La NASA riapre la corsa alla Luna: SpaceX in ritardo, Blue Origin e Lockheed pronte a sfidare Musk per Artemis 3

RedazioneRedazione
| 21/10/2025
La NASA riapre la corsa alla Luna: SpaceX in ritardo, Blue Origin e Lockheed pronte a sfidare Musk per Artemis 3

Dopo i ritardi di Starship, la NASA apre la gara per il lander lunare del programma Artemis 3. Jeff Bezos e Blue Origin entrano in gioco, mentre Elon Musk deve affrontare la concorrenza più seria mai vista nel nuovo capitalismo spaziale.

La missione che segnerà il ritorno dell’uomo sulla Luna si trasforma in un campo di battaglia tra SpaceX, Blue Origin e Lockheed Martin. Tra ritardi, ambizioni politiche e sfide geopolitiche, l’agenzia americana ridisegna la mappa del potere orbitale globale.

NASA cambia rotta: la corsa lunare torna competitiva

Dopo mesi di pressioni interne e ritardi crescenti nello sviluppo del razzo Starship, la NASA ha deciso di riaprire la gara per il contratto più ambito della sua storia recente: il lander lunare per Artemis 3, la missione che dovrà riportare astronauti americani sul suolo lunare per la prima volta dal 1972.

L’annuncio, fatto dal capo ad interim Sean Duffy in un’intervista a Fox News, segna un punto di svolta nella strategia spaziale americana.
“Stiamo aprendo quella gara ad altri concorrenti”, ha dichiarato. “Vedremo società come Blue Origin partecipare, e forse altre ancora.”

La scelta rompe con l’approccio esclusivo adottato nel 2021, quando SpaceX di Elon Musk fu selezionata come unico fornitore per il lander Artemis.
Ma tre anni dopo, tra test falliti, scadenze slittate e preoccupazioni crescenti all’interno dell’agenzia, la NASA sceglie di reintrodurre la concorrenza per accelerare i tempi e ridurre il rischio di dipendenza da un solo partner industriale.

Il peso del ritardo: la sfida di Starship e la pazienza della NASA

Quando la NASA assegnò a SpaceX il contratto da 4,4 miliardi di dollari, l’entusiasmo era palpabile.
Starship prometteva di essere il veicolo più potente mai costruito, capace di portare equipaggi e carichi enormi sulla Luna, su Marte e persino oltre.
Ma il ritmo vertiginoso dei test di volo a Boca Chica, in Texas, non si è tradotto in un avanzamento coerente per le missioni lunari.

Ad oggi, Starship non ha ancora completato un test pienamente riuscito che dimostri la capacità di attracco, rifornimento in orbita e discesa controllata sulla superficie lunare – requisiti essenziali per Artemis 3.
Gli analisti interni della NASA stimano che la missione, prevista per il 2027, potrebbe slittare di almeno due anni.

“Elon Musk e il suo team fanno cose straordinarie, ma sono in ritardo”, ha ammesso Duffy.
Una frase diplomatica, ma che fotografa il clima crescente di frustrazione all’interno dell’agenzia.

Nel frattempo, il presidente Donald Trump avrebbe espresso l’intenzione di vedere la missione realizzata prima della fine del suo mandato, nel gennaio 2029, aggiungendo un ulteriore livello di pressione politica a un programma già tecnicamente complesso.

Blue Origin all’attacco: Bezos torna in orbita

Per Jeff Bezos, fondatore di Blue Origin, è la rivincita che aspettava da anni.
La sua azienda aveva perso la gara per il lander nel 2021, dopo aver contestato senza successo la decisione della NASA di assegnare il contratto esclusivamente a SpaceX.
Da allora, Bezos ha investito silenziosamente oltre 3 miliardi di dollari nel progetto Blue Moon, sviluppato in Florida come piattaforma alternativa per le future missioni Artemis.

Ora, con l’apertura della nuova gara, Blue Origin è la favorita per strappare a Musk la missione simbolo del secolo.
Bezos ha sempre sostenuto la necessità di un “approccio ridondante” per garantire la sicurezza e la continuità del programma lunare, e la NASA sembra aver fatto propria questa visione.

A differenza di SpaceX, che punta a una strategia multiuso – integrando il lander con i lanci di Starlink e i progetti marziani – Blue Origin ha mantenuto un focus mirato e ingegneristicamente conservativo, più vicino agli standard operativi della NASA.
Meno marketing, più affidabilità.
E in un contesto dove il rischio politico pesa quanto quello tecnico, questa potrebbe essere la chiave vincente.

