I prezzi del greggio registrano il peggior calo mensile dal 2021. Riad annuncia l’intenzione di espandere la propria quota di mercato, mentre lo scontro commerciale tra Stati Uniti e Cina spinge i mercati verso la recessione.
I mercati petroliferi internazionali sono entrati in una fase di forte volatilità, con il Brent e il WTI che hanno registrato a fine aprile il più grande calo mensile da oltre tre anni. Le cause principali: un cambio di strategia da parte dell’Arabia Saudita, che ha segnalato l’intenzione di aumentare la produzione, e un contesto globale minato dalle tensioni geoeconomiche e tariffarie tra Washington e Pechino.
Il Brent crude è sceso a 63,09 dollari al barile, in calo dell’1,81%, mentre il West Texas Intermediate (WTI) ha perso il 3,94%, assestandosi a 58,04 dollari. Le perdite mensili sono state rispettivamente del 15% e 18%, le peggiori dal novembre 2021.
Arabia Saudita e OPEC+: addio al ruolo di stabilizzatore?
Il cambio di postura da parte di Riad potrebbe segnare l’inizio di una nuova fase di competizione all’interno dell’OPEC+. Secondo fonti Reuters, il regno ha promosso un aumento della produzione già a maggio, spingendo per ulteriori incrementi anche a giugno, nel tentativo di recuperare quote di mercato perse a vantaggio di produttori marginali.
“Il rischio concreto è quello di una nuova guerra dei prezzi,” ha commentato Phil Flynn di Price Futures Group. La prossima riunione OPEC+, fissata per il 5 maggio, sarà cruciale per comprendere la traiettoria futura della produzione globale.
Domanda globale sotto pressione: gli effetti della guerra commerciale
In parallelo, l’annuncio del presidente Donald Trump di nuovi dazi su tutte le importazioni statunitensi ha innescato una risposta speculare da parte della Cina, intensificando il rischio di una guerra commerciale totale tra le due principali economie e consumatrici di petrolio al mondo.
Secondo un sondaggio Reuters, l’inasprimento tariffario potrebbe spingere l’economia globale in recessione già nel 2025, con effetti diretti sulla domanda di carburanti industriali, trasporti e attività logistiche. I dati del Conference Board indicano che la fiducia dei consumatori statunitensi è scesa ai minimi da cinque anni, a conferma della deteriorazione del sentiment macroeconomico.
Recessione, geopolitica e stoccaggi: elementi a doppia velocità
Nonostante il calo generalizzato dei prezzi, i dati dell’Energy Information Administration (EIA) hanno mostrato una inaspettata riduzione delle scorte petrolifere statunitensi, pari a 2,7 milioni di barili, in controtendenza rispetto alle attese (+429.000 barili). Il calo è attribuito a un incremento delle esportazioni e della domanda da parte delle raffinerie, ma non è bastato a sostenere il mercato.
Nel frattempo, le incertezze legate a negoziati internazionali (come quelli in Ucraina e Iran) potrebbero, se risolti positivamente, immettere ulteriori volumi di petrolio sul mercato, accentuando il rischio di eccesso di offerta proprio nel momento in cui la domanda globale è in calo.
Implicazioni strategiche: nuovo equilibrio nel mercato globale dell’energia
Questa nuova dinamica riflette una discontinuità strategica per il ruolo dell’Arabia Saudita come “produttore di ultima istanza” e pone interrogativi sulla tenuta della coesione OPEC+ in un contesto di progressivo riequilibrio verso forme di politiche petrolifere più autonome e meno coordinate.
Dal punto di vista geopolitico, le tensioni tariffarie si sovrappongono ai trend strutturali di transizione energetica, mettendo in discussione la capacità del mercato di mantenere stabilità dei prezzi senza un attore dominante disposto ad assumersi costi di contenimento dell’offerta.
Nuova fase di incertezze
Il crollo dei prezzi petroliferi ad aprile 2025 riflette una combinazione di shock geopolitici, cambi di strategia produttiva e rallentamento economico globale. La traiettoria futura del mercato dipenderà dall’esito della prossima riunione OPEC+, dall’evoluzione della guerra commerciale USA-Cina e dalla resilienza della domanda nel secondo semestre. Per imprese, investitori e policymaker si apre una nuova fase di incertezza, in cui la gestione del rischio energetico sarà sempre più determinante per la stabilità macroeconomica.