Se nei prossimi giorni i fatti confermeranno le ipotesi, vorrebbe dire la rinuncia a qualunque strategia di rilancio, né si potrà parlare di Piano industriale pensato per il futuro dell’azienda e del settore delle telecomunicazioni in Italia. Al contrario, sarebbe una pura operazione finanziaria e, di sicuro, non è la prima che vediamo in Italia. E il governo?
L’ultimo Piano strategico per TIM, che secondo recenti ricostruzioni giornalistiche vedrebbe il coinvolgimento del fondo di private equity CVC Capital Partners, rischia di rappresentare il colpo di grazia per la storica compagnia di telecomunicazioni italiana.
Il progetto potrebbe prevedere, infatti, il progressivo smembramento dell’azienda attraverso la vendita delle sue principali attività e la sua uscita dalla Borsa. Se questo scenario si dovesse concretizzare, TIM cesserebbe di esistere come entità unitaria, con conseguenze devastanti sul piano occupazionale e strategico per il Paese.
Chi sono gli attori in campo?
Il fondo CVC Capital Partners non è un investitore industriale, non ha interesse a rilanciare TIM nel lungo periodo e non ha una visione strategica per il settore delle telecomunicazioni in Italia.
Si tratta di un fondo di private equity specializzato in acquisizioni e ristrutturazioni finanziarie finalizzate alla vendita e alla generazione di profitti nel minor tempo possibile.
Il modello di business è semplice: acquistare, spezzettare e rivendere ai migliori offerenti massimizzando il ritorno per gli azionisti.
Sempre secondo queste ricostruzioni, CVC starebbe valutando l’acquisto della quota del 24% di TIM attualmente detenuta da Vivendi, il colosso francese che per anni ha esercitato un’influenza significativa sulla governance dell’azienda e che oggi sembra pronto a uscire di scena.
Se l’operazione andasse in porto, si aprirebbe la strada a una possibile uscita di TIM dalla Borsa attraverso un’operazione di “take private”, che permetterebbe a CVC e agli altri investitori coinvolti di ristrutturare l’azienda senza dover rispondere ai mercati finanziari e senza l’obbligo di garantire trasparenza agli azionisti pubblici.
Il primo passo? Il delisting
Il delisting di TIM sarebbe il primo passo verso un’operazione ben più ampia che prevederebbe la vendita delle singole divisioni della società a diversi attori del mercato.
Il Piano sarebbe quello di separare e cedere le varie attività per ottenere il massimo valore possibile nel più breve tempo.
La divisione mobile potrebbe finire nelle mani di Iliad o di un altro operatore interessato a consolidare la propria presenza in Italia.
Il settore business verrebbe acquisito direttamente da CVC, trasformando TIM in un puro fornitore di servizi aziendali, mentre TIM Brasil, considerata una delle poche attività realmente redditizie della compagnia, verrebbe dismessa per fare cassa e massimizzare i profitti.
Un Piano industriale che non punta al rilancio
Questa non è una strategia di rilancio, non è un Piano industriale pensato per il futuro dell’azienda e del settore delle telecomunicazioni in Italia.
È una pura operazione finanziaria (e non è la prima che vediamo in Italia), che ha come unico obiettivo la massimizzazione del valore per gli azionisti di breve termine, senza alcuna considerazione per il destino dei lavoratori e per le implicazioni sul mercato.
Con la dismissione delle attività e la vendita degli asset più redditizi, TIM verrebbe letteralmente svuotata dall’interno, lasciando dietro di sé un’azienda ridotta a poco più di un guscio vuoto, senza identità e senza futuro:
- Le ricadute occupazionali di questo piano sarebbero devastanti e il rischio concreto è che migliaia di posti di lavoro vengano sacrificati sull’altare della speculazione finanziaria.
- La vendita della divisione mobile potrebbe portare a sovrapposizioni di personale con l’azienda acquirente e dunque a tagli immediati.
- La cessione del settore business a CVC aprirebbe la strada a una razionalizzazione dei costi con possibili esternalizzazioni di intere funzioni.
- La vendita di TIM Brasil priverebbe l’azienda di una delle sue principali fonti di reddito, riducendo ulteriormente la sua capacità di sostenere l’occupazione.
- Oltre all’impatto devastante sui lavoratori, la frammentazione di TIM avrebbe conseguenze gravissime sul mercato delle telecomunicazioni in Italia.
- La vendita del mobile a un altro operatore rischierebbe di ridurre la concorrenza favorendo un consolidamento che potrebbe penalizzare i consumatori.
- La scomparsa di TIM come operatore integrato nazionale lascerebbe il Paese privo di un attore di riferimento nel settore delle telecomunicazioni esponendolo a un controllo sempre maggiore da parte di gruppi stranieri.
Una gamba in meno per la digitalizzazione dell’Italia….
La digitalizzazione è una delle priorità strategiche per l’Italia e per l’Unione Europea eppure il Piano che pare si stia delineando rischia di riportare il Paese indietro di anni, lasciando TIM nelle mani di speculatori finanziari che non hanno alcun interesse nello sviluppo del settore.
Se questo Piano verrà portato avanti, i veri vincitori saranno pochi investitori che realizzeranno profitti straordinari, mentre i veri sconfitti saranno i lavoratori, i consumatori e l’intero sistema economico italiano che vedrà smantellato uno degli asset strategici più importanti del Paese. Se tutto ciò dovesse essere confermato, come sembra, TIM sarà velocemente smembrata, il mercato sarà stravolto, migliaia di posti di lavoro potrebbero essere cancellati e chi dovrebbe intervenire per garantire il futuro dell’azienda e del settore sembra restare a guardare.