Tra pressioni geopolitiche e transizione elettrica, Stellantis e i principali player globali dell’auto affrontano l’incognita delle terre rare: resilienza industriale, approvvigionamento strategico e innovazione tecnologica per una mobilità sostenibile e autonoma.
L’ecosistema delle terre rare sotto pressione
Le terre rare, gruppo strategico di 17 elementi chimici, rappresentano oggi uno snodo cruciale per le catene globali della mobilità elettrica e dell’elettronica avanzata. La Cina, detentrice di oltre il 90% della capacità globale di raffinazione, ha recentemente introdotto restrizioni all’export, imponendo licenze per le spedizioni internazionali. Questa mossa ha avuto un impatto immediato su numerosi settori industriali in Occidente, tra cui quello automobilistico, che dipende in modo crescente da questi materiali per la produzione di motori elettrici, componenti meccatronici e sistemi di trazione ad alte prestazioni.
Stellantis: continuità produttiva tra incertezze globali
Nel contesto di queste tensioni, Stellantis – conglomerato europeo-americano del settore auto – ha dichiarato che, almeno nel breve periodo, le proprie catene produttive non sono state compromesse dalle limitazioni imposte da Pechino. Jean-Philippe Imparato, responsabile per il mercato europeo, ha però sottolineato le complessità affrontate: “Abbiamo avuto momenti difficili nella gestione della situazione”, ha dichiarato durante un evento a Torino.
Stellantis avrebbe messo in campo azioni preventive, tra cui il dialogo diretto con i fornitori asiatici, la gestione flessibile degli stock e il ricorso a licenze temporanee di esportazione concesse dalla Cina su pressione diplomatica. Inoltre, l’azienda ha avviato investimenti in tecnologie alternative, sostenendo lo sviluppo di magneti privi di terre rare, anche attraverso collaborazioni con startup nordamericane.
Una crisi sistemica: rischi per la continuità industriale
L’allarme lanciato da Stellantis si inserisce in un quadro più ampio: i costruttori occidentali affrontano crescenti difficoltà nell’assicurarsi forniture stabili di terre rare. Alcune imprese hanno registrato interruzioni parziali nella produzione, come Ford e Mercedes, mentre fornitori di primo livello hanno segnalato criticità crescenti nella disponibilità di magneti permanenti. I costi sono in aumento, le scorte in esaurimento e le alternative non ancora mature a livello industriale.
A livello normativo, l’UE ha risposto con l’introduzione del Critical Raw Materials Act, che punta a ridurre la dipendenza da Paesi terzi entro il 2030, attraverso investimenti in estrazione, raffinazione e riciclo intraeuropeo. Tuttavia, la piena operatività di questi progetti richiederà anni, lasciando nel frattempo le industrie esposte a fluttuazioni di mercato e decisioni unilaterali da parte della Cina.
Strategie a confronto: Tesla, Volkswagen e BYD
Nel panorama internazionale, le reazioni alla crisi delle terre rare variano in base alla struttura industriale, alla localizzazione e alla capacità di innovazione delle singole case automobilistiche.
Tesla ha annunciato lo sviluppo di una nuova generazione di motori elettrici senza terre rare, con l’obiettivo di ridurre la vulnerabilità strategica della propria supply chain. La casa di Elon Musk intende così aggirare la dipendenza da fornitori esterni, pur dovendo affrontare sfide tecnologiche per mantenere prestazioni e affidabilità.
Volkswagen, nel frattempo, ha optato per una strategia ibrida: da un lato, ha intensificato i contatti con Pechino per assicurare forniture nell’immediato; dall’altro, sta implementando motori alternativi a eccitazione elettrica e sviluppando capacità di riciclo interno dei materiali critici, sfruttando la sinergia con fornitori europei.
BYD, colosso cinese dell’auto elettrica, gioca, invece, in posizione di forza. Grazie all’accesso privilegiato alla filiera domestica delle terre rare, continua a produrre con regolarità, beneficiando di politiche industriali nazionali orientate alla sovranità tecnologica. Questo vantaggio competitivo si traduce in una maggiore aggressività sui mercati internazionali, in particolare verso l’Europa.
Il futuro della mobilità è anche questione di materie prime
La situazione attuale rappresenta un punto di svolta per l’automotive globale. La dipendenza da forniture concentrate in un solo Paese ha dimostrato la fragilità dei modelli attuali, rendendo evidente la necessità di una transizione non solo energetica e tecnologica, ma anche geopolitica e industriale.
Stellantis, Volkswagen, Tesla e BYD stanno tracciando percorsi differenti per affrontare la stessa sfida. In gioco non c’è solo la stabilità produttiva a breve termine, ma la capacità dell’industria di riconfigurare i propri ecosistemi, puntando su diversificazione, sostenibilità e resilienza.
Nel futuro della mobilità, la competizione globale passerà anche – e forse soprattutto – dalla capacità di garantire l’accesso sicuro a quelle risorse invisibili che alimentano la trasformazione digitale ed ecologica del settore: le terre rare.