L’impatto dei riassunti AI di Google: il traffico verso i siti web crolla fino al 50%

| 24/07/2025
L’impatto dei riassunti AI di Google: il traffico verso i siti web crolla fino al 50%

Una nuova ricerca del Pew Research Center rivela le conseguenze economiche e sistemiche dell’adozione dell’intelligenza artificiale generativa nei motori di ricerca. Il modello open web rischia una trasformazione irreversibile.

Secondo un recente studio del Pew Research Center, i riassunti generati dall’intelligenza artificiale nelle ricerche Google (AI Overviews) stanno incidendo pesantemente sul comportamento degli utenti e, di conseguenza, sul traffico di referral verso i siti web. Lo studio ha analizzato le abitudini di 900 utenti adulti statunitensi nel marzo 2025, rilevando che solo l’8% delle volte gli utenti hanno cliccato su risultati tradizionali quando era presente un riepilogo AI, rispetto al 15% in assenza dello stesso.

Ancora più rilevante, solo l’1% degli utenti ha cliccato su uno dei link citati nei riassunti AI stessi. Questo dato suggerisce che, pur riconoscendo le fonti, Google sta fungendo da punto di arrivo e non di partenza per l’esperienza informativa dell’utente.

Cresce il tasso di abbandono delle sessioni di ricerca

La presenza di riepiloghi generati da AI è risultata correlata a una più alta probabilità che gli utenti abbandonino del tutto la sessione di ricerca, invece di esplorare ulteriori contenuti. Il tasso di interruzione è stato del 26% con riepilogo AI, contro il 16% nei casi di risultati tradizionali. In altre parole, l’utente tende a ritenere esaustiva la risposta AI e non prosegue verso le fonti, riducendo l’interazione con l’ecosistema informativo del web.

Questo scenario costituisce un cambio di paradigma per il modello economico dell’informazione digitale, basato storicamente sul principio del click-through e della visibilità come leva per la monetizzazione pubblicitaria.

Le implicazioni economiche e legali per l’editoria digitale

Secondo i dati di BrightEdge, pur a fronte di un aumento delle impressioni del 49% su Google, il tasso di clic (CTR) è calato del 30% su base annua. Il traffico organico, principale canale di acquisizione per centinaia di migliaia di testate giornalistiche, blog e piattaforme educative, sta subendo una contrazione misurabile e preoccupante.

Diversi editori hanno pubblicamente denunciato questo trend. La testata The Register ha titolato: “Google sta seppellendo il web vivo”, mentre altre fonti parlano apertamente di “espropriazione digitale”. Si tratta di contenuti creati, indicizzati, ma non più veicolati in modo diretto: l’AI di Google li riassume, li presenta, ma non incentiva a visitarli.

Dal punto di vista giuridico, si aprono nuove questioni su copyright, licenze, fair use e trasparenza algoritmica, soprattutto in ottica di compliance con regolamenti come il Digital Services Act e il futuro AI Act europeo.

Le Big Tech e il controllo del valore informativo

La funzione AI Overviews è stata lanciata ufficialmente nel maggio 2024, ed è stata utilizzata, secondo Google, da oltre un miliardo di utenti. L’azienda sostiene che la funzionalità offre un vantaggio all’utente, permettendo di comprendere rapidamente l’essenza di un argomento. Tuttavia, ciò alimenta un modello in cui la visibilità dei contenuti non è più legata alla visita del sito originario, ma all’efficacia sintetica dell’output generato da Google.

Questa dinamica genera asimmetrie di potere tra i fornitori di contenuti e le piattaforme, con la seconda che diventa intermediario esclusivo del valore, disintermediando economicamente e editorialmente chi i contenuti li produce.

Tentativi di ripensare l’economia del web

Alcuni attori del settore stanno reagendo. Ad esempio, Cloudflare ha proposto l’introduzione di infrastrutture a pagamento per l’accesso dei crawler AI: una sorta di toll road digitale in cui le aziende AI devono compensare gli editori per l’uso dei loro contenuti a fini di addestramento e sintesi.

In parallelo, emergono discussioni su forme di remunerazione equa, labeling obbligatorio dei contenuti sintetici, e modelli alternativi di discovery, tra cui piattaforme decentralizzate o ecosistemi informativi verticali.

Geopolitica della conoscenza e modelli di governance

A livello geopolitico, il tema si inserisce in un dibattito più ampio sul futuro del web aperto. Mentre l’Europa e parte dell’Asia stanno spingendo per modelli di regolazione che tutelino pluralismo, accesso e sostenibilità economica dell’informazione, le Big Tech statunitensi avanzano con soluzioni integrate e proprietarie che ridefiniscono l’architettura cognitiva del web.

Chi controlla l’interfaccia di accesso alla conoscenza – oggi sempre più rappresentata dall’AI – controlla anche i flussi di valore e di attenzione. Il rischio sistemico è una progressiva marginalizzazione degli attori editoriali indipendenti, in un contesto già fragile per la sostenibilità economica dei media.

Ridefinire l’architettura dell’informazione digitale

Lo studio del Pew Research Center offre dati concreti su un fenomeno che rischia di ristrutturare profondamente il modello economico e informativo di Internet. L’intelligenza artificiale generativa, se non accompagnata da nuove regole di equità e redistribuzione del valore, potrebbe tradursi in un “default cognitivo” del web aperto.

Per editori, policymaker, investitori e sviluppatori, la sfida è urgente: ridefinire l’architettura dell’informazione digitale, salvaguardando l’equilibrio tra innovazione tecnologica, diritto d’autore, pluralismo e sostenibilità economica.

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