Uno sguardo dietro le quinte del MWC

| 10/03/2025
Uno sguardo dietro le quinte del MWC

Ogni anno, le aziende presenti al Mobile World Congress di Barcellona spendono centinaia di milioni (o più) per mettere in mostra aziende straordinarie e innovazioni. Che spettacolo!

Purtroppo, almeno dal 2011, le aziende più innovative non sono più le grandi compagnie di telecomunicazioni. L’evento è diventato una vetrina scintillante per le aziende tech e i loro partner, mentre i grandi operatori di telecomunicazioni si limitano a chiedere aiuti, quasi invisibili alla loro stessa festa, se non per keynote ripetitivi in cui invocano interventi normativi. Il linguaggio cambia, ma le richieste restano sempre le stesse.

Molti degli altri operatori (più piccoli, innovativi e competitivi) sembrano imbarazzati dalla mentalità antiquata che arriva esclusivamente dai grandi colossi delle telecomunicazioni. È palpabile la preoccupazione che nel settore non emergano nuove idee: questi operatori fanno affidamento su regolamenti onerosi per salvarsi.

Nei giorni precedenti l’evento, Vodafone, Telefónica, Connect Europe e GSMA hanno pubblicato report accattivanti, ma tutti dicono esattamente la stessa cosa. Ancora una volta. Sembra quasi che un’IA abbia semplicemente ripacchettato vecchie idee. Sperano ancora in un Digital Networks Act pensato per colmare le loro debolezze.

Sostengono che la consolidazione nazionale delle telecomunicazioni possa rafforzare gli investimenti e la competitività. Ma davvero un monopolio nazionale aiuterebbe? Non era proprio questo che l’Europa cercava di superare?

C’è un motivo per cui questi colossi non invitano voci critiche a dibattere con loro. La loro narrativa si basa su argomentazioni deboli e su una visione distorta della realtà, costruita per favorire i grandi operatori a discapito dei più piccoli, dell’innovazione, della concorrenza e dei consumatori.

L’ultimo report di GSMA è un esempio lampante: sostiene che il mercato europeo delle telecomunicazioni sia troppo frammentato, con troppi operatori nazionali che creano una competizione “eccessiva”, riducendo i margini di profitto e limitando gli investimenti in nuove infrastrutture. In sostanza, vogliono che l’UE garantisca loro mercati nazionali senza concorrenza.

Il tutto mentre l’UE sta promuovendo il DMA (Digital Markets Act) e sostiene di non volere aziende troppo grandi o potenti.

Ma questa visione è eccessivamente semplicistica e fuorviante. Il problema non è la frammentazione. Il problema non è l’alta domanda di contenuti. I contenuti favoriscono l’adozione della connettività.

Il vero problema nasce da barriere artificiali in tutta Europa, spesso create da normative che impediscono la creazione di un mercato unico digitale. Gli operatori storici nazionali non hanno mai avuto incentivi a innovare né hanno mai osato competere tra loro entrando pienamente nei mercati altrui.

L’UE, invece di eliminare la concorrenza, dovrebbe rimuovere le barriere al mercato interno, ma in modo equo e imparziale, permettendo a tutti di competere, non solo a pochi privilegiati.

Si usa spesso il modello statunitense per giustificare un minor numero di operatori telco, ma se guardiamo ai dati, vediamo che l’Europa è più avanti in termini di concorrenza e prezzi migliori. Perché copiare un modello peggiore? Non genererà gli investimenti sperati per 5G o 6G. Meno concorrenza non aiuterà: farà solo aumentare i prezzi.

Tassare altri attori, i cui contenuti e investimenti alimentano le reti, non è la soluzione. Se si portasse all’estremo l’idea di un meccanismo di arbitrato (in cui le aziende i cui contenuti vengono fruiti dagli utenti dovrebbero pagare per il traffico generato), si rischierebbe di trasformare gli operatori telco in servizi pubblici, oppure si potrebbe spingere i grandi provider di contenuti a bypassare completamente le telco. Questa proposta ignora, inoltre, gli investimenti che tutto l’ecosistema digitale ha già fatto e che hanno portato enormi benefici proprio alle telecomunicazioni.

E i consumatori? Sarebbero i primi a perdere se i colossi nazionali si consolidassero per eliminare i concorrenti più piccoli.

Che dire, poi, di un vero mercato unico europeo, dove i grandi operatori dovrebbero finalmente competere liberamente?

Perché non sostenere nuovi modelli di business e investimenti in cloud computing, edge cloud, intelligenza artificiale e servizi digitali avanzati, anziché continuare a sovvenzionare reti obsolete? Invece di promuovere un mercato più aperto e dinamico, il report di GSMA continua a proporre soluzioni obsolete, che rischiano di far rimanere l’Europa indietro rispetto agli Stati Uniti e alla Cina, dove sono la concorrenza e l’innovazione a trainare il progresso. Dove il nuovo viene premiato, invece di proteggere il vecchio.

In definitiva, il rapporto GSMA non propone una strategia lungimirante per le telecomunicazioni europee. Non promuove un vero mercato unico europeo, che permetterebbe agli operatori di crescere senza barriere normative aggiuntive. Senza nuove regole e nuovi costi.

L’Europa ha bisogno di un settore delle telecomunicazioni forte, competitivo e innovativo a livello globale. Questo non si può ottenere creando monopoli nazionali, ma costruendo un mercato più aperto e integrato, pronto per le sfide del futuro. Non si può costruire il futuro tassando il passato.

Si spende troppa energia per difendere vecchie idee, mentre si ignorano le nuove.

È ora di abbandonare la logica della consolidazione, l’idea obsoleta di tassare la domanda – che è essenziale per la crescita della connettività – e iniziare a pensare più in grande. Un Digital Networks Act europeo dovrebbe esistere solo se può far crescere il settore, non se rischia di bloccarlo.

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"Se ne hai la possibilità, perditi in un tramonto, in una canzone che ti ricorda l'estate, nella sensazione di mare che ti bagna la pelle. Se ne hai la possibilità, perditi in un sorriso, nella felicità improvvisa, nella voglia di ballare. Se ne hai la possibilità, perditi nelle cose inaspettatamente belle della vita"

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