Il colosso della mobilità torna a scommettere sulla logistica aerea grazie a una partnership con la startup israeliana Flytrex. I test inizieranno entro fine anno negli Stati Uniti: un passo che riapre la corsa globale ai cieli urbani, tra promesse tecnologiche e sfide regolatorie.
A dieci anni dal primo esperimento e dopo aver archiviato i propri progetti interni, Uber torna a guardare al cielo. Stavolta non da sola: la società di San Francisco ha scelto la startup israeliana Flytrex per rilanciare il sogno delle consegne aeree con Uber Eats. Entro la fine del 2025, alcuni clienti americani potranno ricevere hamburger, pizze e sushi non più in bicicletta o scooter, ma direttamente da un drone. Una novità che promette di rivoluzionare il food delivery, ma che porta con sé interrogativi cruciali su sicurezza, norme e accettazione sociale.
Il ritorno di Uber nei cieli
Uber non è nuova al tema dei droni. Già nel 2016 aveva sperimentato progetti interni, poi messi da parte per concentrarsi sul core business. Il ritorno del 2025 non è dunque un salto nel buio, ma il segnale di una strategia più matura: non sviluppare in solitaria, bensì allearsi con un player specializzato.
Con Flytrex, Uber non solo mette a disposizione la sua enorme rete logistica e la base clienti di Uber Eats, ma effettua anche un investimento diretto nella startup israeliana. Non ha comunicato l’entità della somma, definita “non materiale”, ma il messaggio è chiaro: la scommessa sui droni è tornata prioritaria.
Droni e logistica: il nuovo orizzonte urbano
La crescita del food delivery ha trasformato le città in laboratori a cielo aperto. Strade congestionate, costi crescenti e aspettative dei clienti sempre più elevate hanno reso la logistica urbana uno dei nodi centrali dell’economia digitale.
I droni promettono un salto di paradigma: consegne più veloci, maggiore capillarità, minori costi operativi. Possono raggiungere quartieri periferici o difficili da servire in pochi minuti, bypassando traffico e vincoli infrastrutturali. Ma dietro l’entusiasmo, resta aperta la domanda fondamentale: questi benefici sono davvero scalabili, o resteranno confinati a progetti dimostrativi?
Flytrex: pragmatismo israeliano
La scelta di Flytrex non è casuale. La startup ha già maturato esperienza concreta in Stati come North Carolina e Texas, dove i suoi droni hanno effettuato migliaia di consegne di cibo e beni di consumo.
Il modello proposto è semplice e pragmatico: droni autonomi che trasportano ordini fino a 3,5 chili e li rilasciano direttamente nei giardini o nei cortili dei clienti, senza scenari futuristici di consegne sui balconi o attraverso finestre intelligenti. È un approccio meno spettacolare, ma più realistico e più vicino alla possibilità di una vera scala commerciale.
Le sfide di un settore ancora in volo di prova
La tecnologia dei droni non è più un prototipo, ma il percorso verso l’adozione di massa è tutt’altro che lineare. Tre sono gli ostacoli principali:
- Regolamentazione: ogni Paese, dagli Stati Uniti all’Europa, adotta criteri differenti per autorizzare voli commerciali. Le autorità aeronautiche procedono con cautela, limitando le operazioni a corridoi di test o a contesti specifici
- Sicurezza: la prospettiva di velivoli che sorvolano aree densamente popolate solleva timori per incidenti, malfunzionamenti o cadute
- Accettazione sociale: droni che ronzano sopra le abitazioni potrebbero diventare fonte di resistenze legate a privacy, rumore e percezione di sorveglianza.
Per Uber e Flytrex, dunque, non basterà dimostrare la fattibilità tecnica: servirà conquistare fiducia pubblica e credibilità regolatoria.
Una corsa globale tra giganti
Uber non corre da sola. Amazon Prime Air ha promesso consegne via drone da anni, investendo miliardi in ricerca e prototipi. Alphabet Wing ha già effettuato migliaia di voli in Australia e negli Stati Uniti, testando scenari di utilizzo concreti. Anche attori industriali come Airbus e startup emergenti puntano alla urban air mobility, che non riguarda solo il food delivery ma anche farmaci, beni urgenti e, un giorno, trasporto passeggeri.
La differenza è l’approccio. Amazon e Alphabet hanno scelto percorsi molto ambiziosi e visionari, rischiando di rimanere impantanati in ritardi e limiti normativi. Uber, al contrario, sceglie pragmatismo e partnership: piccoli passi, test mirati, collaborazione con attori già radicati sul mercato.
Geopolitica dei cieli digitali
Dietro la partnership con Flytrex c’è anche una dimensione geopolitica. I droni sono strumenti che incrociano logistica commerciale, controllo dei cieli e raccolta di dati. Le autorità militari e di sicurezza nazionale osservano con estrema attenzione questi programmi, consapevoli che l’uso massivo dei droni potrebbe trasformare il paesaggio urbano e aprire vulnerabilità inattese.
Affidarsi a un partner israeliano è una scelta strategica per Uber: Israele è un hub globale nel settore droni, con stretti legami con gli Stati Uniti. Una decisione che riduce il rischio politico e posiziona Uber all’interno di un ecosistema già riconosciuto dai regolatori occidentali.
Un futuro sospeso tra cielo e terra
La nuova avventura con Flytrex segna per Uber un ritorno simbolico e strategico al tema dei droni. Non è la prima volta che il delivery dal cielo viene annunciato come il futuro, ma la differenza rispetto al passato è la sobrietà con cui viene raccontato oggi: meno hype, più pragmatismo.
Il successo dipenderà dalla capacità di superare tre sfide cruciali: regolamentazione, sicurezza e accettazione sociale. Se riuscirà, i cieli urbani potranno davvero diventare le nuove autostrade del commercio. Se fallirà, i droni resteranno confinati a progetti pilota, ottimi per le presentazioni agli investitori ma marginali per la vita quotidiana dei consumatori.
Per Uber, che da anni cerca nuove rotte di crescita oltre la mobilità urbana tradizionale, i droni sono molto più di un esperimento. Sono il simbolo di una società sospesa tra il desiderio di volare alto e la necessità di restare con i piedi per terra.