I numeri parlano chiaro: oltre il 90% dei nuovi impianti a energia rinnovabile è oggi più economico dei combustibili fossili. L’era della transizione è finita: siamo già dentro l’era dell’energia pulita.
Il punto di svolta: l’energia rinnovabile è la nuova normalità
Per troppo tempo, e forse con colpevole inerzia, le energie rinnovabili sono state confinate ai margini del discorso pubblico e delle politiche industriali, considerate poco più che utopie ecologiche, eticamente ineccepibili ma economicamente insostenibili, visioni luminose ma impraticabili, nobili nella forma quanto deboli nella sostanza. Tuttavia, oggi, nel cuore stesso del nostro tempo inquieto e affamato di soluzioni, qualcosa è cambiato, e a testimoniarlo, non con parole ma con numeri, è il recente report dell’Agenzia Internazionale per le Energie Rinnovabili (IRENA), che non si limita a suggerire un’evoluzione ma proclama un’autentica metamorfosi del sistema energetico globale.
Secondo i dati del 2024, un dato che non ammette repliche e non tollera esitazioni, il 91% della nuova capacità rinnovabile su scala industriale ha generato elettricità a un costo inferiore rispetto alla più economica tra le alternative fossili. Novantuno per cento. Non una moda passeggera, non un capriccio statistico, non un’effimera coincidenza. Si tratta, piuttosto, di un segnale preciso, inequivocabile, di una trasformazione strutturale, profonda, irreversibile, che sta ridisegnando le fondamenta stesse del nostro modello energetico.
Il prezzo medio globale dell’energia eolica terrestre, oggi, si attesta a 0,034 dollari per kilowattora. Il solare fotovoltaico, d’altro canto, viaggia intorno a 0,043 dollari. Entrambi, dati alla mano, surclassano senza sforzo il costo dei nuovi impianti a gas naturale, da sempre considerati la soglia minima della sostenibilità economica. E allora che cosa ci resta da dire, se non questo? Che l’energia rinnovabile, finalmente, non è più un sogno da accarezzare, né un obbligo morale da sopportare. È diventata, con la semplicità delle verità evidenti, la scelta più logica, la più efficiente, la più conveniente.
Economia e sicurezza: il doppio volto della transizione
A rendere il passaggio alle rinnovabili non solo necessario, ma urgente e strategico, è oggi la questione, tanto complessa quanto ineludibile, della sicurezza energetica. Come ha dichiarato António Guterres, segretario generale delle Nazioni Unite, con parole che non sono semplici slogan ma moniti rivolti al futuro, “i combustibili fossili sono ormai arrivati al capolinea. Il sole si sta alzando su una nuova era energetica.” Una frase breve, incisiva, di forte impatto simbolico; ma anche, e soprattutto, una dichiarazione gravida di conseguenze geopolitiche, capace di descrivere con lucidità le contraddizioni del nostro tempo.
Oggi più che mai, nel vortice instabile dell’economia globale, le nazioni si ritrovano vulnerabili, esposte ai capricci del mercato internazionale dei combustibili fossili, costrette a fare i conti con la volatilità dei prezzi, con gli effetti imprevedibili delle guerre, delle crisi diplomatiche, delle minacce che attraversano confini e continenti. Basta volgere lo sguardo all’invasione russa dell’Ucraina, oppure soffermarsi sulle tensioni costanti che attraversano il Medio Oriente: esempi chiari, severi, indelebili. Di fronte a tutto ciò, il sole e il vento offrono una promessa diversa. Essi non obbediscono a governi, non si piegano a trattati, non conoscono embargo.
Ecco perché, come insiste Guterres con voce ferma e consapevole, la transizione energetica non è più soltanto un’opzione ecologica, né un gesto di buona volontà verso le generazioni future. Essa è, prima di tutto, una questione di sicurezza nazionale, di sovranità economica, di protezione concreta dei cittadini. E più si ritarda, più si resta prigionieri di una dipendenza che non solo inquina, ma rende fragili.
