Prove tecniche di bolla negli USA: gli Hedge Fund in fuga dai Magnifici 7 dell’IA

RedazioneRedazione
| 17/11/2025
Prove tecniche di bolla negli USA: gli Hedge Fund in fuga dai Magnifici 7 dell’IA

L’intelligenza artificiale continua a crescere, ma gli hedge fund americani iniziano a sfilarsi dai big della tecnologia: un segnale che somiglia pericolosamente a una pre-bolla.

Tagli massicci a Nvidia, Alphabet, Meta e Tesla: la rotazione dei grandi fondi di Wall Street mette in discussione il mito dell’IA come motore infallibile dei mercati.

Un cambiamento d’aria che pochi vogliono ammettere

Per due anni i Magnificent Seven sono stati l’epicentro di un entusiasmo quasi messianico. Non era solo tecnologia: era la promessa di una nuova età dell’oro, un’America rinvigorita dall’IA e dalla sua capacità di colonizzare ogni industria, ogni processo. Poi, all’improvviso, in quei documenti regolamentari spesso ignorati dai non-addetti ai lavori, si è intravisto qualcosa di diverso: la mano invisibile degli hedge fund che inizia a ritirarsi.

Non è ancora panico, no. Ma è la prima incrinatura visibile nel racconto perfetto che Wall Street ha cucito attorno all’intelligenza artificiale. E quando i fondi istituzionali, quelli abituati a pensare in grande e in anticipo, iniziano a muoversi in una direzione… raramente è un caso.

Bridgewater rallenta l’onda: tagli secchi a Nvidia e Alphabet

Bridgewater Associates non ha mai seguito le mode. Talvolta sembra quasi nutrirsi dell’atto di contraddirle. Questa volta, però, la decisione è stata sorprendentemente netta: giù la partecipazione in Nvidia di quasi due terzi, giù Alphabet di oltre la metà, ritocchi in calo anche su Amazon e Broadcom. Non sono prese di beneficio marginali: sono prese di posizione.

Nel memo interno, i CIO hanno scritto di “limiti strutturali del boom dell’IA”. Un’espressione che, letta due volte, suona più dura della versione ufficiale. È come se dicessero: sì, l’IA cambia il mondo, ma non al ritmo a cui il mercato pretende che accada. E c’è sempre un prezzo, prima o poi, da pagare quando l’immaginario collettivo corre troppo forte.

Michael Burry: il vecchio profeta ritorna (e poi sparisce)

Quasi in una perfetta ironia narrativa, proprio mentre i grandi fondi cambiano rotta, riappare Michael Burry. L’uomo che sfidò l’intero sistema nel 2007 oggi chiude il suo hedge fund e lo fa lasciando dietro di sé un messaggio semplice, quasi asciutto: lui sta scommettendo contro Nvidia, contro Palantir, contro l’andamento iperbolico del settore IA.

Non è un “io ve l’avevo detto”, non ancora almeno. Ma la coincidenza temporale, i suoi short, la sua uscita di scena, il dietrofront degli hedge fund, aggiunge una nota stonata a un coro che fino a pochi mesi fa cantava all’unisono.

Tiger Global e Coatue: la fuga diventa, lentamente, una tendenza

Tiger Global, solitamente più incline a sopportare la volatilità pur di cavalcare la crescita, ha tagliato Meta del 62,6%. Sessantadue. Non è esattamente una limatura. E poi via dai portafogli Eli Lilly, Novo Nordisk, CrowdStrike: una rotazione quasi brusca, come quando ti accorgi che la festa sta diventando troppo rumorosa.

Coatue segue una logica simile: meno Nvidia, meno Tesla, meno Amazon e un dimezzamento della posizione su Arm Holdings che sembra gridare “exuberance, calmati”.

Non è più un movimento isolato: è la forma preliminare di una fuga ordinata.

Ritorno alla tecnologia che monetizza: software, pagamenti, abbonamenti

Eppure non è un addio al tech. È un cambio di registro. Dalla promessa alla realtà, dai sogni ai flussi di cassa. Bridgewater aumenta Adobe, Dynatrace, Etsy. E soprattutto, gonfia la quota in Mastercard come se stesse costruendo una diga contro le maree speculative.

Tiger Global entra in Netflix e Klarna, mentre Coatue torna ad accarezzare Microsoft e Alibaba. È come se Wall Street stesse dicendo: “Dateci meno visioni, più ricavi stabili”. L’IA rimane un’onda enorme, sì. Ma non tutte le tavole da surf sono adatte per cavalcarla.

Il nodo centrale: un mercato appeso a sette nomi

Oggi i Magnifici Sette rappresentano il 37,4% dell’S&P 500. Una cifra che di per sé dovrebbe togliere il sonno a molti. Che succede se uno dei sette rallenta anche solo un po’? Che succede se due scivolano contemporaneamente?

È un rischio di concentrazione che ricorda certi periodi del passato, quelli in cui si credeva che alcuni titoli fossero invincibili. Finché non lo furono più.

Il vero problema non è l’IA (mai lo è stato). Il problema è l’aspettativa

L’intelligenza artificiale continuerà a cambiare tutto: industria, sanità, cultura, persino il modo in cui ragioniamo. Ma non può farlo nella timeline che il mercato pretende. I prezzi hanno anticipato un futuro che, forse, esiste, ma di cui non conosciamo ancora tempi, costi e soprattutto vincitori.

Gli hedge fund sembrano aver colto questa frattura: non stanno rifiutando l’IA, stanno rifiutando il modo in cui è stata raccontata.

Quando il futuro incontra la sua prima resistenza

La discesa dai Magnificent Seven potrebbe essere soltanto il primo assestamento in un ciclo molto più lungo. Oppure potrebbe essere la spia di una storia che si gonfia troppo velocemente. L’IA rimarrà, crescerà, sorprenderà. Ma i mercati, quelli veri, non vivono di profezie: vivono di margini, cash flow, conseguenze reali.

E allora la domanda finale, scomoda, ma inevitabile, diventa questa:
che cosa succede quando la più grande speranza tecnologica del XXI secolo incontra per la prima volta il limite umano dell’immaginazione economica?

La risposta non è ancora scritta. Ma il movimento degli hedge fund indica che qualcuno, da qualche parte, ha già iniziato a cercarla.

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