Il nuovo processore, più potente dell’H20, ma progettato per restare entro i limiti di esportazione, segna il delicato equilibrio tra strategia industriale, politica commerciale e rivalità tecnologica globale.
Un nuovo chip “B30A” per mantenere il mercato cinese
Nvidia sta sviluppando un nuovo processore dedicato al mercato cinese, provvisoriamente denominato B30A, basato sulla più recente architettura Blackwell. Secondo fonti vicine al progetto, il chip sarà più potente dell’H20, l’unico attualmente autorizzato per l’esportazione, ma avrà comunque limiti per rientrare nei vincoli regolatori statunitensi. Il design a single-die rappresenta un compromesso: garantisce prestazioni competitive pur restando sotto le soglie imposte da Washington. Si tratta di una mossa tattica che consente a Nvidia di preservare una presenza industriale in Cina senza correre rischi di violazione delle regole sul controllo delle esportazioni. La disponibilità di memoria ad alta velocità e la tecnologia NVLink, già presente nei modelli di fascia superiore, evidenziano come Nvidia voglia mantenere un appeal tecnologico anche nei prodotti “ridimensionati” per il mercato cinese.
Washington e i dilemmi regolatori
Il contesto politico resta estremamente complesso. Il presidente Donald Trump, in dichiarazioni recenti, ha aperto la porta a una possibile revisione delle restrizioni, paventando l’ipotesi di permettere la vendita di versioni “ridotte” dei chip più avanzati. Tuttavia, il dibattito interno al Congresso rimane acceso: democratici e repubblicani condividono la preoccupazione che anche versioni scalate dei chip Nvidia possano accelerare i progressi cinesi nell’intelligenza artificiale, in particolare in settori sensibili come la difesa e la cybersicurezza. L’eventuale autorizzazione richiederebbe quindi un bilanciamento delicato tra esigenze di sicurezza nazionale e tutela degli interessi economici delle imprese americane. In questo scenario, la posizione della U.S. Department of Commerce, che ha l’ultima parola sulle licenze di esportazione, sarà decisiva.
Impatto economico e pressione competitiva
La Cina rappresenta un mercato troppo importante per Nvidia: nel 2024 ha generato circa il 13% del fatturato complessivo, pari a miliardi di dollari. Perdere ulteriore terreno in un contesto già segnato dalla concorrenza locale significherebbe lasciare spazio a competitor come Huawei, che ha compiuto rapidi progressi nello sviluppo di chip AI, soprattutto in termini di capacità di calcolo. Tuttavia, analisti osservano che Huawei resta in ritardo sul fronte software e nell’ecosistema di strumenti per sviluppatori, aree dove Nvidia mantiene un vantaggio competitivo significativo. Mantenere un legame tecnologico con i clienti cinesi, anche attraverso versioni limitate dei propri chip, è quindi una strategia difensiva che mira a evitare una migrazione completa verso soluzioni domestiche.
La strategia parallela: RTX6000D per l’inference
Parallelamente al B30A, Nvidia lavora a un chip specifico per il mercato cinese focalizzato sulle operazioni di AI inference, noto come RTX6000D. Il design di questo processore riflette una logica di stretta conformità alle normative: l’uso di memoria GDDR convenzionale e una larghezza di banda di 1.398 GB/s, appena sotto il limite dei 1,4 terabyte imposto dalle regole americane, mostrano chiaramente la volontà di collocarsi al limite delle soglie senza superarle. Questa scelta consente a Nvidia di proporre un prodotto accessibile, con specifiche inferiori rispetto all’H20, ma sufficiente per mantenere un’offerta attiva e legale nel mercato cinese. Le prime forniture sono previste per settembre, un segnale di rapidità esecutiva che dimostra quanto sia alta la posta in gioco.
Geopolitica e diritto dell’innovazione
La questione Nvidia-Cina va letta anche attraverso la lente del diritto dell’innovazione e della geopolitica tecnologica. La tecnologia dei semiconduttori è ormai al centro della rivalità tra Stati Uniti e Cina, considerata un’infrastruttura critica per la supremazia economica e militare del XXI secolo. Le restrizioni americane mirano a preservare il vantaggio competitivo di Washington, ma allo stesso tempo rischiano di accelerare gli sforzi di Pechino per raggiungere l’autosufficienza tecnologica. Nvidia, come altri attori del settore, si trova intrappolata tra questi due poli: da un lato la necessità di rispettare i vincoli legali e normativi statunitensi, dall’altro il bisogno di difendere la propria quota di mercato in Cina, la seconda economia mondiale. La partita, dunque, non riguarda solo la vendita di chip, ma la definizione dei futuri equilibri industriali globali.
Verso un futuro di compromessi e adattamenti
La vicenda del chip B30A e del modello RTX6000D dimostra come le grandi aziende tecnologiche siano costrette a elaborare soluzioni ingegneristiche e commerciali sempre più sofisticate per navigare in un ambiente geopolitico incerto. Nvidia ha scelto la strada della modularità e della differenziazione dei prodotti, calibrando ogni chip per rispondere a mercati e vincoli regolatori diversi. Nel breve termine, questa strategia potrebbe consentirle di preservare i rapporti con i clienti cinesi. Nel lungo termine, resta l’interrogativo: fino a che punto la politica americana sarà disposta a concedere margini di manovra senza compromettere i propri interessi strategici?