Una misura senza precedenti nel sistema dei visti USA: tra esigenze di sicurezza, impatti economici e incertezze operative.
Un nuovo costo per i viaggiatori: il contesto normativo
Con l’approvazione dell’One Big Beautiful Bill Act, l’amministrazione Trump ha introdotto una nuova imposta per i viaggiatori internazionali diretti negli Stati Uniti. La “visa integrity fee” si applica a tutti i richiedenti di visti non immigranti e non prevede esenzioni. Il costo iniziale minimo sarà di 250 dollari per l’anno fiscale 2025, con possibilità di revisione al rialzo da parte del Department of Homeland Security (DHS). Il provvedimento intende rafforzare il controllo sull’immigrazione legale e combattere il fenomeno degli overstayer.
Una tassa aggiuntiva: sovrapposizione di costi per i viaggiatori
Il nuovo balzello non sostituisce i costi già esistenti per il rilascio dei visti, ma si somma ad essi. Ad esempio, un richiedente del visto H-1B, già soggetto a una tassa di 205 dollari, dovrà ora pagare 455 dollari. A questi si aggiunge il rincaro della “Form I-94 fee”, passata da 6 a 24 dollari. Per molti viaggiatori, in particolare turisti e studenti internazionali, l’aggravio economico può risultare disincentivante.
Incognite sull’attuazione: implementazione e rimborso
Il testo di legge non chiarisce quando la tassa entrerà effettivamente in vigore, né i meccanismi concreti di riscossione. Il DHS, pur responsabile della tassa, non è l’ente che gestisce direttamente il processo di rilascio visti, sollevando interrogativi operativi. Anche la procedura di rimborso è poco chiara: il rimborso è teoricamente previsto per chi rispetta tutte le condizioni del visto, ma verrà erogato solo alla sua scadenza. Il Congressional Budget Office stima che il numero di rimborsi sarà limitato, mentre i tempi di attuazione della procedura potrebbero richiedere anni.
Impatti economici e previsione di entrate per lo Stato
Secondo le proiezioni del CBO, l’introduzione della visa integrity fee porterà un aumento delle entrate federali e una riduzione del disavanzo per 28,9 miliardi di dollari tra il 2025 e il 2034. Tuttavia, tali benefici fiscali potrebbero essere compensati da un calo della domanda turistica e commerciale, soprattutto tra i viaggiatori a basso reddito o coloro che pianificano viaggi familiari.
Reazioni dal settore turistico e dalla società civile
L’U.S. Travel Association ha espresso preoccupazione per la mancanza di chiarezza e coordinamento tra agenzie, sottolineando che l’onere burocratico aggiuntivo può disincentivare il turismo. La misura arriva in un momento critico, con il settore che si prepara a eventi di grande rilevanza come il 250º anniversario degli Stati Uniti e i Mondiali FIFA 2026. Allo stesso tempo, Brand USA, l’ente di promozione turistica nazionale, ha subito un taglio di bilancio da 100 a 20 milioni di dollari, limitandone la capacità di promuovere l’inbound travel.
Prospettive geopolitiche e strategiche
Sebbene la misura sia giustificata come strumento di rafforzamento dell’integrità del sistema migratorio, essa può avere implicazioni diplomatiche. L’introduzione di barriere finanziarie può essere percepita come una politica restrittiva, in contrasto con l’apertura auspicata da molte nazioni partner. In un contesto di crescente concorrenza internazionale per attrarre talenti, investimenti e turismo, l’adozione di oneri addizionali può danneggiare la competitività degli Stati Uniti.
Tra controllo e deterrenza
La visa integrity fee rappresenta un tentativo dell’amministrazione statunitense di rafforzare la compliance alle regole migratorie, ma solleva dubbi sulla sua efficacia, equità e impatto economico. La mancanza di trasparenza e dettagli operativi rischia di creare incertezza per milioni di viaggiatori e per l’industria del turismo. Sarà cruciale osservare come le agenzie competenti coordineranno l’implementazione e se verranno introdotti correttivi per garantire un’applicazione efficiente e proporzionata della nuova normativa.