OpenAI diversifica la propria infrastruttura computazionale adottando i TPU di Google Cloud, segnando un passaggio rilevante nella competizione globale sulle tecnologie di intelligenza artificiale avanzata. Si ridisegnano equilibri tecnologici, finanziari e industriali tra le Big Tech.
Nel panorama altamente competitivo dell’intelligenza artificiale, OpenAI compie un passo strategico che potrebbe ridefinire gli equilibri tra i principali attori del settore. Secondo fonti Reuters, l’azienda guidata da Sam Altman ha iniziato a noleggiare i chip AI proprietari di Google – i TPU (Tensor Processing Unit) – per supportare l’operatività e la crescita di servizi come ChatGPT. Si tratta della prima volta in cui OpenAI impiega in modo significativo chip diversi dalle GPU Nvidia, aprendo la strada a un nuovo scenario di interdipendenze tecnologiche e industriali.
La decisione avviene in un contesto in cui OpenAI rimane uno dei maggiori clienti globali di Nvidia, le cui GPU costituiscono l’ossatura per l’addestramento e l’inferenza dei modelli di intelligenza artificiale. Tuttavia, con l’aumento esponenziale della domanda di potenza di calcolo e i costi crescenti legati all’inferenza – ovvero la fase in cui un modello applica ciò che ha appreso per generare output – l’impiego dei TPU di Google Cloud offre un’alternativa più economica e scalabile.
Una scelta tecnologica con implicazioni sistemiche
Questa mossa rappresenta un doppio spartiacque. Da un lato, OpenAI diversifica la propria infrastruttura oltre il supporto strategico di Microsoft e dei suoi data center. Dall’altro, Google rafforza la posizione commerciale dei suoi TPU, una tecnologia precedentemente riservata per usi interni, ora impiegata anche da colossi come Apple e concorrenti emergenti come Anthropic e Safe Superintelligence – entrambe fondate da ex dirigenti OpenAI.
Secondo quanto riportato da The Information, OpenAI ha scelto i chip Google per ridurre il costo dell’inferenza e aumentare la resilienza della propria supply chain tecnologica. Tuttavia, è emerso che Google, diretta concorrente nel settore dell’AI generativa, avrebbe limitato l’accesso di OpenAI ai suoi TPU di ultima generazione, preservando un vantaggio competitivo sui chip più avanzati.
Il quadro geopolitico e industriale dell’AI computing
Questa collaborazione segna un momento critico nella geoeconomia dell’intelligenza artificiale. In un settore dominato da pochi fornitori di chip (come Nvidia, AMD e ora anche Google), la capacità di accedere a risorse computazionali su larga scala è diventata una leva strategica, non solo per l’innovazione tecnologica, ma anche per la sovranità digitale e la competitività industriale.
L’ingresso di Google come fornitore di OpenAI rafforza inoltre la traiettoria della sua divisione cloud, che si posiziona come hub infrastrutturale per le tecnologie di intelligenza artificiale in cloud. Questo ampliamento della clientela – che ora include persino competitor diretti – testimonia la maturità del modello di business infrastrutturale di Google e apre interrogativi sul futuro delle alleanze nel settore.
Implicazioni legali e strategiche
Dal punto di vista normativo, la collaborazione tra OpenAI e Google avviene in un momento in cui le autorità regolatorie in USA, UE e Asia stanno aumentando la vigilanza sulle pratiche anticoncorrenziali nel settore AI e cloud. La condivisione di risorse hardware tra rivali potrebbe sollevare nuove questioni sulla trasparenza contrattuale, l’accesso equo alle tecnologie abilitanti e la concentrazione del potere tecnologico.
Per OpenAI, questa scelta riflette la volontà di ottimizzare la propria infrastruttura senza rimanere vincolata a un singolo partner, in un’ottica di resilienza e controllo. Per Google, si tratta di un’opportunità per monetizzare i propri investimenti hardware, rafforzare il posizionamento della propria divisione cloud e, indirettamente, influenzare le dinamiche di sviluppo dei modelli concorrenti.
Momento chiave
La collaborazione tra OpenAI e Google nel campo dei chip AI segna un momento chiave nella trasformazione della geopolitica del calcolo. Oltre la retorica della competizione tra Big Tech, emergono logiche ibride di co-esistenza, dove l’interdipendenza tecnologica si intreccia con strategie di differenziazione industriale. Il futuro dell’AI non sarà solo determinato dalla potenza dei modelli, ma anche dalla capacità di accedere, integrare e governare in modo strategico le infrastrutture su cui quei modelli si fondano.