Il boom delle importazioni in previsione dei dazi voluti da Trump innesca un’inversione dell’economia statunitense. Aumentano inflazione, sfiducia dei consumatori e volatilità finanziaria. Gli impatti si estendono a manifattura, commercio e bilancia geopolitica globale.
Secondo i dati aggiornati del Dipartimento del Commercio, l’economia degli Stati Uniti si è contratta dello 0,5% su base annua nel primo trimestre del 2025, segnando una frenata più marcata rispetto alla precedente stima di –0,2%. A trainare al ribasso il PIL è stato un aumento eccezionale delle importazioni del +37,9%, fenomeno riconducibile alla corsa delle imprese americane ad anticipare l’introduzione dei dazi commerciali annunciati dal presidente Donald Trump.
La contrazione evidenzia una dinamica economica asimmetrica: a fronte di una domanda interna in rallentamento, le aziende hanno intensificato gli acquisti di beni esteri, spiazzando la produzione nazionale e aggravando il disavanzo commerciale. Il risultato: una riduzione netta di 4,7 punti percentuali del PIL attribuibile al solo squilibrio import-export.
Il contesto: dazi, incertezza e comportamenti anticipatori
L’ondata di importazioni anticipatrici—il livello trimestrale più elevato dal 2020—ha raggiunto un massimo storico di 419 miliardi di dollari solo nel mese di marzo. Le categorie merceologiche più colpite includono:
- Prodotti farmaceutici: +20,9 miliardi di dollari
- Beni di consumo durevoli: +22,5 miliardi
- Componentistica informatica: +3,7 miliardi
- Automotive: +2,6 miliardi
Questa dinamica è stata innescata dalla previsione di un pacchetto tariffario globale, con aliquote elevate su importazioni cinesi, europee e asiatiche. Secondo il Penn Wharton Budget Model, i dazi potrebbero ridurre il PIL a lungo termine del 6% e i salari reali del 5%, costando alle famiglie americane circa 22.000 dollari in reddito a vita.
Rallentamento strutturale: spesa dei consumatori e investimenti in calo
La contrazione del PIL non è riconducibile solo al commercio estero. Gli indicatori fondamentali di domanda interna mostrano segnali di raffreddamento:
- Spesa dei consumatori: +1,2% (in calo dal +4% del Q4 2024)
- Spesa per beni durevoli: –3,8%
- Investimenti privati core: +1,9% (contro +2,9% precedente)
- Spesa federale: –4,6% (il calo più brusco dal 1986)
Il sentiment dei consumatori, misurato dall’indice dell’Università del Michigan, è sceso del 18,2% in sei mesi, mentre le aspettative d’inflazione sono salite dal 3,3% al 5,1%. La fiducia degli operatori ha subito ulteriori pressioni dalla flessione del mercato azionario e dalla caduta del dollaro nei confronti delle principali valute, indicativa di un rischio-paese in aumento.
Impatti redistributivi e segmentazione socio-demografica
L’effetto macroeconomico si riflette in modo diseguale tra fasce di popolazione. Il comportamento di spesa ha mostrato variazioni nette:
- Solo il 20% dei baby boomer si è dichiarato propenso a spese discrezionali
- Il 63% dei millennial ad alto reddito ha investito in viaggi e beni di lusso
- Il 75% degli americani ha dichiarato di avere attivamente ridotto i consumi nel trimestre
La pressione inflazionistica e fiscale si è tradotta in un aumento medio di 1.200 dollari nel carico fiscale per nucleo familiare nel 2025, con una proiezione di 1.445 dollari per il 2026. Le politiche tariffarie stanno dunque emergendo come un potente meccanismo redistributivo regressivo, con impatti negativi più marcati sulle classi a reddito medio-basso.
Outlook macro-finanziario e rischi sistemici
L’indebolimento strutturale dei fondamentali economici USA pone rischi non trascurabili su più livelli:
- Politica monetaria: la Fed si trova stretta tra il contenimento dell’inflazione da dazi e il rallentamento della crescita
- Bilancia dei pagamenti: l’aumento delle importazioni ha allargato il disavanzo corrente
- Mercati finanziari: aumento della volatilità, minore appetito per i Treasury, rischio di deflusso di capitali
Il potenziale riallineamento dei flussi di investimento verso aree valutarie stabili (eurozona, Asia, Sudamerica) potrebbe ridurre la centralità del dollaro come asset di riserva, con implicazioni geopolitiche di lungo periodo.
Polarizzazione economica e vulnerabilità sistemica
La contrazione del PIL nel primo trimestre 2025 rappresenta un campanello d’allarme macroeconomico e politico. Il combinato disposto tra shock esogeni regolatori, comportamenti di anticipazione tattica delle imprese e compressione della domanda interna sta esponendo l’economia statunitense a una vulnerabilità sistemica crescente, in un contesto già segnato da tensioni commerciali e instabilità politica.
Mentre il dibattito elettorale si concentra sulla “reindustrializzazione nazionale”, i numeri raccontano una storia diversa: l’America importa più, consuma meno e cresce con meno forza.