L’intelligenza che consuma: il futuro elettrico dell’AI tra algoritmi, reti globali e promesse di efficienza

| 16/04/2025
L’intelligenza che consuma: il futuro elettrico dell’AI tra algoritmi, reti globali e promesse di efficienza

Entro il 2030, i data center alimentati da intelligenza artificiale potrebbero arrivare a consumare tanta elettricità quanto l’intero Giappone. Un’indagine tra stime, rischi e soluzioni possibili di un mondo digitale sempre più affamato.

L’elettricità come linfa vitale dell’era algoritmica

C’era un tempo in cui la potenza dell’intelligenza veniva misurata in termini umani: logica, creatività, astrazione. Oggi, nel regno dell’intelligenza artificiale, il genio ha un altro carburante: l’elettricità. Dove si genera conoscenza digitale, si consuma energia reale — e molta.

Secondo l’International Energy Agency (IEA), entro il 2030 i soli data center potrebbero superare i 945 terawattora all’anno in consumo elettrico, più dell’intero fabbisogno energetico del Giappone contemporaneo (IEA, 2024). Una cifra imponente, ma non difficile da comprendere: ogni prompt inviato, ogni immagine generata, ogni modello addestrato è il frutto di miliardi di calcoli, e ogni calcolo ha un prezzo fisico e ambientale.

Se questa informazione ci appare inquietante, è perché siamo solo all’inizio di una nuova era: quella in cui la mente artificiale si afferma come nuovo soggetto industriale, culturale, sociale. E come ogni soggetto che pensa, essa ha bisogno di alimentarsi. Non di pane, come gli uomini, ma di volt, di ampere, di calore dissipato.

Oggi i colossi dell’AI generativa — da OpenAI a Google DeepMind, da Anthropic a Meta — costruiscono data center da miliardi di dollari, ciascuno dei quali ospita decine di migliaia di GPU ad alte prestazioni. Nvidia, regina indiscussa del settore, non produce solo chip, ma energia incarnata sotto forma di transistor, un nuovo tipo di infrastruttura cognitiva globale.

Il peso (energetico) dei pensieri artificiali

L’intelligenza ha sempre avuto un costo. Ma mai, nella storia umana, il pensiero è stato così esigente dal punto di vista termodinamico. Negli Stati Uniti, secondo l’IEA, la metà dell’aumento della domanda elettrica da qui al 2030 sarà imputabile esclusivamente ai data center (IEA, 2024). E questo non tiene ancora conto della crescita globale.

Ma la questione non è solo quantitativa. Si tratta anche di capire quando e come l’energia è richiesta. Le reti elettriche sono sistemi fragili e dinamici, progettati per equilibrare la domanda e l’offerta in tempo reale. L’ascesa dell’AI rompe questo equilibrio.

Come ha dichiarato la professoressa Melissa Lott (Columbia University Climate School) in una recente audizione al Congresso USA, la rete elettrica statunitense necessita già oggi di investimenti urgenti, a prescindere dalla crescita dell’intelligenza artificiale. “La previsione di un aumento così rapido della domanda rende questi investimenti ancora più urgenti e necessari” (Lott, 2024).

La sfida, dunque, non è solo generare più energia, ma modernizzare le reti, evitare i blackout, ridurre la dipendenza da combustibili fossili. Una sfida che si intreccia con il rischio, reale, che per soddisfare l’AI si torni a costruire centrali a gas, rafforzando la spirale del cambiamento climatico.

Il recente studio di Ohalete et al. (2023) mette a fuoco queste contraddizioni. L’uso massivo di AI nei sistemi industriali, se non gestito in modo ottimale, rischia di aumentare il fabbisogno energetico senza restituire miglioramenti proporzionali in termini di efficienza. “Il bilancio complessivo — avvertono gli autori — dipende dalla capacità di integrare AI, IoT e ottimizzazione algoritmica con una progettazione sostenibile” (Ohalete et al., 2023).

