Meta Platforms sotto la lente dell’UE: il modello “pay-or-consent” rischia sanzioni a partire dal 27 giugno 2025

RedazioneRedazione
| 27/06/2025
Meta Platforms sotto la lente dell’UE: il modello “pay-or-consent” rischia sanzioni a partire dal 27 giugno 2025

La Commissione Europea valuta insufficienti le modifiche apportate da Meta alla sua strategia di monetizzazione dei dati: possibili penalità periodiche in vista. Focus su implicazioni normative, finanziarie e geopolitiche di una sfida tra innovazione digitale e regolazione antitrust.

Il modello “pay-or-consent” adottato da Meta Platforms a partire da novembre 2024 continua a sollevare preoccupazioni presso le autorità antitrust europee. Secondo quanto dichiarato dalla Commissione Europea, le modifiche recentemente apportate dalla società americana non sono, allo stato attuale, considerate sufficienti per garantire la piena conformità con l’ordine correttivo emesso nel contesto delle indagini antitrust dell’UE.

La portavoce della Commissione ha specificato via e-mail: “Con questo in mente, considereremo i prossimi passi, incluso il richiamo al fatto che la non conformità continua potrebbe comportare l’applicazione di penalità periodiche a partire dal 27 giugno 2025, come indicato nella decisione di non conformità.”

La natura del modello “pay-or-consent”

La strategia implementata da Meta prevede che gli utenti dei servizi Facebook e Instagram all’interno dell’UE possano scegliere se accettare la profilazione pubblicitaria oppure pagare un abbonamento mensile per utilizzare le piattaforme senza pubblicità personalizzata. Tale modello, pur sostenuto da Meta come una misura di conformità al Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati (GDPR), è stato oggetto di forte scrutinio da parte delle istituzioni comunitarie.

Il nodo giuridico: consenso libero o mascherato?

Al centro della disputa c’è la nozione di “consenso libero” così come definito dalla normativa europea. Secondo l’European Data Protection Board (EDPB), un consenso è valido solo se l’utente può negarlo senza subire conseguenze sproporzionate. Il pagamento richiesto da Meta per evitare la profilazione solleva dunque il dubbio che si tratti di una forma di consenso coercitivo, violando potenzialmente l’articolo 6 e 7 del GDPR.

Dal punto di vista giuridico, si tratta di un test fondamentale sull’applicabilità del diritto della concorrenza in relazione alla regolamentazione dei dati personali: il modello “pay-or-consent” si colloca infatti all’intersezione fra privacy, mercato digitale e libertà di scelta del consumatore.

Implicazioni finanziarie e industriali

Le conseguenze economiche per Meta potrebbero essere significative. Le penalità previste dal Digital Markets Act (DMA) possono raggiungere fino al 10% del fatturato globale annuo, e fino al 20% in caso di recidiva. Per una società con ricavi annuali superiori ai 130 miliardi di dollari, si parla di potenziali sanzioni multi-miliardarie.

Tuttavia, la questione va oltre le cifre. Il modello di business basato sulla raccolta e l’elaborazione massiva dei dati personali è la spina dorsale dell’ecosistema pubblicitario digitale. Una regolamentazione più stringente dell’UE potrebbe non solo impattare sui conti di Meta, ma ridefinire gli equilibri globali dell’industria tecnologica, spingendo altre big tech — da Google ad Amazon — a rivedere i propri modelli operativi.

Geopolitica e politica industriale europea

In un contesto in cui l’Europa mira a rafforzare la propria sovranità digitale, il caso Meta assume anche una valenza geopolitica. Le istituzioni europee vogliono dimostrare che il mercato unico è capace di imporre regole ai colossi extraeuropei, promuovendo al contempo una trasformazione del modello industriale digitale in linea con valori come la tutela dei diritti fondamentali, la concorrenza leale e l’innovazione sostenibile.

Il Digital Markets Act e il Digital Services Act rappresentano in questo senso non solo strumenti giuridici, ma anche leve strategiche di politica industriale per contrastare l’asimmetria di potere fra Stati e piattaforme.

Prospettive future

Nelle prossime settimane la Commissione potrebbe avanzare una nuova richiesta formale di adeguamento o avviare la procedura per l’imposizione delle penalità previste. Parallelamente, si attende una possibile pronuncia della Corte di Giustizia dell’UE che potrebbe consolidare l’interpretazione del principio di “consenso libero” nel contesto dei servizi digitali a pagamento.

Nel frattempo, Meta sembra voler mantenere una linea attendista, apportando solo modifiche minime al proprio sistema di gestione del consenso. Una strategia che potrebbe rivelarsi rischiosa, sia sotto il profilo giuridico sia reputazionale, nel lungo periodo.

Il confronto tra Meta Platforms e l’Unione Europea rappresenta un caso emblematico della complessa interazione fra innovazione tecnologica e regolazione. Al centro del dibattito non vi è solo la protezione dei dati personali, ma il futuro stesso del capitalismo digitale, dei modelli di monetizzazione e del ruolo delle istituzioni pubbliche nel garantire mercati equi, trasparenti e rispettosi dei diritti fondamentali.

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"Sono le cose imperfette, le illusioni rammendate, i sogni sbriciolati nelle pozzanghere, i bicchieri spaiati, le finestre chiuse che si riaprono col vento; sono le cose imperfette, sai, che lasciano improvvisamente passare la luce"

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