Le dichiarazioni di Open Fiber sul ponte digitale nello Stretto di Messina parlano di un’infrastruttura da record mondiale con una velocità di 8,16 Terabit al secondo. Invece di esaltare dorsali da record, bisognerebbe accelerare la copertura FTTH, eliminare i ritardi e garantire maggiore concorrenza nel settore.
Le dichiarazioni di Open Fiber sul ponte digitale nello Stretto di Messina parlano di un’infrastruttura da record mondiale con una velocità di 8,16 Terabit al secondo, definita come un passo avanti per la digitalizzazione del Sud Italia. Tuttavia, dietro queste affermazioni trionfalistiche e di facciata si nascondono diverse criticità che meritano di essere analizzate.
La velocità dichiarata non significa accesso reale per cittadini e imprese
Gli 8,16 Terabit/s rappresentano solo la capacità massima teorica della dorsale e non la velocità effettiva disponibile per utenti e aziende. Il vero problema in Italia non è la potenza della dorsale, ma la mancanza di fibra ottica capillare nelle città e nei piccoli centri, dove molte persone sono ancora bloccate con connessioni lente o inaffidabili.
Un’infrastruttura inutile senza copertura capillare
Un collegamento ultra-veloce tra Calabria e Sicilia è irrilevante, se nelle città e nei comuni mancano connessioni FTTH (Fiber to the Home). Non è con una dorsale che si chiude il digital divide, ma con investimenti concreti per portare la fibra nelle case e nelle aziende. Ad oggi, la Sicilia ha ancora molte Aree bianche e numerose zone dove la copertura è insufficiente.
Open Fiber continua ad accumulare ritardi nelle aree interne
Se Open Fiber è in grado di realizzare una dorsale con velocità record, perché non ha ancora completato i lavori nelle aree meno servite dell’Italia? I bandi BUL (Banda Ultra Larga), finanziati con fondi pubblici, hanno subito ritardi significativi. La priorità dovrebbe essere portare fibra e internet veloce ai cittadini, non celebrare record infrastrutturali.
Un monopolio mascherato da innovazione
Le dichiarazioni parlano di “rivoluzione digitale”, ma il vero problema è la mancanza di concorrenza. Open Fiber opera in un regime di monopolio di fatto nelle aree finanziate dallo Stato, impedendo l’ingresso di nuovi operatori che potrebbero accelerare la digitalizzazione del Paese. La rete in fibra in Italia dovrebbe essere invece aperta a una vera competizione di mercato, senza un unico player che opera in solitudine ed è quindi libero di rallentare l’innovazione.
Il confronto con l’Europa dimostra che l’Italia è ancora indietro
Mentre si celebrano dorsali da record, la realtà è che Paesi come Francia e Spagna hanno già superato l’Italia nella copertura FTTH per cittadini e imprese. La strategia italiana è stata per anni sbagliata, puntando su soluzioni ibride come FTTC (Fiber to the Cabinet) invece di una copertura completa in fibra ottica.
Le dichiarazioni di queste ore parlano di un grande traguardo tecnologico, ma è fuorviante perché la vera sfida per l’Italia è garantire internet ultra-veloce per tutti. Invece di esaltare dorsali da record, bisognerebbe accelerare la copertura FTTH, eliminare i ritardi e garantire maggiore concorrenza nel settore.
Solo così si potrà parlare davvero di digitalizzazione del Paese.