Superwood, lanciato dalla startup InventWood, è un legno potenziato che potrebbe sostituire l’acciaio nell’edilizia sostenibile. Le sue proprietà sono promettenti, ma solo il tempo e la scienza ne confermeranno il reale potenziale strutturale.
La rinascita del legno: tra visione e processo industriale
C’è chi sogna con i piedi per terra — e chi prova a rifondare proprio il terreno. InventWood, startup statunitense guidata dallo scienziato dei materiali Liangbing Hu, lancia una sfida ardita e affascinante: sostituire l’acciaio con il legno. Non un legno qualunque, ma un materiale profondamente modificato, che la stessa azienda ha chiamato Superwood. Si tratta di un legno trattato chimicamente per rimuovere lignina e altri componenti meno strutturalmente utili, poi compresso fino a ottenere un materiale compatto, resistente, quasi metallico. La procedura, descritta da Hu in studi precedenti, impiega una miscela di soda caustica e solfito di sodio — due ingredienti tanto comuni quanto capaci, se ben dosati, di trasformare la natura stessa della materia vegetale.
Superwood, secondo i suoi creatori, è più resistente alla trazione del 50% rispetto all’acciaio, con una classificazione al fuoco di Classe A e una emissione di carbonio inferiore del 90% rispetto alle leghe metalliche. Se questi numeri fossero confermati su scala industriale, il potenziale sarebbe rivoluzionario: “può sostituire fino all’80% dell’acciaio usato nel mondo”, afferma il team di InventWood. Dichiarazioni che alimentano entusiasmo e investimenti — 15 milioni di dollari in un round di finanziamento — ma che, inevitabilmente, richiedono una verifica puntuale.
Scienza e numeri: prestazioni meccaniche, limiti e modelli predittivi
L’ingegneria, però, si fida dei numeri, non degli slogan. Uno studio esaustivo pubblicato su Case Studies in Construction Materials da Wang et al. (2024) analizza prestazioni e modelli predittivi dei legni ingegnerizzati come CLT, LVL e densified wood. Le prove sperimentali mostrano resistenze alla trazione superiori a 160 MPa, e valori di flessione che raggiungono 264 MPa, con un rapporto peso/prestazioni invidiabile. Tuttavia, la bellezza dei materiali lignei — la loro porosità, la capacità di assorbire energia, la leggerezza — è anche la loro fragilità progettuale: il legno è sensibile a umidità, temperatura, stress ciclico, e soprattutto al creep, lo scorrimento sotto carico costante nel tempo.
Proprio per questo, gli autori suggeriscono l’uso di modelli probabilistici e reti neurali per prevedere i comportamenti a lungo termine, specialmente in ambienti variabili. Il Superwood, sebbene sulla carta mostri prestazioni straordinarie, dovrà ancora affrontare decine — se non centinaia — di test normati prima di essere autorizzato come materiale strutturale. L’ingegneria civile, infatti, è per definizione cauta, poiché ogni errore ha conseguenze materiali, legali e — nei casi peggiori — umane.
L’esperienza CLT: una lezione sulla fretta e le promesse
A ricordarci cosa accade quando la promessa supera la prudenza è la parabola del CLT (Cross-Laminated Timber). Celebrato a lungo come la rivoluzione ecologica dell’edilizia, ha avuto un’adozione brillante in Europa e un percorso molto più accidentato negli Stati Uniti. In alcuni casi, come nel crollo della Peavy Hall all’Oregon State University, i pannelli in CLT non hanno retto le sollecitazioni: un cedimento da 450 kg ha riportato l’attenzione sui pericoli della fretta e dell’entusiasmo industriale non regolato.
Anche lì, come oggi con Superwood, si parlava di “accettabilità ambientale”, “resistenza equiparabile all’acciaio”, “risparmi energetici”. Ma senza una rete di imprese formate, test indipendenti, regolatori aggiornati, il CLT ha incontrato resistenza. Come sottolineano Wang et al. (2024), la storia dei materiali innovativi è lastricata di fallimenti prematuri: non per mancanza di qualità, ma per assenza di tempo, verifica e pazienza sistemica.
Superwood nel mercato reale: applicazioni, rivali e ostacoli industriali
Al momento, InventWood ha scelto un approccio misurato: “skin applications”, rivestimenti esterni, pannellature architettoniche. “Dalla pelle allo scheletro,” come ha detto il CEO Alex Lau in un’intervista, riferendosi all’ambizione futura di impiegare il materiale anche per elementi strutturali. Un percorso sensato, e in parte obbligato: nessuna agenzia di standardizzazione al mondo approverebbe l’uso strutturale di un nuovo materiale senza dati a lungo termine.
Nel frattempo, Superwood non è solo. Tra i competitor si annoverano il bambù ingegnerizzato, i bio-cementi a base di alghe e i compositi naturali rinforzati. Tutti condividono un vantaggio: ridotte emissioni, basso peso, buone proprietà meccaniche. Ma condividono anche le medesime fragilità: processi produttivi ancora costosi, mancanza di standard globali, scarsa interoperabilità con i sistemi edilizi esistenti. In questo contesto, Superwood potrebbe ritagliarsi una nicchia intermedia: più affidabile del bambù, meno rivoluzionario del cemento biologico, ma più facile da scalare rispetto ai materiali puramente sperimentali.
Il futuro ecologico dell’architettura: tra sogno tecnologico e necessità climatica
Se la strada strutturale resta lunga, quella ambientale è già segnata. Wang et al. (2024) mostrano che i legni ingegnerizzati, inclusi i densified wood, permettono una riduzione del 94% nel Global Warming Potential (GWP) rispetto al cemento, e del 91% rispetto all’acciaio. Inoltre, possono essere prodotti da alberi a crescita rapida o da scarti forestali, contribuendo a circolarità e bioeconomia. Per città sempre più soffocate da emissioni, calore e consumo di suolo, Superwood — e materiali simili — offrono una possibile via di fuga.
Ma la speranza, se non ancorata alla realtà, diventa retorica. Il Superwood dovrà dimostrare, giorno dopo giorno, che non è solo un’idea brillante, ma un materiale solido. Dovrà sopravvivere a test, normative, incendi, cicli climatici. E dovrà, infine, convincere non solo gli scienziati, ma anche gli architetti, gli ingegneri e i clienti. Solo allora — e solo allora — il legno potrà dire di aver davvero sfidato l’acciaio.