Italia e Intelligenza Artificiale Generativa: adozione lenta, gap generazionali e sfiducia nei servizi automatizzati

RedazioneRedazione
| 05/06/2025

Nonostante la diffusione globale della GenAI, solo un italiano su quattro l’ha utilizzata. Un’analisi dei divari per età, istruzione, settore e fiducia nei servizi digitali rivela le criticità strutturali della trasformazione tecnologica nel Paese.

L’intelligenza artificiale generativa – la tecnologia in grado di creare testi, immagini, codici e altri contenuti a partire da comandi testuali (prompt) – rimane, per la gran parte degli italiani, un fenomeno ancora marginale. È quanto emerge dall’ultima Indagine congiunturale sulle famiglie italiane condotta dalla Banca d’Italia tra agosto e settembre 2024.

Secondo il report, solo il 26% degli italiani ha utilizzato strumenti di Gen AI almeno una volta nell’ultimo anno, e appena il 10% ne fa un uso settimanale. Una distanza significativa rispetto al panorama internazionale: negli Stati Uniti, già a febbraio 2024, quasi la metà delle famiglie aveva interagito con questi strumenti secondo i dati della Federal Reserve Bank di New York.

ChatGPT domina (quasi) incontrastato: una questione di notorietà più che di scelta

Tra gli italiani che hanno sperimentato strumenti di intelligenza artificiale generativa, il 79% ha usato ChatGPT di OpenAI. A grande distanza seguono Google Gemini (31%), Microsoft Copilot (5%) e DALL·E (5%). Strumenti emergenti come Claude, Synthesia o Dream Machine risultano quasi sconosciuti.

La concentrazione delle preferenze sembra più correlata alla bassa alfabetizzazione tecnologica generale che a un’effettiva valutazione comparativa tra strumenti.

Una tecnologia per giovani, laureati e lavoratori digitali

L’adozione della Gen AI in Italia presenta divari marcati per genere, età e settore professionale:

  • Il 30% degli uomini ha fatto uso di questi strumenti, contro il 20% delle donne.
  • Tra gli under 35, il tasso di utilizzo sale al 38%, contro appena il 6% negli over 65.
  • Il divario generazionale raggiunge così i 32 punti percentuali netti.

Nel mondo del lavoro, l’utilizzo regolare supera il 56% nel settore ICT, mentre resta sotto il 25% nei servizi scientifici e formativi, ed è praticamente inesistente nei comparti manifatturieri.

L’unico fattore realmente discriminante risulta essere il livello di istruzione: tra i laureati l’utilizzo della Gen AI raggiunge il 36%, contro il 18% tra coloro che possiedono al massimo la licenza media. Il reddito, invece, non appare significativo nella spiegazione delle differenze di adozione.

ChatGPT come alternativa a Google: informazione prima di tutto

Tra gli utenti italiani, l’uso principale della Gen AI è legato alla ricerca di informazioni (75%). Un dato che segnala una trasformazione progressiva dell’esperienza di accesso alla conoscenza, a discapito dei motori di ricerca tradizionali.

Altri usi includono:

  • Assistenza alla scrittura (29%)
  • Attività creative (26%)
  • Intrattenimento (21%)
  • Supporto all’apprendimento (20%)
  • Programmazione (dati marginali)

Fiducia, lavoro e percezioni: l’IA come alleato potenziale, non ancora come sostituto

Il rapporto tra cittadini e Gen AI non è privo di ambivalenze. Tra i lavoratori, le aspettative positive superano i timori:

  • Il 33% prevede un miglioramento della produttività personale
  • Il 27% intravede nuove opportunità professionali
  • Solo il 13% teme concretamente di perdere il proprio lavoro
  • Il 23% immagina un impatto negativo sui salari o sui percorsi di crescita
  • Il 42% teme un deterioramento delle relazioni sul luogo di lavoro.

L’IA è vista più come uno strumento complementare, che come una minaccia esistenziale.

La fiducia resta (quasi) tutta agli esseri umani

Malgrado la crescente esposizione mediatica e la diffusione degli strumenti, la fiducia degli italiani è ancora saldamente orientata verso il fattore umano, soprattutto in ambiti sensibili:

  • 65% degli intervistati si fida più delle persone nei servizi finanziari (contro l’8% che preferisce l’IA)
  • 62% in tema di politiche pubbliche (contro il 12%)
  • In istruzione, la fiducia nella Gen AI sale al 25% (contro il 44% negli esseri umani)
  • Nell’informazione, solo il 20% si affida di più all’IA.

L’unica eccezione parziale è rappresentata dagli addetti ai lavori dei settori finanziario e tecnico-scientifico, dove la fiducia nella Gen AI è superiore di 17 punti percentuali rispetto agli operatori industriali. Un effetto legato presumibilmente alla maggiore familiarità con tecnologie automatizzate.

Italia tra potenziale e ritardo nell’adozione della Gen AI

L’Italia conferma un ritardo strutturale nell’adozione diffusa dell’intelligenza artificiale generativa. A fronte di una crescente attenzione pubblica e un accesso semplificato agli strumenti, permangono ostacoli culturali, generazionali e formativi.

La sfida per i prossimi anni sarà duplice:

  1. Colmare il digital divide educativo, rafforzando la formazione diffusa e interdisciplinare
  2. Progettare modelli di governance dell’IA che promuovano fiducia, trasparenza e inclusione sociale, in settori chiave come lavoro, finanza, educazione e servizi pubblici.

In un contesto europeo sempre più competitivo e polarizzato sull’AI governance, il dato italiano rappresenta un campanello d’allarme, ma anche un’opportunità di ripensamento strategico.

L’articolo qui pubblicato rientra in una collaborazione tra IF-Italia nel Futuro e TRUENUMB3RS, che ci consente di attingere alle sue banche dati.

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