Nonostante la diffusione globale della GenAI, solo un italiano su quattro l’ha utilizzata. Un’analisi dei divari per età, istruzione, settore e fiducia nei servizi digitali rivela le criticità strutturali della trasformazione tecnologica nel Paese.
L’intelligenza artificiale generativa – la tecnologia in grado di creare testi, immagini, codici e altri contenuti a partire da comandi testuali (prompt) – rimane, per la gran parte degli italiani, un fenomeno ancora marginale. È quanto emerge dall’ultima Indagine congiunturale sulle famiglie italiane condotta dalla Banca d’Italia tra agosto e settembre 2024.
Secondo il report, solo il 26% degli italiani ha utilizzato strumenti di Gen AI almeno una volta nell’ultimo anno, e appena il 10% ne fa un uso settimanale. Una distanza significativa rispetto al panorama internazionale: negli Stati Uniti, già a febbraio 2024, quasi la metà delle famiglie aveva interagito con questi strumenti secondo i dati della Federal Reserve Bank di New York.
ChatGPT domina (quasi) incontrastato: una questione di notorietà più che di scelta
Tra gli italiani che hanno sperimentato strumenti di intelligenza artificiale generativa, il 79% ha usato ChatGPT di OpenAI. A grande distanza seguono Google Gemini (31%), Microsoft Copilot (5%) e DALL·E (5%). Strumenti emergenti come Claude, Synthesia o Dream Machine risultano quasi sconosciuti.
La concentrazione delle preferenze sembra più correlata alla bassa alfabetizzazione tecnologica generale che a un’effettiva valutazione comparativa tra strumenti.
Una tecnologia per giovani, laureati e lavoratori digitali
L’adozione della Gen AI in Italia presenta divari marcati per genere, età e settore professionale:
- Il 30% degli uomini ha fatto uso di questi strumenti, contro il 20% delle donne.
- Tra gli under 35, il tasso di utilizzo sale al 38%, contro appena il 6% negli over 65.
- Il divario generazionale raggiunge così i 32 punti percentuali netti.
Nel mondo del lavoro, l’utilizzo regolare supera il 56% nel settore ICT, mentre resta sotto il 25% nei servizi scientifici e formativi, ed è praticamente inesistente nei comparti manifatturieri.
L’unico fattore realmente discriminante risulta essere il livello di istruzione: tra i laureati l’utilizzo della Gen AI raggiunge il 36%, contro il 18% tra coloro che possiedono al massimo la licenza media. Il reddito, invece, non appare significativo nella spiegazione delle differenze di adozione.
ChatGPT come alternativa a Google: informazione prima di tutto
Tra gli utenti italiani, l’uso principale della Gen AI è legato alla ricerca di informazioni (75%). Un dato che segnala una trasformazione progressiva dell’esperienza di accesso alla conoscenza, a discapito dei motori di ricerca tradizionali.
Altri usi includono:
- Assistenza alla scrittura (29%)
- Attività creative (26%)
- Intrattenimento (21%)
- Supporto all’apprendimento (20%)
- Programmazione (dati marginali)
Fiducia, lavoro e percezioni: l’IA come alleato potenziale, non ancora come sostituto
Il rapporto tra cittadini e Gen AI non è privo di ambivalenze. Tra i lavoratori, le aspettative positive superano i timori:
- Il 33% prevede un miglioramento della produttività personale
- Il 27% intravede nuove opportunità professionali
- Solo il 13% teme concretamente di perdere il proprio lavoro
- Il 23% immagina un impatto negativo sui salari o sui percorsi di crescita
- Il 42% teme un deterioramento delle relazioni sul luogo di lavoro.
L’IA è vista più come uno strumento complementare, che come una minaccia esistenziale.
La fiducia resta (quasi) tutta agli esseri umani
Malgrado la crescente esposizione mediatica e la diffusione degli strumenti, la fiducia degli italiani è ancora saldamente orientata verso il fattore umano, soprattutto in ambiti sensibili:
- 65% degli intervistati si fida più delle persone nei servizi finanziari (contro l’8% che preferisce l’IA)
- 62% in tema di politiche pubbliche (contro il 12%)
- In istruzione, la fiducia nella Gen AI sale al 25% (contro il 44% negli esseri umani)
- Nell’informazione, solo il 20% si affida di più all’IA.
L’unica eccezione parziale è rappresentata dagli addetti ai lavori dei settori finanziario e tecnico-scientifico, dove la fiducia nella Gen AI è superiore di 17 punti percentuali rispetto agli operatori industriali. Un effetto legato presumibilmente alla maggiore familiarità con tecnologie automatizzate.
Italia tra potenziale e ritardo nell’adozione della Gen AI
L’Italia conferma un ritardo strutturale nell’adozione diffusa dell’intelligenza artificiale generativa. A fronte di una crescente attenzione pubblica e un accesso semplificato agli strumenti, permangono ostacoli culturali, generazionali e formativi.
La sfida per i prossimi anni sarà duplice:
- Colmare il digital divide educativo, rafforzando la formazione diffusa e interdisciplinare
- Progettare modelli di governance dell’IA che promuovano fiducia, trasparenza e inclusione sociale, in settori chiave come lavoro, finanza, educazione e servizi pubblici.
In un contesto europeo sempre più competitivo e polarizzato sull’AI governance, il dato italiano rappresenta un campanello d’allarme, ma anche un’opportunità di ripensamento strategico.