La Commissione Europea prepara nuove accuse e sanzioni giornaliere fino al 5% del fatturato globale per il presunto mancato rispetto del Digital Markets Act da parte di Meta. Il gigante tecnologico ribadisce la conformità.
Meta Platforms, la holding che controlla Facebook, Instagram e WhatsApp, si trova al centro di una nuova ondata di tensioni con la Commissione Europea. Secondo fonti dirette riportate da Reuters, l’azienda statunitense non prevede ulteriori modifiche al proprio controverso modello “pay-or-consent”, rendendo quasi inevitabili nuove accuse formali da parte dell’antitrust UE e possibili sanzioni economiche giornaliere di grande entità.
La questione del modello “pay-or-consent”
Il modello “paga o acconsenti” introdotto da Meta ha sollevato preoccupazioni tra le autorità europee già dal novembre 2023. Gli utenti della piattaforma devono scegliere se pagare per utilizzare i servizi senza pubblicità o acconsentire all’uso dei propri dati per ricevere pubblicità personalizzata. La Commissione europea ha ritenuto questo meccanismo non conforme alle regole del Digital Markets Act (DMA), entrato in vigore proprio nel 2023 per regolare i comportamenti dei cosiddetti gatekeeper digitali.
Dopo una prima sanzione di 200 milioni di euro inflitta nell’aprile 2025 per la mancata conformità tra novembre 2023 e novembre 2024, Meta ha apportato modifiche minime al proprio modello, riducendo l’utilizzo di dati personali per la pubblicità. Tuttavia, tali modifiche sono state giudicate insufficienti dalla Commissione, che ha minacciato l’imposizione di multe giornaliere.
Nuove accuse e potenziali sanzioni
Le fonti indicano che, salvo cambiamenti dell’ultima ora, Bruxelles si prepara a formalizzare nuove accuse entro poche settimane. In caso di non conformità continuata, Meta rischia sanzioni giornaliere fino al 5% del fatturato medio mondiale, calcolate a partire dal 27 giugno 2025. Con un giro d’affari globale di centinaia di miliardi di dollari, la sanzione potenziale si collocherebbe nell’ordine di milioni di euro al giorno.
La posizione dell’azienda è chiara: Meta sostiene di essere già in linea con gli obblighi imposti dal DMA e accusa la Commissione di adottare un approccio discriminatorio nei confronti del suo modello di business, ritenendo di offrire più opzioni agli utenti europei di quanto richiesto dalla normativa.
Implicazioni economiche e geopolitiche
Il caso Meta-DMA rappresenta un punto di svolta nel dibattito globale sulla regolamentazione delle Big Tech. Mentre gli Stati Uniti difendono la flessibilità e l’autonomia dei modelli di business digitali, l’Unione Europea adotta una linea normativa rigida a tutela della concorrenza e della privacy dei cittadini. Il braccio di ferro tra Bruxelles e i colossi americani si inserisce così in un contesto di crescente frammentazione regolatoria globale, con potenziali ricadute su investimenti, scelte tecnologiche e dinamiche di mercato.
La mancata convergenza
La mancata convergenza tra Meta e le istituzioni europee evidenzia un contesto di forte tensione tra innovazione e regolamentazione. La scelta di mantenere il modello attuale senza ulteriori concessioni potrebbe costare molto cara al gruppo guidato da Mark Zuckerberg, non solo in termini economici, ma anche di reputazione e penetrazione nel mercato europeo. Il caso si profila come un banco di prova fondamentale per l’efficacia del Digital Markets Act e per il futuro assetto della governance digitale transatlantica.