Dopo sei anni di dibattiti, i ministri delle Finanze dell’UE cercano un accordo per lanciare un euro digitale garantito dalla BCE. L’obiettivo è ridurre la dipendenza dai circuiti statunitensi e rafforzare l’autonomia strategica europea nei pagamenti.
A Bruxelles lo chiamano “digital euro”, ma dietro questa formula tecnica si nasconde molto più di un portafoglio elettronico. È la sfida dell’autonomia finanziaria europea. Per anni il progetto è rimasto intrappolato in tavoli di lavoro, rallentato da diffidenze politiche e resistenze bancarie. Oggi, però, lo scenario è cambiato: guerre commerciali, crisi energetiche e conflitti geopolitici hanno reso evidente un concetto scomodo ma ineludibile — l’Europa dipende ancora troppo da altri per infrastrutture vitali.
E tra queste infrastrutture ci sono i pagamenti digitali, un settore in cui gli americani Visa, Mastercard e PayPal continuano a dettare legge.
La posta in gioco: la sovranità economica
Il ministro spagnolo dell’Economia, Carlos Cuerpo, non ha usato mezzi termini: “Dobbiamo procedere con un nostro sistema di pagamenti digitali per ridurre la dipendenza da altri fornitori”.
Il punto non è solo avere un nuovo strumento di pagamento, ma garantire che milioni di transazioni quotidiane non dipendano più da regole fissate altrove. Perché chi controlla le infrastrutture dei pagamenti controlla anche una parte cruciale della vita economica di un continente.
Il dibattito sul digital euro non riguarda, dunque, soltanto banche, tecnologie o mercati: tocca il cuore del progetto europeo, la sua capacità di diventare un soggetto autonomo nel mondo digitale e finanziario.
Sei anni di rinvii e resistenze
Il progetto del digital euro è nato ufficialmente sei anni fa, ma da allora è rimasto impantanato. La Commissione europea ha presentato una proposta legislativa già nel 2023, ma il Parlamento non l’ha mai approvata.
Dietro questa lentezza si nascondono due ordini di resistenze. Da un lato, chi ritiene che i dettagli tecnici non siano sufficientemente chiari e teme conseguenze impreviste. Dall’altro, le banche commerciali, che vedono nella moneta digitale un rischio diretto: se i cittadini potessero depositare i propri risparmi in un portafoglio elettronico della BCE, gli istituti perderebbero raccolta e stabilità. In caso di crisi, lo scenario peggiore è quello di corse digitali agli sportelli, con flussi immediati verso il wallet della banca centrale.
La visione della BCE e della Commissione
Nonostante le paure, la Banca centrale europea e la Commissione restano convinte. Il digital euro non vuole sostituire le banche, ma integrarle, offrendo una garanzia di base: un wallet digitale sicuro, garantito dall‘Unione europea, da usare per gli acquisti quotidiani o online.
“È importante rafforzare l’autonomia strategica dell’Europa e non dover dipendere da schemi di pagamento stranieri”, ha dichiarato il commissario all’Economia Valdis Dombrovskis.
Nella visione della BCE, l’istituzione fornirà l’architettura centrale, mentre il settore privato — banche, fintech, operatori tecnologici — svilupperà applicazioni e servizi. Una collaborazione pubblico-privato che, sulla carta, potrebbe ridisegnare il panorama dei pagamenti in Europa.
Il rischio di arrivare tardi
Ma il tempo stringe. La BCE stima che, una volta approvata la legislazione, serviranno due anni e mezzo o tre per rendere operativo il digital euro. Una finestra che rischia di essere troppo lunga.
Nel frattempo, la Cina ha già testato il proprio yuan digitale, gli Stati Uniti stanno valutando ipotesi simili, e decine di Paesi hanno lanciato progetti di CBDC (Central Bank Digital Currencies). Se l’Europa arriverà ultima, rischierà di doversi adattare a standard globali fissati da altri, perdendo la possibilità di dettare regole.
Il paradosso è evidente: l’Unione, nata per creare un mercato unico, rischia di presentarsi divisa e in ritardo proprio nel campo che definirà i mercati del futuro.
Una scommessa politica e culturale
Il digital euro non è solo una questione di tecnologia. È una scommessa politica sull’identità europea. Come la moneta unica ha rappresentato un passo decisivo verso l’integrazione economica, così il wallet digitale potrebbe diventare un simbolo del ruolo dell’UE nel mondo digitale.
Ma questo simbolo dovrà parlare ai cittadini. Perché se gli europei non percepiranno un vantaggio concreto rispetto a Visa, Mastercard o PayPal, il progetto rischierà di restare confinato ai palazzi di Bruxelles.
Serve una narrazione chiara: il digital euro non deve sembrare un’imposizione burocratica, ma uno strumento che aumenta sicurezza, trasparenza e inclusione.
Il bivio europeo
Il digital euro rappresenta uno dei test più importanti per l’Europa contemporanea. Se Bruxelles riuscirà a superare paure bancarie, divisioni politiche e lentezze legislative, potrà finalmente dotarsi di uno strumento capace di garantire sovranità finanziaria in un’epoca di competizione globale.
Se, invece, prevarranno rinvii e compromessi al ribasso, l’euro digitale rischierà di trasformarsi in una grande occasione mancata. E con essa, l’Europa rischia di confermare la sua immagine di potenza che discute molto ma decide poco, lasciando ad altri il controllo delle infrastrutture strategiche.
In un mondo dove il potere passa attraverso i flussi digitali — dati, energia, denaro — il digital euro è più di un progetto tecnico. È una cartina di tornasole della volontà europea di scegliere tra due destini: essere sovrana e protagonista o restare dipendente e marginale.