Stellantis frena sull’elettrico: l’Europa scopre che il 2035 è un miraggio

| 08/09/2025
Stellantis frena sull’elettrico: l’Europa scopre che il 2035 è un miraggio

Jean-Philippe Imparato accusa Bruxelles di fissare obiettivi irrealizzabili e rivede il piano “Dare Forward”: il futuro dell’auto europea tra ambizione climatica e realtà industriale

Il Salone di Monaco non ha portato soltanto concept car e modelli elettrici, ma una dichiarazione che rischia di segnare un punto di non ritorno. Stellantis, uno dei principali gruppi automobilistici globali, ha annunciato che non perseguirà più l’obiettivo di produrre solo veicoli elettrici entro il 2030. Jean-Philippe Imparato, capo Europa allargata del gruppo, è stato molto chiaro: i target UE sulle emissioni fissati per il 2035 non sono raggiungibili da nessun costruttore. Una presa di posizione che scardina le certezze su cui si regge la politica industriale europea, mettendo a nudo il divario crescente tra ambizione climatica e realtà produttiva.

Un cambio di rotta che scuote l’industria

Quando nel 2022 Stellantis presentò il piano “Dare Forward 2030”, l’obiettivo di un portafoglio interamente elettrico sembrava incarnare lo spirito del tempo: accelerazione tecnologica, regolazioni europee stringenti, pressione sociale per una mobilità a zero emissioni. Due anni dopo, lo scenario appare radicalmente mutato.

La decisione di abbandonare l’obiettivo del 100% elettrico entro il 2030 riflette non un arretramento improvviso, ma una presa d’atto della complessità della transizione. Stellantis si unisce così ad altre voci critiche dell’industria automobilistica che chiedono all’Europa di bilanciare ambizione e realismo, prima che la corsa all’elettrico diventi una zavorra più che un’opportunità.

Il miraggio del 2035

Il punto più controverso delle dichiarazioni di Imparato riguarda i target climatici dell’UE. Bruxelles ha fissato al 2035 la scadenza per lo stop alle nuove immatricolazioni di auto a combustione interna. Un obiettivo simbolico, concepito per proiettare l’Europa come leader globale nella lotta al cambiamento climatico.

Eppure, secondo Stellantis, la scadenza rischia di trasformarsi in un miraggio. Le infrastrutture di ricarica restano insufficienti, i costi delle materie prime per le batterie sono cresciuti in modo esponenziale e la domanda dei consumatori, soprattutto nei mercati più fragili del Sud ed Est Europa, non segue la traiettoria auspicata. Il rischio, per l’industria, è di trovarsi tra l’incudine delle norme e il martello delle condizioni di mercato.

La transizione e i suoi ostacoli concreti

Il rallentamento delle vendite di veicoli elettrici in Europa è ormai evidente. Nonostante gli incentivi pubblici, le immatricolazioni rallentano a fronte di prezzi ancora elevati e di un’infrastruttura che fatica a coprire aree periferiche e mercati meno maturi.

In parallelo, la geografia industriale europea mostra fragilità strutturali. Le catene del valore restano dominate da attori extraeuropei, in primis cinesi, che controllano gran parte della filiera delle batterie. Senza una politica industriale più incisiva, il rischio è che la transizione si trasformi in una nuova dipendenza strategica, anziché in un’occasione di emancipazione tecnologica.

Le implicazioni finanziarie per Stellantis

Per Stellantis, la revisione non equivale a un passo indietro sull’elettrificazione, ma a una ricalibratura delle priorità. Il gruppo continuerà a investire in piattaforme EV, gigafactory e ricerca, ma manterrà linee produttive ibride e termiche per garantire margini e flessibilità.

La strategia risponde a una logica finanziaria precisa: evitare di concentrare investimenti miliardari in un segmento che, al momento, mostra segnali di saturazione. L’approccio più prudente rassicura gli investitori, che temevano una corsa cieca verso un futuro elettrico non ancora supportato dalla domanda reale.

Geopolitica delle batterie e il ruolo della Cina

Dietro ogni strategia industriale si cela un tema geopolitico. La Cina domina oggi la filiera globale delle batterie, dalla raffinazione del litio alla produzione di celle, e fornisce gran parte dei materiali critici utilizzati in Europa. Gli Stati Uniti hanno reagito con l’Inflation Reduction Act, che punta a ricostruire capacità manifatturiera interna e a ridurre la dipendenza da Pechino.

L’Europa, invece, resta intrappolata in un paradosso: chiede ai suoi costruttori di accelerare sulla transizione, ma non dispone di un ecosistema industriale autosufficiente.
Stellantis, rivedendo il proprio piano, mette in evidenza questo nodo irrisolto: senza un rafforzamento deciso delle filiere locali, gli obiettivi fissati da Bruxelles rischiano di restare sulla carta.

Le tensioni con Bruxelles

La presa di posizione di Imparato è destinata a intensificare il dibattito politico. Alcuni Stati membri, come Francia e Germania, hanno già espresso dubbi sulla rigidità dei target e spingono per maggiore flessibilità, temendo ripercussioni su occupazione e competitività. Altri, in particolare i Paesi nordici e il blocco dei Verdi europei, difendono con forza l’ambizione originaria.

Il rischio è che l’Unione si trovi divisa proprio sul terreno che doveva unificarla: la leadership climatica. Una revisione al ribasso dei target metterebbe in discussione la credibilità internazionale dell’UE; mantenerli senza aggiustamenti, invece, rischia di generare un conflitto con l’industria, minando la tenuta sociale e politica della transizione.

Pragmatismo o resa?

Il dilemma è chiaro: la mossa di Stellantis rappresenta un atto di pragmatismo o un arretramento strategico? Probabilmente entrambi. Da un lato, è un modo per proteggere margini e sostenibilità finanziaria in un mercato incerto. Dall’altro, riflette la difficoltà dell’Europa a tradurre ambizioni normative in realtà industriale.

Il nodo centrale resta lo stesso: come conciliare obiettivi climatici con strategie economiche realistiche? Finché questa domanda resterà senza risposta, l’industria europea sarà sospesa tra annunci di principio e compromessi operativi.

Il futuro dell’auto europea alla prova dei fatti

La decisione di Stellantis non è solo una svolta aziendale, ma un campanello d’allarme per l’intero settore. L’auto elettrica resta il futuro inevitabile della mobilità, ma la velocità e le modalità della transizione restano aperte.

Il 2035 rischia di essere percepito sempre più come un miraggio se l’Europa non riuscirà a colmare il divario tra ambizione e realtà. In gioco non c’è solo la sopravvivenza di Stellantis o di altri costruttori, ma la credibilità del progetto europeo, la sua competitività industriale e la sua capacità di guidare davvero la lotta globale contro la crisi climatica.

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