TikTok Made in America: Trump firma l’accordo da 14 miliardi

| 26/09/2025
TikTok Made in America: Trump firma l’accordo da 14 miliardi

L’intesa siglata con un ordine esecutivo prevede la nascita di una nuova TikTok USA controllata da investitori americani e internazionali, con ByteDance relegata a una quota di minoranza. Un’operazione che intreccia sicurezza nazionale, geopolitica e affari miliardari.

TikTok resta in America, ma non sarà più la stessa app. Con la firma di un ordine esecutivo, Donald Trump ha siglato un accordo da 14 miliardi di dollari che consegna il futuro della piattaforma a una nuova governance americana, limitando l’influenza della cinese ByteDance. È molto più di una semplice transazione: è la fotografia di un mondo dove la tecnologia non è più intrattenimento, ma terreno di scontro strategico tra superpotenze, con i dati come nuova moneta del potere.

Un’operazione che cambia gli equilibri

La nuova TikTok USA nascerà come joint venture con capitale e governance prevalentemente americani. ByteDance, un tempo onnipotente padrone dell’app, vedrà ridursi il suo controllo a meno del 20%. Oracle, Silver Lake e il fondo sovrano MGX di Abu Dhabi saranno i principali azionisti, con una quota complessiva del 45%, mentre un ulteriore 35% sarà distribuito tra vecchi e nuovi investitori.

Non si tratta solo di percentuali. È la traduzione concreta della volontà americana di assicurarsi che un prodotto digitale così penetrante nella cultura occidentale non resti sotto l’influenza diretta di Pechino. Oracle, scelta come garante della sicurezza, avrà un ruolo decisivo: la gestione dei dati degli utenti americani sarà sorvegliata da un colosso percepito come affidabile dal governo di Washington.

Il silenzio di Pechino e la prudenza di ByteDance

La Cina, ufficialmente, non ha ancora dato il proprio via libera. Trump ha dichiarato che Xi Jinping ha concesso il consenso all’operazione, ma le resistenze di Pechino sono state reali e tangibili. ByteDance non ha commentato pubblicamente la transazione, né ha mandato rappresentanti alla cerimonia della firma: un segnale eloquente della delicatezza politica della vicenda.

Il governo cinese, negli ultimi anni, ha imposto limiti severi all’esportazione di algoritmi e tecnologie strategiche. L’ipotesi che Pechino possa rallentare o condizionare il deal non è affatto remota. In gioco non c’è soltanto la proprietà di un social network, ma la leadership globale nell’intelligenza artificiale e nel controllo dei dati, una materia che la Cina non intende cedere facilmente.

Valutazioni in caduta libera

JD Vance, vicepresidente, ha stimato il valore dell’operazione a 14 miliardi di dollari, ben al di sotto delle valutazioni circolate nei mesi precedenti, che oscillavano tra i 30 e i 35 miliardi per TikTok USA. ByteDance stessa era stata valutata a 330 miliardi appena un mese fa.

Il forte sconto evidenzia quanto la pressione politica abbia compresso il margine di ByteDance. Ciò che in altre circostanze sarebbe stato un asset di altissimo valore, è stato acquisito in un contesto di urgenza e minaccia di ban. Una dinamica che ha trasformato il deal in un’occasione d’oro per gli investitori americani e in un’umiliazione potenziale per la Cina.

Una scadenza sospesa sul futuro

L’ordine esecutivo firmato da Trump congela fino al 16 dicembre le misure punitive che avrebbero vietato a Apple, Google e agli operatori di rete di distribuire TikTok. Senza l’accordo, la piattaforma avrebbe rischiato il blackout negli Stati Uniti.

Questa sospensione rappresenta una finestra fragile: tutto dipende dalla ratifica cinese. Se Pechino dovesse opporsi, il futuro della nuova TikTok USA tornerebbe incerto. La scadenza di dicembre non è solo un termine tecnico, ma il punto in cui si misurerà la capacità delle due potenze di trasformare un conflitto latente in una tregua funzionale.

Un precedente globale

L’accordo segna un precedente epocale: per la prima volta un governo costringe una tech company straniera a rifondarsi in un’entità nazionale per poter continuare a operare. Questo modello potrebbe diventare la norma in un mondo sempre più frammentato, dove la sovranità digitale diventa un pilastro delle politiche industriali e di sicurezza.

Il concetto di un web universale, libero e globale, sembra ormai un’illusione del passato. Ogni grande piattaforma rischia di essere nazionalizzata, spezzata o riconfigurata in base agli interessi geopolitici dei Paesi in cui opera.

La tecnologia come nuova geopolitica

La vicenda di TikTok è la dimostrazione plastica che il futuro si gioca e si giochera’ sempre più negli algoritmi, nei flussi di dati e nelle piattaforme digitali che plasmano l’opinione pubblica globale.

Trump ha incorniciato l’accordo come una vittoria americana, la prova che la tecnologia cinese può essere “americanizzata” per ragioni di sicurezza. Ma dietro la retorica resta un dato incontestabile: siamo entrati in un’era in cui la politica non può più essere separata dal digitale.

La domanda aperta è se questo modello porterà a un internet frammentato in blocchi contrapposti o a una nuova forma di governance globale. In entrambi i casi, la storia di TikTok sarà ricordata come la prima vera battaglia della nuova guerra fredda digitale.

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