L’ONU taglia il meteo: crisi di bilancio alla WMO, anche gli Stati Uniti tra i morosi

RedazioneRedazione
| 24/10/2025
L’ONU taglia il meteo: crisi di bilancio alla WMO, anche gli Stati Uniti tra i morosi

La World Meteorological Organization si prepara a tagliare personale e ridurre i costi, mentre oltre 60 Paesi — inclusi gli Stati Uniti — ritardano i pagamenti delle quote annuali.

Il debito globale verso l’agenzia meteorologica ONU supera i 48 milioni di franchi svizzeri. Una crisi finanziaria che arriva mentre il pianeta affronta i peggiori disastri climatici della storia moderna.

La crisi silenziosa dell’agenzia che monitora il clima globale

In un paradosso che riflette le tensioni del nostro tempo, l’agenzia delle Nazioni Unite incaricata di coordinare i dati climatici mondiali rischia di rimanere senza risorse proprio mentre il cambiamento climatico accelera.
La World Meteorological Organization (WMO), nata nel 1951 per unire i servizi meteorologici nazionali, ha annunciato una revisione drastica del proprio organico e delle priorità operative a causa dei ritardi nei pagamenti da parte di numerosi Stati membri.

Secondo documenti interni visionati da Reuters, la WMO prevede il taglio di 26 posizioni e la riduzione significativa delle spese di viaggio e di ricerca.
Il debito complessivo dei Paesi membri ammonta oggi a circa 48 milioni di franchi svizzeri (oltre 60 milioni di dollari), una cifra pari a due terzi del bilancio annuale dell’organizzazione.

“Dobbiamo assicurarci di essere pronti ad affrontare il futuro con risorse adeguate” ha dichiarato la portavoce Clare Nullis durante un briefing a Ginevra.

Gli Stati Uniti tra i principali debitori

A guidare la lista dei Paesi morosi c’è proprio Washington, con un debito superiore ai 30 milioni di franchi svizzeri (circa 38 milioni di dollari).
Il Dipartimento di Stato americano non ha commentato la notizia, ma la posizione riflette una tendenza consolidata: gli Stati Uniti sono sempre più riluttanti a sostenere economicamente le agenzie multilaterali ONU.

Durante la presidenza di Donald Trump, Washington ha già ritirato o ridotto i propri contributi a diverse istituzioni internazionali — dall’OMS al Fondo Verde per il Clima — e ha abbandonato il Patto di Parigi sul clima, poi rientrato sotto l’amministrazione successiva.
Trump, oggi di nuovo alla Casa Bianca, ha spesso definito le agenzie ONU “inefficienti e dispendiose”, accusandole di non tutelare gli interessi americani.

Per la WMO, tuttavia, l’assenza di fondi statunitensi rischia di tradursi in un rallentamento dei sistemi di allerta precoce per eventi meteorologici estremi, in particolare nei Paesi in via di sviluppo.

Un taglio nel momento peggiore possibile

La decisione di ridurre il personale arriva in un periodo di emergenze climatiche senza precedenti.
Nel solo 2025, tempeste tropicali e ondate di calore hanno causato migliaia di vittime e danni economici superiori ai 200 miliardi di dollari, secondo stime della stessa WMO.

Molti Paesi dell’Africa, dell’Asia meridionale e dell’America Latina dipendono dai sistemi di allerta meteorologica internazionale per prepararsi a uragani, inondazioni e siccità.
Tagliare fondi proprio ora significa indebolire una delle poche reti globali in grado di salvare vite umane prima che il disastro colpisca.

“La mancanza di finanziamenti non è solo un problema contabile, ma una questione di sicurezza globale”
ha commentato Jean-Pierre Besson, climatologo francese ed ex consulente ONU. “Ogni allarme mancato può trasformarsi in centinaia di vite perdute”.

L’uso dell’intelligenza artificiale come via di salvezza

Nonostante la crisi, la WMO non intende rinunciare all’innovazione.
A partire da gennaio 2026, una task force internazionale rivedrà le priorità operative dell’agenzia, esplorando nuove opportunità tecnologiche come l’uso dell’intelligenza artificiale nella previsione meteorologica.

Le reti di machine learning e i modelli predittivi avanzati stanno già rivoluzionando il modo in cui vengono elaborate le informazioni climatiche, consentendo di anticipare uragani e ondate di calore con maggiore precisione e rapidità.

Tuttavia, senza fondi adeguati, anche le migliori tecnologie rischiano di restare sulla carta.

La crisi di fiducia nel multilateralismo climatico

La crisi della WMO si inserisce in un quadro più ampio: quello di un progressivo indebolimento del multilateralismo climatico.
Dopo l’euforia iniziale degli Accordi di Parigi del 2015, il panorama internazionale appare oggi frammentato e disilluso.
Molti governi, sotto la pressione delle crisi economiche e geopolitiche, stanno riducendo gli impegni finanziari e politici in materia ambientale.

L’atteggiamento degli Stati Uniti, unito alla disattenzione di diversi Paesi emergenti, rischia di innescare un effetto domino su scala globale.
Se la principale agenzia meteorologica mondiale è costretta a tagliare posti di lavoro per mancanza di fondi, che fiducia può ispirare la governance climatica internazionale?

Tra politica e sopravvivenza

In termini pratici, la riduzione del personale e dei progetti di cooperazione potrebbe rallentare la condivisione di dati meteorologici tra Paesi, rendendo più difficile prevedere eventi estremi.
Eppure, paradossalmente, è proprio la WMO a essere una delle istituzioni più essenziali per affrontare l’instabilità climatica e geopolitica del XXI secolo.

“Non possiamo combattere il cambiamento climatico se smettiamo di misurarlo” ha dichiarato una fonte diplomatica europea. “Tagliare la WMO oggi è come spegnere il radar in mezzo a una tempesta”.

La meteorologia come metafora del mondo che cambia

La crisi finanziaria della WMO è più di una vicenda amministrativa: è una metafora della fragilità del sistema internazionale di fronte al cambiamento climatico.
Mentre il pianeta affronta uragani più violenti, incendi più vasti e siccità più lunghe, la macchina globale della prevenzione scricchiola per mancanza di risorse e di visione politica.

Il futuro della meteorologia mondiale — e, in larga parte, della capacità dell’umanità di prevedere e prevenire il disastro — dipenderà da una semplice scelta: continuare a rinviare i pagamenti, o tornare a investire nella scienza come bene comune globale.

Perché se non si può fermare la tempesta, almeno si può imparare a vederla arrivare.

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