La startup americana ha inviato con successo dati su blockchain attraverso un satellite, inaugurando un modello di internet orbitale decentralizzato e alternativo all’impero di Elon Musk.
La startup americana Spacecoin ha annunciato di aver completato con successo un esperimento che, se confermato, potrebbe cambiare il modo stesso in cui immaginiamo Internet: per la prima volta, dati registrati su una blockchain hanno lasciato la Terra, viaggiato attraverso un satellite e fatto ritorno integri sul Pianeta, senza passare per infrastrutture terrestri.
Un test tecnico, certo. Ma dietro, c’è una visione dirompente: sfidare l’egemonia di Starlink e proporre una rete decentralizzata, sicura e incensurabile, capace di funzionare dove le connessioni sono troppo costose, inesistenti o controllate da governi autoritari.
David contro Golia orbitale
Il paragone con Starlink è inevitabile. Da un lato, la costellazione di Elon Musk: 8.000 satelliti già operativi, milioni di utenti, un’infrastruttura che rappresenta de facto la più grande rete internet satellitare mai creata. Dall’altro, Spacecoin: un solo satellite attivo, lanciato a dicembre 2024, e tre in arrivo entro la fine del 2025.
La sproporzione è evidente. Ma l’asimmetria numerica non racconta tutta la storia. Starlink è una rete proprietaria e centralizzata: un unico attore decide regole, prezzi e priorità. Spacecoin, invece, vuole costruire un ecosistema aperto, in cui non solo gli utenti finali, ma anche sviluppatori, ONG, operatori locali e partner tecnologici possano partecipare alla rete, gestire nodi e contribuire al suo sviluppo.
È il ritorno a una vecchia idea: Internet come bene comune distribuito, non come servizio chiuso controllato da pochi.
Blockchain nello spazio: un salto concettuale
Il cuore del test non è stato il satellite in sé, ma la combinazione tra orbita e blockchain. Il pacchetto di dati ha viaggiato per oltre 7.000 chilometri — dal Cile alle Azzorre — passando per un microsatellite sviluppato da EnduroSat.
La blockchain ha garantito che ogni transazione fosse verificata contro i registri precedenti, respingendo qualunque tentativo di manomissione. Come spiega il fondatore Tae Oh, “per le persone significa che i dati o i pagamenti inviati non possono essere falsificati, alterati o intercettati da attori malevoli”.
Non è la prima volta che blockchain e spazio si incrociano: J.P. Morgan aveva già testato scambi di valore tra satelliti. Ma la differenza è sostanziale: Spacecoin ha bypassato completamente le reti terrestri, dimostrando la possibilità di un internet orbitale autonomo, immune dai colli di bottiglia fisici e giurisdizionali delle infrastrutture a terra.
Dove serve di più: i margini del mondo
La battaglia per la connettività non si gioca nei grattacieli di New York o di Tokyo, dove la fibra ottica è onnipresente. Si gioca nei villaggi rurali dell’Africa subsahariana, nelle comunità andine, nelle province asiatiche dove l’accesso al web è intermittente o proibitivo. Si gioca anche in quei Paesi dove la connessione è filtrata, censurata o spenta con un interruttore in caso di crisi politica.
È qui che Spacecoin vuole fare la differenza. La sua promessa non è di offrire la banda più veloce, ma di garantire un diritto fondamentale: la possibilità di comunicare, informarsi, pagare senza dipendere da governi o monopoli tecnologici.
La decentralizzazione, in questo senso, diventa un atto di resistenza culturale e politica, oltre che tecnologica.
Il doppio rischio: idealismo e sostenibilità
Il linguaggio di Spacecoin ha il sapore delle origini della rivoluzione blockchain: libertà, inclusione, disintermediazione. Ma la realtà del mercato satellitare è brutale. Lanciare e mantenere satelliti costa miliardi; orchestrare una costellazione richiede logistica, supply chain, accordi governativi, resilienza contro i cyberattacchi.
Il rischio evidente è che Spacecoin resti una nicchia visionaria, un laboratorio affascinante, ma incapace di scalare. D’altra parte, la storia della tecnologia ricorda che spesso i colossi consolidati faticano a reinventarsi, mentre i piccoli, se trovano il modello giusto, possono ridefinire le regole del settore.
La sfida è tutta qui: trasformare la retorica della decentralizzazione in un business sostenibile, capace di attrarre capitali, partner e utenti reali.
Geopolitica dello spazio digitale
La connettività satellitare è ormai un’arma strategica. Lo dimostra il caso dell’Ucraina, dove Starlink è diventato asset militare prima ancora che infrastruttura civile. In un mondo in cui l’informazione è potere, controllare i canali di comunicazione significa esercitare influenza politica e militare.
Spacecoin, con la sua promessa di un internet incensurabile e condiviso, propone un modello che potenzialmente sfugge al controllo sia delle big tech sia degli Stati. Una prospettiva che entusiasma ONG e attivisti, ma che inevitabilmente solleva timori: chi garantisce che la rete non venga usata anche da attori ostili, criminali o terroristici?
La domanda non è se queste reti saranno create, ma chi ne controllerà la governance.
Una corsa che ridisegna il cielo
Con i nuovi nanosatelliti previsti entro la fine del 2025, Spacecoin cercherà di dimostrare che la sua idea non è un’utopia. Ma intanto la corsa allo spazio digitale accelera: oltre a Starlink, ci sono il progetto Kuiper di Amazon, iniziative cinesi e persino piani russi ed europei per costellazioni indipendenti.
Il cielo sopra le nostre teste non è più un vuoto neutro, ma un nuovo campo di battaglia tecnologico e politico. E l’esperimento di Spacecoin ricorda che non solo i giganti hanno voce in capitolo: anche i piccoli possono innovare, se trovano un terreno di differenziazione autentico.
Il cielo digitale tra utopia e realtà
Spacecoin resta minuscola rispetto ai colossi che intende sfidare, ma il suo test ha un valore simbolico enorme: dimostra che l’internet del futuro potrebbe non essere un monopolio orbitale, ma una rete multipolare, resiliente e difficile da spegnere.
La domanda, però, resta aperta: riuscirà l’ideale di decentralizzazione a convivere con le logiche del mercato e con le esigenze di sicurezza globale? O assisteremo all’ennesima parabola di una startup visionaria destinata a infrangersi contro la durezza dei numeri?
Il futuro della rete non si gioca più soltanto sotto i nostri piedi, ma sopra le nostre teste. E il cielo digitale che sta prendendo forma sarà lo specchio dei nostri valori collettivi: centralizzazione o apertura, controllo o libertà, monopolio o condivisione. Spacecoin, con il suo minuscolo satellite, ci ricorda che non è mai troppo presto per scegliere da che parte stare.