Pechino lancia l’AI “cerebrale”: meno chip, più potenza

RedazioneRedazione
| 13/09/2025
Pechino lancia l’AI “cerebrale”: meno chip, più potenza

SpikingBrain 1.0, sviluppato a Pechino, imita il funzionamento dei neuroni umani. Meno energia, più velocità e indipendenza dai chip Nvidia: un’innovazione che intreccia ricerca, politica industriale e competizione geopolitica.

Il futuro dell’intelligenza artificiale potrebbe non dipendere più soltanto dalla potenza dei chip, ma dall’abilità di imitare il cervello umano. A Pechino, un team di ricercatori dell’Accademia Cinese delle Scienze ha presentato SpikingBrain 1.0, un modello che attiva solo i neuroni digitali necessari, come fa la mente biologica. Il risultato è un’AI che promette di essere fino a cento volte più veloce nei compiti ultra-lunghi e con un consumo energetico drasticamente ridotto. Ma dietro la promessa scientifica c’è un messaggio politico altrettanto forte: la Cina rivendica la capacità di sviluppare intelligenza artificiale avanzata senza passare dai semiconduttori occidentali, aprendo un nuovo fronte nella competizione globale per la sovranità tecnologica.

Un nuovo paradigma nell’AI ispirata al cervello

L’architettura di SpikingBrain 1.0 segna una rottura con i modelli linguistici dominanti, come GPT o Llama. Questi sistemi tradizionali attivano intere reti neurali per elaborare una risposta, con un enorme dispendio di energia. Il modello cinese, invece, prende spunto dal funzionamento del cervello: attiva solo i “neuroni” necessari per il compito in corso.

Questa scelta riduce drasticamente l’elaborazione superflua e permette tempi di risposta molto più rapidi. Non si tratta semplicemente di rendere l’AI più efficiente: è un cambio di paradigma che sposta il focus dalla pura potenza di calcolo alla biomimesi cognitiva, cioè la capacità di imitare la logica biologica del pensiero.

Efficienza con meno dati: la rivoluzione silenziosa

Uno dei punti più innovativi riguarda l’addestramento. Secondo i ricercatori, SpikingBrain 1.0 può imparare da meno del 2% dei dati richiesti da altri modelli di grandi dimensioni. In un’epoca in cui i dataset multimiliardari sono diventati la norma e i costi per raccoglierli e gestirli si sono trasformati in una barriera d’ingresso, questo rappresenta una rivoluzione.

Addestrare un’AI con dataset ridotti significa abbassare i costi, accelerare i cicli di sviluppo e democratizzare l’accesso alla tecnologia. Potrebbe significare che anche attori emergenti, privi di risorse paragonabili a quelle dei giganti americani, possano sviluppare sistemi competitivi. Un cambio radicale nelle dinamiche globali dell’AI.

L’AI e la questione energetica

La sostenibilità è il tallone d’Achille dell’intelligenza artificiale contemporanea. L’addestramento di un grande modello può richiedere quantità di energia paragonabili a quelle consumate da intere comunità per mesi. SpikingBrain 1.0 promette un approccio diverso, con consumi molto più contenuti grazie alla sua architettura “parsimoniosa”.

Se questa promessa sarà mantenuta, l’AI cinese potrebbe posizionarsi come un modello sostenibile, capace di ridurre l’impronta ambientale senza sacrificare le prestazioni. Ma restano domande cruciali: i risultati osservati nei laboratori saranno replicabili su larga scala? E le efficienze energetiche sopravviveranno quando il modello sarà messo alla prova in applicazioni industriali reali?

L’indipendenza dai chip Nvidia: tecnologia e strategia geopolitica

La dimensione geopolitica è impossibile da ignorare. SpikingBrain 1.0 funziona con semiconduttori prodotti in Cina, non con le GPU Nvidia che dominano il mercato globale. Un dettaglio che ha un peso enorme.

Le restrizioni imposte da Washington sull’export di chip avanzati hanno reso evidente la vulnerabilità di Pechino. Rispondere con un modello competitivo che non dipende dall’hardware occidentale significa mandare un segnale chiaro: la Cina intende ridurre la propria dipendenza tecnologica e costruire un ecosistema autonomo.

SpikingBrain 1.0 non è solo un progetto scientifico: è uno strumento di politica industriale e di affermazione geopolitica, capace di rafforzare la narrativa cinese sulla sovranità tecnologica.

Applicazioni e settori strategici

Le potenziali applicazioni di SpikingBrain 1.0 sono vaste e toccano alcuni dei settori più sensibili:

  • Robotica e automazione: sistemi più rapidi e meno energivori, cruciali per logistica e manifattura
  • Sanità: analisi di grandi moli di dati clinici con consumi ridotti, utile per sistemi sanitari sotto pressione
  • Finanza: elaborazione di dati in tempo reale con maggiore efficienza e riduzione dei costi
  • Difesa e sicurezza: capacità di calcolo indipendente dai chip americani, in linea con la strategia di resilienza nazionale.

La capacità di gestire compiti ultra-lunghi rende il modello particolarmente adatto a scenari come il monitoraggio continuo, le simulazioni climatiche o la sorveglianza infrastrutturale.

Governance e trasparenza: il tallone d’Achille

L’entusiasmo non deve far dimenticare il nodo della credibilità internazionale. Mancano benchmark indipendenti e dati trasparenti che permettano di valutare SpikingBrain 1.0 al di fuori dei laboratori cinesi. Senza queste validazioni, il rischio è che l’innovazione resti confinata a un annuncio politico più che a una rivoluzione concreta.

C’è poi la questione della governance. Sistemi che attivano neuroni “a richiesta” possono risultare più difficili da interpretare. In settori regolati come sanità e finanza, la mancanza di tracciabilità chiara rischia di diventare un ostacolo insormontabile. Le normative internazionali, come l’AI Act europeo, chiedono trasparenza e accountability: requisiti che modelli così innovativi dovranno dimostrare di saper rispettare.

La corsa globale all’AI cerebrale

Il lancio di SpikingBrain 1.0 si inserisce in un contesto di competizione serrata. Gli Stati Uniti dominano grazie a OpenAI, Anthropic, Google DeepMind e Nvidia; l’Europa lavora su regolamentazioni e progetti pubblici-privati; la Cina propone un’alternativa che non si basa sulla potenza di calcolo bruta, ma su un approccio biomimetico.

Questo non è solo un passo tecnico, ma anche una strategia geopolitica. Offrire soluzioni più veloci, meno costose e non vincolate all’hardware occidentale potrebbe rafforzare la posizione cinese nei mercati emergenti, dal Sud-est asiatico all’Africa, dove la domanda di AI cresce, ma le risorse sono limitate.

Il cervello umano come bussola per l’AI

SpikingBrain 1.0 rappresenta una svolta simbolica e strategica: dimostra che l’AI non deve per forza consumare quantità smisurate di dati e energia, né dipendere dai semiconduttori americani. Ma dimostrare è diverso da convincere.

La sfida sarà portare questa tecnologia dal laboratorio al mercato, garantendo credibilità, trasparenza e governance. Se ci riuscirà, la Cina avrà posto la prima pietra di una nuova era: quella in cui il futuro dell’intelligenza artificiale non si misurerà più solo in teraflop e GPU, ma nella capacità di pensare e agire come un cervello.

In un mondo sempre più diviso da rivalità tecnologiche, il messaggio di Pechino è chiaro: l’AI non è solo scienza, è geopolitica. E la corsa dal silicio al cervello è appena cominciata.

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