Terre Rare: la mossa della Cina che rischia di riprogrammare gli equilibri geoeconomici globali

RedazioneRedazione
| 07/04/2025
Terre Rare: la mossa della Cina che rischia di riprogrammare gli equilibri geoeconomici globali

In un contesto già segnato da tensioni commerciali e rivalità tecnologica, la Cina ha annunciato nuove e mirate restrizioni all’export di alcune terre rare strategiche, colpendo al cuore numerose industrie statunitensi. Si tratta di una risposta diretta alle tariffe recentemente imposte da Washington, ma anche di una chiara dimostrazione del potere geoeconomico di Pechino, oggi leader globale nella raffinazione e nella fornitura di elementi indispensabili per difesa, energia rinnovabile, elettronica e aerospazio.

Un’arma silenziosa: l’effetto domino delle terre rare

Le terre rare, pur essendo meno note al grande pubblico, sono alla base di tecnologie fondamentali. Si trovano nei magneti ad alte prestazioni usati nei motori elettrici, nei laser di precisione per l’avionica militare, nei radar di ultima generazione, nei microfoni, negli impianti medicali e nei chip avanzati. Secondo i dati del Dipartimento del Commercio statunitense, oltre il 70% delle importazioni di terre rare negli USA proviene dalla Cina.

Con le nuove restrizioni, Pechino alza l’asticella dello scontro commerciale, ponendo a rischio catene di approvvigionamento critiche per l’industria americana e globale. Gli analisti evidenziano che settori come la difesa, l’automotive elettrico e l’hi-tech sono tra i più esposti.

L’industria statunitense a rischio: tra dipendenza e rincorsa strategica

Negli Stati Uniti, l’impatto delle misure cinesi è già tangibile. Le aziende del comparto aerospaziale e della difesa, altamente dipendenti da materiali come il disprosio e il neodimio, temono gravi rallentamenti. Secondo fonti industriali raccolte da Bloomberg, alcuni appaltatori del Pentagono avrebbero già segnalato criticità nella supply chain. E mentre il governo federale detiene scorte strategiche di alcune terre rare, queste potrebbero risultare insufficienti per garantire continuità operativa a medio-lungo termine.

Il Congresso sta accelerando l’approvazione di pacchetti normativi per incentivare la produzione domestica di terre rare e la costruzione di nuove raffinerie, ma i tempi per costruire un ecosistema minerario e industriale indipendente sono lunghi e complessi. Si stima che il pieno sviluppo di una filiera interna richiederà almeno cinque anni, se non di più.

Geopolitica dei materiali: la Cina gioca d’anticipo

La strategia cinese si inserisce in un quadro più ampio di ricalibrazione geopolitica. La Cina controlla oltre il 60% della produzione mondiale di terre rare e quasi il 90% della capacità di raffinazione. Un dominio costruito nel tempo, grazie a investimenti statali, acquisizioni internazionali e politiche di consolidamento verticale che oggi le conferiscono un potere economico di fatto monopolistico.

Il messaggio politico è chiaro: Pechino può usare le terre rare non solo come leva economica, ma come strumento di pressione diplomatica. Una mossa analoga fu già adottata nel 2010 nei confronti del Giappone, e ora torna prepotentemente al centro del confronto con Washington.

Mercati in allerta: reazioni e prospettive

Le borse hanno reagito con prudenza: titoli legati a fornitori alternativi — in particolare in Australia, Canada e Vietnam — hanno registrato rialzi, mentre i gruppi manifatturieri USA e i colossi dell’elettronica mostrano segni di incertezza.

Il Nasdaq ha visto cali selettivi in settori sensibili, mentre le valutazioni delle società attive nella filiera delle terre rare sono aumentate in previsione di un’esplosione della domanda non cinese. Secondo un’analisi di Morgan Stanley, il prezzo di alcuni ossidi rari potrebbe crescere del 20-30% nei prossimi trimestri, con effetti diretti sull’inflazione industriale.

Il rischio di un “collo di bottiglia globale”

La Cina ha provato a rassicurare i partner internazionali sostenendo che le misure non comprometteranno la stabilità della catena di approvvigionamento globale. Tuttavia, secondo molti osservatori, l’iniziativa rischia di generare un “collo di bottiglia” globale in settori altamente strategici e fortemente interconnessi con le tecnologie emergenti, dall’intelligenza artificiale all’elettrificazione dei trasporti.

L’export control sulle terre rare è molto più di una questione commerciale: rappresenta l’ultima manifestazione di una rivalità sistemica tra Stati Uniti e Cina, in cui la supremazia industriale e l’autonomia tecnologica diventano i veri teatri dello scontro. Mentre Washington accelera verso una strategia di reshoring e diversificazione, Pechino dimostra di avere ancora le redini su molti degli elementi indispensabili per il futuro dell’innovazione.

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