Trump annuncia nuovi dazi sui semiconduttori: al via piano tariffario per rilocalizzare la produzione negli Stati Uniti

RedazioneRedazione
| 05/08/2025
Trump annuncia nuovi dazi sui semiconduttori: al via piano tariffario per rilocalizzare la produzione negli Stati Uniti

Il presidente Trump dichiara imminente l’introduzione di tariffe sui semiconduttori per favorire la produzione negli Stati Uniti, rilanciando la strategia di reshoring tecnologico e di sicurezza industriale.

Durante un’intervista a CNBC “Squawk Box”, Donald Trump ha annunciato che nel giro di una settimana saranno introdotte nuove tariffe sui semiconduttori e chip, affermando che “vogliamo che vengano prodotti negli Stati Uniti”.
Non sono stati forniti dettagli specifici su aliquote o modalità di implementazione, ma il contesto rimanda ai poteri concessi dal Trade Expansion Act (Section 232) per motivi di sicurezza nazionale.

Contesto della domanda globale e importanza strategica

La domanda globale di chip si è intensificata, spinta da settori come l’intelligenza artificiale, l’automotive avanzato e l’Internet of Things. Trump punta a trasformare la produzione di semiconduttori in un asset strategico per la competitività e l’autonomia tecnologica degli Stati Uniti.

Contestualmente, Trump ha anticipato l’introduzione di tariffe sulle importazioni di farmaci: inizialmente basse, ma destinate a raggiungere il 150‑200% entro 12‑18 mesi, con un possibile aumento fino al 250% nel lungo termine.
Il programma riguarderà i prodotti considerati essenziali per la sicurezza nazionale, anche attraverso indagini avviate dal Dipartimento del Commercio sotto l’egida della Section 232.

Impatto geopolitico: Taiwan, Cina, UE e reshoring industriale

I chip asiatici, in particolare quelli prodotti da TSMC (Taiwan Semiconductor Manufacturing Company), dominano il mercato globale, fornendo componenti essenziali a colossi come Apple, Nvidia, AMD, Qualcomm, Broadcom e a numerosi fornitori del settore automotive e aerospaziale. La quota di mercato di TSMC nei semiconduttori avanzati a 5 e 3 nanometri supera il 90%, rendendo l’isola un nodo critico delle supply chain mondiali e un asset strategico nel contesto delle tensioni sino‑statunitensi.

Imporre dazi su questa filiera significa ridisegnare le catene del valore tecnologiche globali, spingendo le aziende a diversificare la produzione verso impianti localizzati negli Stati Uniti, in Giappone e in Europa. Allo stesso tempo, si tratta di una misura che potrebbe innescare contro‑tariffe o ritorsioni commerciali da parte di Pechino, che considera Taiwan parte del proprio territorio e ha investito massicciamente per sviluppare capacità alternative tramite SMIC e altre fonderie locali.

Politica industriale: reshoring e sicurezza nazionale

La spinta verso la produzione domestica di chip si colloca nel più ampio piano industriale statunitense di rilocalizzazione strategica, volto a ridurre le dipendenze da fornitori esteri considerati critici. L’obiettivo è costruire una filiera interna completa – dal design dei semiconduttori alla produzione nelle fonderie, fino all’assemblaggio, test e packaging – capace di sostenere sia le esigenze del settore civile sia quelle della difesa.

Questa strategia si intreccia con il CHIPS and Science Act da 52 miliardi di dollari, varato per incentivare la produzione sul suolo americano, e con investimenti privati già in corso da parte di attori come TSMC, Intel, Samsung e Micron, che stanno aprendo nuovi impianti in Arizona, Ohio, Texas e New York.

Le tariffe sui semiconduttori e sui farmaci non sono dunque misure isolate, ma parte di un quadro negoziale multilivello che mira a rafforzare la sovranità tecnologica e sanitaria degli Stati Uniti. Questo approccio è strettamente legato a trattative commerciali in corso con Unione Europea, India, Cina, Giappone e Corea del Sud, dove i dazi fungono sia da leva negoziale sia da strumento di pressione geopolitica.

In caso di mancati accordi, restano sul tavolo tariffe aggiuntive fino al 35% su categorie sensibili di importazioni, con impatti potenzialmente significativi su supply chain globali, accordi commerciali e alleanze strategiche. L’eventuale inasprimento tariffario potrebbe accelerare i piani di diversificazione delle catene di fornitura e spingere le imprese multinazionali a rivedere la propria allocazione produttiva tra Asia, Americhe ed Europa.

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