Robot umanoidi: Nvidia arma l’industria cinese con il suo nuovo ‘cervello artificiale’

RedazioneRedazione
| 26/08/2025
Robot umanoidi: Nvidia arma l’industria cinese con il suo nuovo ‘cervello artificiale’

Unitree, UBTech e AgiBot adottano il nuovo Jetson AGX Thor: più potenza, più autonomia e produzione di massa. Mentre gli USA limitano i chip per l’AI, Nvidia rafforza i legami con la robotica cinese, trasformando la competizione tecnologica in una sfida geopolitica globale.

La rivoluzione silenziosa dei cervelli artificiali

L’arrivo di Jetson AGX Thor segna uno spartiacque nella traiettoria evolutiva della robotica. Per anni, i robot umanoidi sono rimasti confinati a dimostrazioni spettacolari, con abilità coreografiche più che applicazioni industriali reali. Oggi la potenza di calcolo resa disponibile da Nvidia cambia lo scenario. Con 2.070 FP4 teraflop racchiusi in 130 watt, la piattaforma è in grado di alimentare modelli multimodali avanzati direttamente a bordo macchina, garantendo tempi di risposta in tempo reale. In pratica, significa che i robot non sono più meri esecutori, ma sistemi autonomi capaci di adattarsi a contesti variabili, prendere decisioni operative e apprendere dall’ambiente. Per la prima volta, l’autonomia diventa una possibilità concreta e scalabile.

La Cina come laboratorio della robotica globale

Che siano proprio i produttori cinesi – Unitree, UBTech, AgiBot, Galbot, Engine AI – i primi ad adottare la nuova tecnologia, non è casuale. La Cina ha reso la robotica umanoide uno dei pilastri del proprio piano industriale, con un mix di sostegno governativo, capitali privati e filiere produttive ultra-competitive. A differenza degli Stati Uniti o dell’Europa, dove i prototipi faticano a uscire dai laboratori, le aziende cinesi riescono a mettere sul mercato prodotti funzionanti e a prezzi contenuti. Il modello G1 di Unitree, venduto a circa 16.000 dollari, rappresenta un benchmark: una cifra elevata per un consumatore privato, ma estremamente competitiva per settori industriali e di ricerca. In altre parole, Pechino sta trasformando la robotica umanoide in un business di scala, e Nvidia è il fornitore abilitante di questa transizione.

Geopolitica del silicio: la sfida USA-Cina

La decisione di Nvidia di spingere Thor sul mercato cinese, nonostante la tensione crescente tra Washington e Pechino, riflette la complessità del contesto geopolitico. Da un lato, gli Stati Uniti limitano l’export di chip di fascia alta, come gli H100 e le varianti destinate al cloud. Dall’altro, Nvidia non può permettersi di abbandonare un mercato che rappresenta oltre un quinto del suo fatturato. Jetson Thor, con il suo posizionamento nel segmento robotics, diventa quindi uno strumento diplomatico oltre che commerciale: un chip che resta sotto la soglia delle restrizioni più severe ma che consolida la presenza americana in un settore che Pechino considera strategico per la propria sicurezza nazionale. In questo equilibrio fragile, ogni innovazione tecnologica diventa parte di un negoziato industriale e politico più ampio.

Dalle dimostrazioni allo scaling industriale

Il kickboxing tra due robot Unitree ai World Humanoid Robot Games di Pechino è stato un evento simbolico: intrattenimento, spettacolo mediatico e dimostrazione di capacità tecnica. Ma il vero valore sta nel fatto che quelle macchine erano alimentate da piattaforme pronte alla produzione, non prototipi isolati. Le applicazioni industriali sono concrete e immediate: magazzini automatizzati in grado di collaborare con gli operatori, reparti ospedalieri in cui i robot assistono il personale, catene logistiche capaci di operare h24 senza interruzioni. È un passaggio da “proof of concept” a “commercial rollout” che segna l’ingresso dei robot umanoidi in mercati reali, con contratti, supply chain e normative da rispettare.

Economia e politica industriale della robotica

Il prezzo competitivo dei robot cinesi non è solo un dato di mercato: è la prova di un modello industriale che integra produzione locale, economie di scala e supporto statale. Aziende come AgiBot hanno già linee capaci di produrre migliaia di unità all’anno. Goldman Sachs prevede che il mercato globale dei robot umanoidi possa raggiungere decine di miliardi di dollari entro il 2035. In questo scenario, la Cina ha due vantaggi: il costo ridotto delle filiere manifatturiere e la capacità di sperimentare rapidamente a livello normativo, grazie a zone di test speciali e partnership pubblico-private. Gli Stati Uniti e l’Europa, pur mantenendo un vantaggio nell’innovazione algoritmica, rischiano di cedere la leadership industriale e commerciale se non riusciranno a integrare la robotica nelle proprie politiche industriali.

Il nodo giuridico: responsabilità e governance

Più i robot umanoidi diventano autonomi, più cresce la necessità di affrontare un vuoto normativo. Chi è responsabile se un robot prende una decisione sbagliata? Quali standard di sicurezza devono essere imposti a macchine che interagiscono con esseri umani in ambienti pubblici o lavorativi? L’Europa, con il suo approccio regolatorio, ha già avviato riflessioni sul “diritto della robotica” e sulla responsabilità civile. La Cina, invece, adotta un modello sperimentale, con maggiore flessibilità ma meno garanzie per utenti e operatori. Gli Stati Uniti oscillano tra innovazione spinta e timori di sicurezza nazionale. Jetson Thor accelera questi interrogativi, perché rende i robot realmente capaci di agire con livelli di autonomia inediti. Il diritto dell’innovazione diventa così parte integrante della strategia industriale.

Verso l’iPhone della robotica?

Il parallelo con l’iPhone non è casuale. Così come il dispositivo di Apple trasformò gli smartphone da gadget di nicchia a oggetti di massa, Jetson Thor e l’ecosistema di robot cinesi potrebbero inaugurare la fase consumer e industriale della robotica umanoide. La differenza è che qui la posta in gioco non è solo tecnologica, ma geopolitica, industriale e sociale. Se Pechino riuscirà a dominare la produzione e Nvidia a mantenere il controllo della componentistica critica, potremmo assistere alla nascita di un duopolio globale con effetti su lavoro, sicurezza e competitività industriale. È il passaggio definitivo dalla “robotica da laboratorio” alla robotica come infrastruttura dell’economia mondiale.

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