L’onda cinese travolge l’Europa: BYD, Jaecoo e MG superano Renault e Audi

| 24/09/2025
L’onda cinese travolge l’Europa: BYD, Jaecoo e MG superano Renault e Audi

Ad agosto i marchi cinesi hanno venduto più auto di Renault e Audi, trainati dal boom delle ibride plug-in. Un segnale che va oltre i numeri: l’equilibrio industriale europeo vacilla sotto la spinta di BYD, Jaecoo e MG

Per decenni l’Europa è stata il cuore pulsante dell’automobile mondiale, culla di marchi iconici e innovazione ingegneristica. Ma i dati di agosto raccontano un’altra storia: i costruttori cinesi hanno superato Renault e Audi nelle vendite sul mercato europeo. È più di un sorpasso commerciale: è il campanello d’allarme di una trasformazione che mette in discussione la leadership di un intero continente.

I numeri che ridisegnano il mercato

Secondo i dati di JATO Dynamics, i marchi cinesi hanno raggiunto una quota del 5,5% del mercato europeo con oltre 43.500 immatricolazioni, un aumento del 121% rispetto allo stesso mese del 2024. Con questo balzo, hanno superato le 41.300 unità di Audi e le 37.800 di Renault, due colonne portanti dell’industria automobilistica europea.

Non si tratta di un’anomalia statistica: è il riflesso di una tendenza strutturale. Il mercato europeo, storicamente impermeabile ai marchi stranieri salvo rare eccezioni giapponesi, sta diventando terreno fertile per i costruttori cinesi, capaci di unire aggressività commerciale, prezzi competitivi e una crescente capacità di adattamento ai gusti locali.

Il boom delle ibride plug-in

La chiave di questo successo è il segmento delle ibride plug-in (PHEV). Ad agosto, le vendite di PHEV in Europa sono cresciute del 59%, sfiorando le 84.000 unità. All’interno di questo boom, i marchi cinesi hanno fatto registrare un exploit impressionante: 11.000 veicoli venduti, quattordici volte in più rispetto al 2024.

Modelli come la BYD Seal U, la Jaecoo J7 di Chery e la MG HS della cinese SAIC sono entrati nella top ten europea delle più vendute. Non si tratta solo di macchine a buon prezzo: sono vetture pensate per consumatori pragmatici, che cercano un’alternativa accessibile all’elettrico puro, ancora percepito come costoso e legato a infrastrutture di ricarica insufficienti.

Le PHEV offrono il compromesso perfetto: autonomia senza ansie, minori emissioni rispetto al motore tradizionale e la possibilità di sperimentare gradualmente la mobilità elettrica.

Tesla, regina in affanno

Il mercato delle auto elettriche pure (BEV) continua a crescere: ad agosto le vendite sono salite del 27%, ben oltre il +5% del mercato auto complessivo. Ma dietro questa crescita si cela un dato che fa rumore: le immatricolazioni della Tesla Model Y, leader di categoria, sono crollate del 37% rispetto all’anno precedente.

La parabola della Model Y dimostra che il dominio di Tesla non è inattaccabile. L’arrivo di nuovi concorrenti, in particolare dalla Cina, sta ridefinendo le dinamiche di un segmento che fino a poco tempo fa sembrava blindato sotto il marchio californiano. La forza dei rivali non è solo nel prezzo: è nella rapidità con cui sanno adattarsi alle esigenze dei consumatori europei, presentando un mix di tecnologie avanzate e accessibilità economica.

La strategia cinese: penetrare oggi, consolidare domani

Il successo dei marchi cinesi in Europa non è improvvisato. È il frutto di una strategia di lungo periodo: esportare in massa oggi, costruire stabilimenti domani.

BYD, che compete ormai con Tesla per la leadership globale dell’elettrico, ha annunciato che entro il 2028 tutti i veicoli destinati al mercato europeo saranno prodotti localmente. Questo significa non solo aggirare i dazi europei sulle auto importate dalla Cina, ma anche legarsi al tessuto industriale e sociale europeo, creando posti di lavoro e relazioni politiche che renderanno sempre più difficile arginare la loro avanzata.

È un approccio pragmatico: prima conquistare il consumatore, poi conquistare la legittimità politica.

Europa: un gigante sotto pressione

Il sorpasso di agosto rappresenta un campanello d’allarme per l’industria europea, già alle prese con sfide enormi. Da un lato ci sono normative ambientali sempre più stringenti e la necessità di investire miliardi nell’elettrificazione; dall’altro, l’aumento dei costi energetici e delle materie prime.

In questo contesto, i costruttori europei appaiono rallentati rispetto alla rapidità e alla flessibilità dei concorrenti cinesi. Non è solo questione di prezzi: è una battaglia di filiere, di approvvigionamento di materie prime critiche per le batterie e di capacità di innovazione. L’Europa, che ha costruito la propria identità economica sull’automobile, rischia di perdere terreno proprio nel momento in cui si gioca la più grande trasformazione industriale del secolo.

Il parere degli analisti

«C’è stata una forte domanda di BEV in agosto», spiega Felipe Munoz, analista di JATO Dynamics. «Tuttavia, un aumento del 27% è meno significativo di quanto sembri, se si considera il livello di promozioni e incentivi attivi».

Il commento sottolinea un punto cruciale: gran parte della crescita europea nel settore elettrico è alimentata da politiche pubbliche e incentivi, più che da una domanda spontanea e consolidata. In un simile contesto, i costruttori cinesi, abituati a mercati iper-competitivi e a margini ridotti, sembrano avere un vantaggio naturale.

La sovranità industriale a rischio

Il sorpasso dei marchi cinesi su Renault e Audi non è un episodio isolato. È un sintomo di un riequilibrio industriale globale. L’Europa si trova davanti a una domanda cruciale: saprà reagire con investimenti, innovazione e una strategia comune, oppure assisterà passivamente al declino di un settore che ha definito per decenni la sua identità economica e sociale?

Non è solo una questione di vendite mensili. È il futuro della sovranità industriale europea che si gioca sulle strade del continente. Se l’auto è stata il simbolo del Novecento europeo, il rischio oggi è che il simbolo del XXI secolo — la mobilità elettrica — porti un badge cinese.

Il tempo per reagire non è infinito. E forse l’agosto 2025 verrà ricordato come il mese in cui l’Europa ha scoperto di non essere più al volante della sua stessa industria automobilistica.

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