Cancellazioni miliardarie per SLS, Orion e Gateway: la ristrutturazione geopolitica e industriale del programma spaziale USA a favore di SpaceX e dell’obiettivo Marte.
La proposta di bilancio dell’amministrazione Trump per il 2026 segna una svolta radicale nella strategia spaziale degli Stati Uniti. Con un taglio di 6 miliardi di dollari al budget della NASA – pari a circa il 24% dell’attuale dotazione – la Casa Bianca ha delineato un cambio di rotta netto: dismissione anticipata del programma Artemis dopo la terza missione e reindirizzamento delle risorse verso missioni focalizzate su Marte, in particolare quelle legate a SpaceX.
Il cuore del ridimensionamento riguarda due dei progetti tecnologicamente più avanzati ma costosi dell’agenzia: il razzo Space Launch System (SLS) e la capsula Orion, sviluppati rispettivamente da Boeing/Northrop Grumman e Lockheed Martin. Entrambi saranno terminati dopo il volo Artemis III del 2027, a fronte di investimenti complessivi superiori ai 23 miliardi di dollari.
Impatti industriali e geopolitici: la fine di un’era
La cancellazione delle missioni Artemis 4 e successive coinvolge una rete industriale transnazionale consolidata da oltre un decennio. Oltre a Lockheed Martin e Boeing, Northrop Grumman e Thales Alenia Space (Italia/Francia) sono direttamente colpite dalla cancellazione della stazione orbitale lunare Gateway, già in fase di produzione avanzata.
L’alleanza spaziale con il Giappone, recentemente consolidata attraverso l’inclusione di astronauti nipponici in future missioni lunari, subisce un duro colpo. Allo stesso modo, anche la partecipazione dell’ESA e del Canada appare a rischio, minando la credibilità multilaterale della NASA come architrave della cooperazione spaziale occidentale.
Priorità Marte: un’agenda spinta da interessi privati
Il taglio al budget della NASA non è un disimpegno tout court, ma una ristrutturazione strategica. L’amministrazione Trump propone un aumento di 1 miliardo di dollari per i programmi umani orientati a Marte, in linea con la visione sostenuta da Elon Musk e dal neo-designato amministratore della NASA, il miliardario Jared Isaacman.
Con questa decisione, SpaceX emerge come il fulcro del nuovo corso: il razzo Starship – già selezionato per il lander lunare Artemis III – è destinato a diventare il vettore dominante, surclassando SLS sia in termini di costo (4 miliardi a lancio per SLS) sia di scalabilità futura. Blue Origin, l’azienda spaziale di Jeff Bezos, resta in gioco con il suo lander lunare, ma appare defilata rispetto al protagonismo di Musk.
Tra efficienza economica e diritto dell’innovazione
La Casa Bianca giustifica i tagli richiamando i gravi sforamenti di bilancio e ritardi accumulati da SLS e Orion, definiti “eccessivamente costosi e fuori controllo”. Questo approccio rappresenta anche un mutamento nella filosofia della spesa pubblica per l’innovazione, che privilegia soluzioni scalabili, commerciali e basate su procurement competitivo, in luogo dei contratti cost-plus che hanno caratterizzato l’industria aerospaziale per decenni.
La decisione alimenta un acceso dibattito giuridico sull’equilibrio tra interesse pubblico, autonomia industriale e concentrazione di potere tecnologico nelle mani di pochi soggetti privati, con implicazioni rilevanti sul piano del diritto dell’innovazione, del governo dei dati spaziali e della tutela degli investimenti internazionali.
Rischi sistemici e governance futura
Secondo numerosi analisti e think tank – tra cui la Planetary Society – il piano rappresenta “un passo indietro storico” per la leadership scientifica e tecnologica americana nello spazio. Il taglio del 47% al budget scientifico della NASA metterebbe a rischio migliaia di progetti di ricerca, laboratori e collaborazioni globali, con impatti su università, enti spaziali e fornitori secondari.
Inoltre, l’improvvisa cessazione di contratti pluriennali già attivi espone il governo USA a potenziali ricorsi e dispute contrattuali, aprendo un fronte giuridico-industriale su scala globale. La cancellazione unilaterale di Gateway, ad esempio, potrebbe essere contestata da partner internazionali già impegnati con contributi finanziari e materiali.
Tra visione industriale e leadership strategica
La nuova proposta di bilancio spaziale dell’amministrazione Trump segna una rottura epocale: dalla logica multilaterale e istituzionale di Artemis si passa a una strategia bilanciata su efficienza, dominio commerciale e obiettivi marziani, con SpaceX come attore sistemico.
Il nuovo corso spaziale, se approvato, ridefinirà la politica industriale aerospaziale USA, rafforzerà la traiettoria marziana, ma indebolirà l’ecosistema scientifico e diplomatico costruito intorno alla Luna. In assenza di una governance globale dello spazio, il rischio è che l’egemonia tecnologica privata prevalga sulla cooperazione internazionale, aprendo la porta a nuove tensioni geopolitiche anche in orbita.