Costi, stoccaggio e localizzazione: sfide da vincere
Se i costi di produzione dell’energia pulita sono in calo vertiginoso, e lo sono davvero, basti pensare che il prezzo delle batterie per lo stoccaggio su larga scala è precipitato del 93% dal 2010, un crollo che ha pochi eguali nel panorama tecnologico contemporaneo restano alcune sfide, ancora aperte e urgenti. La più evidente, la più evocata, la più dibattuta, è l’intermittenza: il sole non splende sempre, e il vento, capriccioso e libero, non soffia su richiesta, non obbedisce al mercato, non conosce orari.
Per questo motivo, e non per altro, i sistemi di accumulo e le smart grid, reti intelligenti, flessibili, adattabili, rappresentano oggi non un semplice optional tecnologico, ma la vera linea di frontiera. È qui che si gioca il salto di qualità, è qui che si decide se la transizione sarà solida oppure fragile, se sarà duratura oppure effimera.
Il recente blackout che ha colpito Spagna e Portogallo nell’aprile del 2025 ha offerto una lezione tanto imprevista quanto rivelatrice. In molti si sono affrettati ad attribuirne la responsabilità all’eccessiva dipendenza dalle rinnovabili. Eppure, secondo le analisi dei principali osservatori internazionali, le cause reali vanno cercate altrove: nella carenza di inerzia meccanica, nella debolezza delle interconnessioni elettriche con il resto dell’Europa, nella mancanza di sistemi di accumulo in grado di stabilizzare la rete in tempo reale. La natura, in quel caso, non venne meno; fu il sistema tecnologico, ancora incompleto, a non reggere l’urto. E le autorità lo hanno chiarito con fermezza: il commissario europeo per l’energia Dan Jørgensen, il premier spagnolo Pedro Sánchez e la presidente della rete elettrica REE Beatriz Corredor hanno smentito categoricamente ogni accusa alle energie rinnovabili, definendo tali ricostruzioni bugie.
Un altro ostacolo, non meno concreto, è la localizzazione delle fonti. I migliori siti per il solare sono spesso deserti lontani, infiniti paesaggi di luce e sabbia, distanti dalle città affamate di energia; lo stesso vale per l’eolico, che trova respiro lungo le coste tempestose o in cima ai crinali montuosi. È vero, il trasporto del gas naturale risulta oggi più semplice di quello dell’elettricità. Ma è altrettanto vero che le tecnologie di rete, in continua evoluzione, stanno riducendo questi squilibri, accorciando le distanze, colmando i vuoti.
E infine, come in ogni grande scommessa sul futuro, vi è una verità che resiste, tenace, sotto ogni dubbio: i vantaggi a lungo termine delle rinnovabili, zero emissioni, costi stabili, indipendenza energetica, valgono più di qualsiasi ostacolo iniziale. Sono questi i pilastri su cui edificare, lentamente ma inesorabilmente, un nuovo paradigma energetico.
Il futuro è già qui: perché investire nelle rinnovabili conviene
Nel 2024, il mondo ha assistito all’aggiunta record di 582 gigawatt di nuova capacità rinnovabile, con un incremento del 20% rispetto all’anno precedente. Questo boom non è solo il frutto di una maggiore sensibilità ambientale, ma soprattutto di un ciclo virtuoso innescato da innovazione tecnologica, politiche pubbliche mirate ed economie di scala. Più si installano impianti, più i costi si riducono. Più si riducono i costi, più gli investimenti aumentano.
Secondo Francesco La Camera, direttore generale di IRENA, “la competitività economica delle rinnovabili è un dato di fatto. Ma non dobbiamo abbassare la guardia: le tensioni geopolitiche e i vincoli sulle materie prime possono rallentare il progresso”. Dello stesso avviso è Bill Hare, esperto di clima, che avverte: “investire nei fossili oggi è una scommessa da incoscienti. Al contrario, abbracciare le rinnovabili significa guadagnare in occupazione, stabilità dei prezzi ed equità energetica. L’Africa, ad esempio, ha un potenziale straordinario: ha bisogno solo dei finanziamenti per diventare protagonista della rivoluzione verde”.
Conclusione
La rivoluzione è iniziata in silenzio, alimentata da numeri, scelte politiche e innovazioni tecniche. Ma ora non può più essere ignorata. L’energia pulita non è più un’alternativa: è la regola. È la scelta economica più razionale, l’unica strategia geopolitica sensata, la vera garanzia per la sicurezza collettiva. Ci troviamo dinanzi a un bivio epocale, anche se la strada da percorrere è ancora tanta.