Sam Altman avverte: l’IA rischia una bolla finanziaria, ma resta l’innovazione più dirompente del secolo

RedazioneRedazione
| 18/08/2025
Sam Altman avverte: l’IA rischia una bolla finanziaria, ma resta l’innovazione più dirompente del secolo

L’industria dell’intelligenza artificiale cresce a ritmi vertiginosi tra investimenti miliardari, valutazioni record e dubbi sulla sostenibilità. Il parallelismo con la dot-com era inevitabile: siamo davanti a una nuova bolla o a un cambio di paradigma strutturale?

L’analisi di Sam Altman: entusiasmo e rischi di sopravvalutazione

Sam Altman, CEO e co-fondatore di OpenAI, ha dichiarato che l’industria dell’intelligenza artificiale potrebbe trovarsi già in una fase di bolla speculativa. Parlando con un ristretto gruppo di giornalisti, Altman ha paragonato l’attuale dinamica all’euforia della bolla dot-com degli anni ’90, quando miliardi di dollari furono riversati su aziende prive di modelli di business solidi. Allo stesso tempo, ha sottolineato come l’IA rappresenti “la trasformazione più importante degli ultimi decenni”, destinata a ridefinire non solo l’economia, ma l’intera organizzazione sociale e politica globale.

I segnali del mercato: investimenti record e valutazioni fuori scala

Il parallelo con la fine degli anni ’90 appare sempre più evidente. Nel 2000, il Nasdaq perse quasi l’80% del suo valore in meno di due anni. Oggi, alcuni economisti – tra cui Ray Dalio e Torsten Slok di Apollo Global Management – avvertono che l’attuale corsa agli investimenti in IA potrebbe essere ancora più estrema. Secondo Slok, i primi dieci titoli dell’S&P 500 risultano oggi più sopravvalutati che al picco della bolla internet. L’afflusso di capitali in società non profittevoli, ma percepite come “promesse future” alimenta i timori di un crollo, con possibili ripercussioni sistemiche.

Fondamentali solidi o capitali speculativi?

Non tutti gli esperti concordano con l’idea di una bolla generalizzata. Ray Wang, analista di Futurum Group, sostiene che la solidità della filiera dei semiconduttori, del cloud e dell’hardware sottostante mantenga robuste le basi dell’industria. Tuttavia, ammette che troppi capitali speculativi stanno inseguendo start-up con tecnologie ancora immature, creando rischi di sovrastima. Questa divergenza di opinioni riflette la doppia anima dell’attuale boom: da un lato infrastrutture con domanda reale e sostenibile, dall’altro una crescita guidata dalla narrativa e dall’hype.

La corsa globale all’IA e il caso DeepSeek

Il dibattito ha trovato ulteriore linfa con l’ingresso sulla scena di DeepSeek, la start-up cinese che a inizio anno ha rivendicato la capacità di addestrare un modello linguistico competitivo con soli 6 milioni di dollari, contro i miliardi spesi da OpenAI, Google e Anthropic. Sebbene molti esperti abbiano messo in dubbio la reale efficacia del modello, la notizia ha contribuito ad alimentare l’idea che esista un “far west” tecnologico dove il costo dell’innovazione può essere drasticamente ridotto. Ciò rafforza l’interesse degli investitori ma espone il mercato a una frammentazione regolatoria e industriale.

OpenAI: crescita vertiginosa ma ancora non profittevole

Altman ha confermato che OpenAI supererà i 20 miliardi di ricavi annuali ricorrenti nel 2025. Eppure, nonostante queste cifre, la società resta in perdita a causa degli enormi costi di infrastruttura e sviluppo. L’azienda ha recentemente lanciato GPT-5, modello accolto in modo contrastante dal mercato, tanto che è stato necessario riattivare l’accesso a GPT-4 per gli utenti premium. Questo episodio evidenzia come, nonostante la centralità di OpenAI, il percorso verso una piena stabilità economica e tecnologica sia ancora complesso.

L’illusione dell’AGI e il cambio di narrativa

Altman ha inoltre ridimensionato le aspettative sull’Artificial General Intelligence (AGI), sostenendo che il termine stia perdendo rilevanza. Se in passato aveva indicato l’AGI come un traguardo “raggiungibile in un futuro ragionevolmente vicino”, oggi riconosce la difficoltà di definire con precisione questo obiettivo. La narrativa si sposta così dalla promessa visionaria alla costruzione di un’IA realmente utile, sostenibile e integrabile nei processi economici e sociali.

Valutazioni da record e nuove frontiere industriali

Nonostante i dubbi, la fiducia degli investitori in OpenAI resta intatta. L’azienda prepara una nuova vendita di azioni per circa 6 miliardi di dollari, con una valutazione stimata di 500 miliardi. Già a marzo aveva chiuso un round da 40 miliardi, il più grande mai raccolto da una tech privata. Oltre ai modelli linguistici, OpenAI punta a diversificare verso hardware consumer, interfacce cervello-computer e piattaforme sociali, con l’obiettivo dichiarato di espandere la sua influenza ben oltre il software.

Infrastrutture miliardarie e la prospettiva dei data center

Altman ha anticipato che OpenAI spenderà trilioni di dollari nei prossimi anni per sviluppare una rete di data center globali, una strategia che ridefinirà il rapporto tra industria tecnologica e politica energetica. L’IA, infatti, non è solo un tema di innovazione digitale: è anche un fattore determinante per i mercati dell’energia, le catene di approvvigionamento delle materie prime critiche (dalle terre rare al rame), e la sicurezza nazionale.

Tra bolla e rivoluzione strutturale

Il dibattito aperto da Sam Altman riflette il cuore della questione: l’intelligenza artificiale è al contempo il motore di una rivoluzione epocale e il centro di una potenziale crisi finanziaria. La storia insegna che ogni grande innovazione, dall’elettricità a internet, ha vissuto fasi di euforia e correzione. La vera sfida sarà distinguere gli attori con fondamenta solide da quelli sostenuti solo dall’entusiasmo dei mercati. In questo scenario, regolatori, investitori e governi saranno chiamati a trovare un equilibrio tra sostenibilità economica, stabilità finanziaria e progresso tecnologico.

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