Lockheed Martin rientra in scena: la rinascita del modello “Team America”

Accanto ai due giganti del “new space”, anche Lockheed Martin, pilastro della vecchia guardia aerospaziale americana, prepara il proprio ritorno sulla scena.
“Abbiamo formato un team intersettoriale per rispondere alla chiamata della NASA”, ha dichiarato Bob Behnken, ex astronauta e oggi vicepresidente della divisione Spazio.

Lockheed Martin, insieme a Boeing e Northrop Grumman, è già coinvolta nella missione Artemis 2, la prossima tappa del programma, che prevede un volo circumlunare senza atterraggio.
L’obiettivo è ora ricostruire un ecosistema industriale cooperativo, simile a quello delle missioni Apollo: ingegneri pubblici e privati, uniti da un obiettivo nazionale comune.

È un ritorno al passato con lo sguardo rivolto al futuro, un modo per bilanciare la visione pionieristica di Musk e Bezos con la solidità ingegneristica di una tradizione industriale che non ha mai smesso di guardare al cielo.

La pressione geopolitica: la corsa contro la Cina

Dietro la decisione di riaprire la gara, c’è anche un motivo geopolitico che va oltre la pura ingegneria: la Cina.
Pechino ha dichiarato di voler mandare astronauti sulla Luna entro il 2030, e le sue missioni Chang’e – sempre più sofisticate – stanno avanzando a un ritmo impressionante.

Per la NASA, questo significa una sola cosa: il tempo è potere.
Se gli Stati Uniti vogliono riaffermare la loro supremazia nello spazio, devono tornare sulla Luna prima dei cinesi.
Non solo per ragioni simboliche, ma perché la Luna è diventata la nuova frontiera strategica per le telecomunicazioni, le risorse e la ricerca militare.

L’amministrazione americana sa che chi controllerà le infrastrutture orbitali e lunari nei prossimi dieci anni controllerà anche l’economia spaziale del XXI secolo.

Un’economia orbitale da centinaia di miliardi

Il programma Artemis non è solo una missione scientifica: è la base di una nuova economia lunare.
Dalla costruzione di basi permanenti all’estrazione di risorse, fino allo sviluppo di sistemi di trasporto interplanetari, l’obiettivo della NASA è creare un ecosistema commerciale sostenibile.

Le cifre sono impressionanti: secondo le proiezioni, l’intero mercato dello “spazio cislunare” potrebbe valere oltre 1.000 miliardi di dollari entro il 2040.
SpaceX, Blue Origin e Lockheed Martin non si contendono solo un contratto: stanno definendo chi sarà il futuro architetto dell’infrastruttura spaziale umana.

Elon Musk: il visionario che rischia di perdere il trono

Elon Musk resta l’outsider di lusso: geniale, controverso, indispensabile.
Senza di lui, la NASA non avrebbe mai potuto riprendere un ritmo competitivo nelle missioni spaziali.
Ma la sua forza – la velocità – rischia ora di diventare il suo limite.

Starship, con la sua architettura complessa e ambizione interplanetaria, non è un progetto pensato per la prudenza burocratica di un’agenzia pubblica.
È un sogno a lungo termine, mentre la NASA ha bisogno di risultati concreti e verificabili a breve.
Per questo motivo, Duffy e il team di amministratori provvisori stanno spostando il baricentro verso un modello più ibrido, in cui la competizione privata viene bilanciata dal controllo istituzionale.

Musk non ha perso la corsa, ma non corre più da solo.
E in un ecosistema dove ogni ritardo costa credibilità geopolitica, anche i visionari devono imparare a rispettare le scadenze.

Il nuovo secolo lunare: dove industria, politica e sogni si incontrano

La riapertura della gara per Artemis 3 segna l’inizio della seconda era lunare, ma con protagonisti diversi: non più le nazioni, bensì le corporazioni globali.
SpaceX, Blue Origin e Lockheed Martin incarnano tre modelli di capitalismo spaziale: la disruptive speed di Musk, la precisione istituzionale di Bezos e la tradizione ingegneristica di Lockheed.

La Luna non è più soltanto un obiettivo simbolico: è il nuovo terreno di influenza del XXI secolo, dove si intrecciano tecnologia, geopolitica e ambizione.
Il vincitore di questa corsa non conquisterà solo un cratere o una bandiera: definirà le regole economiche, etiche e politiche dell’era orbitale.

Per la NASA, non si tratta più di “ritornare sulla Luna”. Si tratta di restarci, costruendo un ponte permanente tra la Terra e il futuro.
E per l’umanità, la prossima grande conquista non sarà guardare il cielo con stupore, ma imparare, finalmente, a vivere tra le stelle.

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