizi e manifattura, prezzi e ordini. Qui emergono le crepe. La ripresa è sbilanciata, tenuta su dai servizi; la manifattura tiene, ma non traina. Nel frattempo le aziende accumulano scorte e vedono ordini esteri scendere.

In linguaggio semplice: l’economia corre, ma con il fiato corto. E i segmenti più esposti al commercio globale perdono trazione.

Servizi in spinta, manifattura con l’acqua alla gola

La sorpresa positiva viene dai servizi, oggi l’asse portante del PIL americano. Qui l’output accelera, sostenuto da domanda interna e da una resilienza dei consumi nelle fasce di reddito più alte. La manifattura resta in espansione, ma è una tenuta laterale, non un rimbalzo. Il mercato estero non aiuta: gli ordini di esportazione scivolano a 47,8, minimo da sei mesi, quindi in contrazione.

Questo squilibrio non è solo congiunturale. Le filiere industriali, dopo anni di tariffe e rilocalizzazioni, operano con margini più stretti e tempi di consegna più incerti. Non sorprende che la domanda domestica regga, mentre l’export si inceppa: tariffe e debolezza della domanda globale pesano più dell’impulso interno.

Scorte e prezzi: il lato nascosto dell’inflazione

Due indizi formano una prova: scorte in aumento e prezzi di vendita in calo (l’indice dei prezzi praticati scivola a 55,2 da 56,5), mentre i costi d’acquisto salgono (60,8 da 60,6). Tradotto: le imprese stanno assorbendo i dazi a monte, anziché ribaltarli sui clienti. A breve può sembrare una buona notizia per l’inflazione al consumo; nel medio periodo si trasforma in una compressione dei margini che spinge a tagliare investimenti e assunzioni.

Il paradosso è questo: la politica commerciale ha voluto proteggere l’industria nazionale; nel frattempo molte aziende hanno riempito i magazzini nella fase di incertezza tariffaria e ora vendono con più cautela. L’effetto netto è un cap ai prezzi finali e un costo maggiore nelle filiere.

Occupazione: luci nei servizi, ombre in fabbrica

L’indice sull’occupazione privata sale a 51,4 (da 50,6). È un miglioramento, ma timido. A creare posti sono i servizi; nella manifattura la crescita degli organici rallenta. Pesano due fattori: la scarsità di profili adeguati per sostituire chi lascia e, soprattutto, la cautela sulle prospettive di domanda.

La morale è netta: senza un recupero degli ordini esteri e una maggiore visibilità regolatoria, le aziende preferiranno difendere i margini con produttività e straordinari, non con nuove assunzioni.

Fiducia in caduta: quando la politica commerciale cambia le aspettative

Il commento di S&P Global è inequivoco: la fiducia a un anno è “tra i livelli più bassi degli ultimi tre anni” per via delle politiche, soprattutto i dazi. La fiducia non è un contorno: è il motore degli investimenti, del capex e delle assunzioni. Quando le imprese temono nuovi round tariffari o cambi di rotta improvvisi, rimandano decisioni strategiche, lavorano sulle scorte e tagliano la vela in attesa di venti più chiari.

Shutdown e blackout dati: navigare a vista

Un ulteriore strato di incertezza deriva dal blackout dei dati ufficiali legato allo shutdown governativo. Con molte statistiche sospese, gli operatori si affidano a indicatori privati e alta frequenza. È come pilotare nella foschia: si procede, ma più lentamente e con più margine di sicurezza. Anche questo frena decisioni di spesa e assunzioni.

Che cosa farà la Fed

Con un mercato del lavoro che non accelera e un’inflazione “tirata” da costi a monte, ma attenuata a valle, la Federal Reserve si ritrova a gestire un equilibrio sottile. Da un lato non vuole convalidare pressioni di prezzo da filiera; dall’altro deve sostenere la domanda e impedire che il raffreddamento dell’export contagi i servizi. Un ulteriore taglio dei tassi rimane sul tavolo come opzione di assicurazione macro più che di emergenza, finché la dinamica dei prezzi al consumo resta contenuta.

Scenari per il quarto trimestre: crescita sì, ma fragile

Mettendo insieme i pezzi, l’avvio del quarto trimestre è solido sul piano dell’attività corrente—grazie ai servizi, ma fragile nella qualità della crescita. Se l’export non riparte e le scorte non si riassorbono, la fase successiva rischia di essere una normalizzazione (meno produzione, più sconti, selettività sugli organici). Al contrario, un miglioramento del quadro commerciale o una sorpresa positiva sui consumi di massa potrebbero allungare il ciclo dei servizi.

Il punto critico: il ciclo dei servizi non è infinito

Molti cicli rallentano quando la manifattura frena e i servizi tengono. Ma se il gap persiste, anche i servizi finiscono per raffreddarsi: meno export significa meno redditi in alcune aree, meno investimenti significa meno domanda per consulenza, IT, logistica avanzata. L’attuale configurazione, con margini compressi e fiducia bassa, non può durare indefinitamente senza un aggiustamento: o migliora il commercio estero, o il domestico scala una marcia.

Oltre l’indice, serve una rotta

Il PMI a 54,8 dice che gli Stati Uniti stanno correndo. I sottoindici dicono come: con il vento dei servizi, contro le correnti avverse dei dazi e della domanda globale. In mezzo, imprese che assorbono costi, accumulano scorte e frenano le assunzioni. Non è un paradosso: è la fisiologia di un’economia che ha scelto di proteggersi mentre pretende di restare la piattaforma del mondo.

La rotta per trasformare questa crescita da resiliente a sostenibile passa per tre snodi: stabilità regolatoria, de-escalation commerciale, investimenti in produttività. Senza questi ingredienti, la narrativa resterà quella di oggi: un headline forte, una sottotrama fragile. Con essi, il quarto trimestre potrebbe diventare il ponte verso un ciclo in cui servizi e manifattura tornano a remare insieme e in cui l’America non solo corre, ma arriva lontano.

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