Reti intelligenti e flessibili: l’AI può auto-ripararsi?

Eppure, come spesso accade con la tecnologia, ciò che da un lato crea un problema, dall’altro può contenere la chiave della soluzione. È questa la scommessa sulla quale oggi si investono miliardi: l’intelligenza artificiale potrà migliorare — e non solo aggravare — l’efficienza energetica del mondo?

In primo luogo, l’AI può ottimizzare la produzione e il consumo di energia attraverso tecniche di machine learning applicate alla gestione delle smart grid. La previsione dei picchi, la regolazione dinamica dei carichi, la manutenzione predittiva: tutto questo può diventare più efficiente grazie agli algoritmi (Szczepaniuk, 2022).

In secondo luogo, emerge un’idea ancora più rivoluzionaria: l’AI può diventare un carico flessibile. A differenza di un’acciaieria o di un impianto chimico, un sistema AI può essere sospeso temporaneamente — se l’infrastruttura lo consente — per ridurre la pressione sulla rete, nei momenti di stress (Duke University, 2023). Questo apre la porta a un nuovo paradigma energetico: i data center non solo consumatori, ma anche attori attivi della stabilità di rete.

Infine, ci sono le applicazioni nei settori dell’edilizia, dei trasporti e dell’industria. Lo studio di Ohalete et al. (2023) documenta come algoritmi di deep learning e reti neurali siano già utilizzati per ottimizzare la climatizzazione di edifici intelligenti, ridurre gli sprechi nelle fabbriche, migliorare la produzione solare e il funzionamento delle batterie. La condizione, però, è chiara: “L’adozione deve essere consapevole, supportata da infrastrutture adeguate e regolata da policy ambientali coerenti” (Ohalete et al., 2023).

Etica, innovazione e governance: quale intelligenza per quale futuro?

Nel mondo moderno, in cui ogni nuova tecnologia è celebrata come salvezza e sospettata come minaccia, la questione dell’etica energetica dell’intelligenza artificiale assume contorni sempre più urgenti. Non è più solo una domanda per ingegneri o climatologi: è una questione sociale, politica, e perfino filosofica. Quale prezzo siamo disposti a pagare, in termini ambientali e infrastrutturali, per un assistente virtuale più preciso, un modello linguistico più umano, un’immagine generata in meno di un secondo?

Ohalete et al. (2023) avanzano, come ricercatori, una riflessione lucida: l’espansione dell’AI dev’essere accompagnata da un nuovo patto regolatorio, in cui la sostenibilità diventa parte integrante del design algoritmico. Non si può più progettare l’AI ignorando il suo impatto energetico, così come non si può costruire un’automobile senza considerare le emissioni. “Serve un’alleanza tra ingegneria e politica, tra etica e progettazione tecnica” (Ohalete et al., 2023).

Alcune proposte emergono con forza. In Europa si discute già della possibilità di etichettare gli algoritmi in base al loro “costo energetico”, così come si fa per gli elettrodomestici. A livello industriale, cresce l’interesse verso l’adozione di standard ISO green-by-design per le architetture AI. Ma tutto questo richiede una cosa prima di tutto: trasparenza.

Nel mondo dell’AI, la maggior parte dei modelli sono scatole nere — energeticamente opache. Non sappiamo quanta energia consumino effettivamente, quanta venga impiegata per l’addestramento, quanta per l’inferenza. E senza dati, non c’è governance possibile. È per questo che i ricercatori di Sheffield Hallam e Kennesaw State, nel loro studio congiunto, sottolineano l’importanza di sviluppare modelli “white-box” che consentano una stima trasparente e verificabile del consumo energetico delle applicazioni AI (Ohalete et al., 2023).

La posta in gioco è alta. In un mondo in cui l’AI sarà sempre più centrale per prendere decisioni — dalle diagnosi mediche alla gestione dei trasporti, dalla sicurezza nazionale alla finanza — controllare chi possiede l’energia per far funzionare l’AI equivarrà, in parte, a un controllo di potere.

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