Nel cuore del nuovo disegno di legge fiscale statunitense, una clausola autorizzerebbe l’amministrazione Trump a colpire con misure ritorsive i Paesi che impongono tasse digitali alle big tech americane. Impatti attesi su investimenti, geopolitica fiscale e commercio globale.
In un contesto di crescente tensione commerciale e fiscale tra Stati Uniti ed Europa, il Congresso americano ha inserito nel nuovo disegno di legge fiscale un elemento che rischia di ridefinire le regole del gioco della tassazione internazionale: la Sezione 899. Se approvata, questa disposizione consentirebbe all’amministrazione Trump di introdurre misure fiscali ritorsive contro Stati esteri che adottano imposte digitali discriminatorie nei confronti delle grandi aziende tecnologiche statunitensi, come Google, Amazon, Meta e Apple.
Cosa prevede la Sezione 899
Il testo – parte di un disegno di legge di oltre 1.100 pagine – autorizzerebbe il Dipartimento del Tesoro a etichettare alcune imposte digitali estere come “pratiche fiscali discriminatorie”, collocando i Paesi responsabili in una lista nera di giurisdizioni ostili. Le imprese e i residenti di questi Paesi che operano negli Stati Uniti potrebbero essere sottoposti a tassazioni maggiorate, fino a un incremento del 20% delle aliquote rispetto ai livelli standard.
Secondo il Joint Committee on Taxation, la disposizione potrebbe generare 116 miliardi di dollari di entrate nei prossimi dieci anni.
La risposta al Global Minimum Tax e alla pressione fiscale europea
Questa strategia si configura come una controffensiva diretta alla Global Minimum Tax del 15% promossa dall’amministrazione Biden nell’ambito dell’OCSE, che ha dato agli Stati europei una base legale per tassare i giganti tech statunitensi qualora le agevolazioni fiscali (es. credito R&D) riducessero l’aliquota effettiva sotto la soglia minima.
Paesi come Francia, Germania e Regno Unito hanno già implementato o annunciato digital service taxes (DST) tra il 2% e il 10%, generando un clima di frizione con Washington. La Germania, ad esempio, ha recentemente dichiarato l’intenzione di introdurre una tassa del 10% sulle piattaforme digitali, accrescendo il rischio di una guerra fiscale transatlantica.
Profili giuridici e tensioni costituzionali interne
Va ricordato che, secondo la Costituzione americana, la potestà impositiva spetta al Congresso. Tuttavia, la Sezione 899 delega all’esecutivo – e in particolare al Dipartimento del Tesoro sotto l’amministrazione Trump – la facoltà di decidere quali Paesi colpire e come modulare le aliquote. Una scelta che solleva interrogativi giuridici in merito alla separazione dei poteri, ma che riflette l’intento politico di rafforzare la leva fiscale come strumento di diplomazia economica.
Rischi sistemici: fuga di capitali e minore attrattività per gli investimenti esteri
L’adozione di misure fiscali ritorsive, pur legittimata come risposta alla tassazione unilaterale dei colossi tech USA, comporta rischi significativi per l’economia statunitense, soprattutto in termini di investimenti diretti esteri (IDE).
Secondo analisti finanziari e giuristi fiscali, i capitali stranieri potrebbero riposizionarsi verso mercati meno ostili, penalizzando la competitività delle aziende americane sul piano globale. Duncan Hardell, advisor del Tax Law Center della NYU, ha osservato che “gli investitori stranieri potrebbero modificare i propri comportamenti per evitare le nuove imposizioni, anche semplicemente scegliendo altre destinazioni d’investimento”.
Parallelamente, il Chief Investment Officer di Monetary Macro, Joseph Wang, ha rilevato come la misura possa indirettamente contribuire a ridurre lo squilibrio commerciale statunitense, innescando una svalutazione del dollaro e un incremento dell’export, ma al costo di una minore presenza di capitali esteri.
Una leva per negoziare o una bomba fiscale?
Resta aperta la questione centrale: la Sezione 899 sarà applicata in concreto o fungerà solo da strumento negoziale? Il Dipartimento del Tesoro non ha ancora chiarito la sua posizione ufficiale, né ha indicato quali Paesi verrebbero eventualmente colpiti. Tuttavia, il semplice annuncio ha già generato forti reazioni nei mercati e nelle cancellerie europee, preoccupate per la possibilità che il nuovo approccio sovverta i principi multilaterali di fiscalità internazionale.
La previsione di esenzioni mirate, come nel caso degli interessi da portafoglio, lascia intendere una certa cautela, ma il messaggio politico è chiaro: l’era della “tax diplomacy” soft è finita.
Un ulteriore fattore di instabilita’
L’inserimento della Sezione 899 nel nuovo disegno di legge fiscale statunitense rappresenta un cambio di paradigma nella gestione dei rapporti fiscali internazionali. Con implicazioni su finanza, diritto tributario, tecnologia, commercio globale e diplomazia economica, la misura si candida a essere uno dei principali fattori di instabilità – ma anche di ridefinizione – del sistema fiscale multilaterale nei prossimi anni.
Se approvata e applicata, potrebbe segnare l’avvio di un nuovo contenzioso fiscale tra Stati Uniti e Unione Europea, con conseguenze dirette sul futuro delle politiche industriali e sull’equilibrio degli ecosistemi digitali globali.