Cessione del business beauty (Creed e licenze profumi Gucci, Bottega Veneta, Balenciaga) a L’Oréal per 4 miliardi di euro: Kering accelera sul taglio del debito, rifocalizza sul core fashion e apre una JV 50/50 per opportunità oltre la cosmetica.
Dopo le perdite operative del beauty e il rallentamento di Gucci, il nuovo CEO Luca de Meo imprime una svolta: dismissioni mirate, disciplina finanziaria, rimodulazione delle priorità e partnership strategiche per ricostruire crescita e credibilità sui mercati.
Perché questa cessione è un punto di svolta
La vendita del ramo beauty a L’Oréal per 4 miliardi non è una semplice operazione finanziaria: è il segnale più chiaro del cambio di paradigma in casa Kering. Il gruppo archivia un progetto di diversificazione costoso e complesso e sceglie la via della concentrazione: meno linee di business, più risorse sui marchi moda che definiscono l’identità del gruppo. È la grammatica del nuovo corso di Luca de Meo: tagliare dove non c’è scala, investire dove c’è valore culturale, desiderabilità e pricing power.
Cosa c’è nel perimetro dell’accordo
L’intesa comprende il marchio di fragranze Creed (acquisito da Kering nel 2023) e le licenze a lungo termine per i profumi di Gucci, Bottega Veneta e Balenciaga. Alla cessione si affianca una joint venture paritetica 50/50 con L’Oréal per esplorare opportunità oltre la cosmetica: una clausola che evita un divorzio netto e preserva opzioni strategiche future. Per Kering resta un flusso di royalty ricorrente sulle licenze, utile a stabilizzare i ricavi in fase di transizione.
La logica finanziaria: ossigeno per il deleveraging
Con 9,5 miliardi di euro di debito netto a fine giugno (oltre a 6 miliardi di passività per leasing), la priorità è alleggerire la struttura finanziaria. I proventi della cessione sostengono il deleveraging e rafforzano il bilancio dopo la riduzione già realizzata nel primo semestre 2025. In pratica: più flessibilità per sostenere il rilancio creativo, calmierare la volatilità e riagganciare la fiducia del mercato.
Perché la diversificazione nel beauty non ha funzionato
Costruire un polo beauty proprietario richiede scala industriale, distribuzione capillare e time-to-brand lunghi. Malgrado il pedigree di Creed, la divisione ha chiuso il primo semestre 2025 con 60 milioni di perdita operativa. In un’arena dominata da giganti come L’Oréal ed Estée Lauder, Kering ha pagato costi d’ingresso elevati e sinergie limitate. La cessione non è un arretramento: è una correzione di rotta per concentrare capitale e management dove il gruppo è storicamente più forte.
Gucci al centro: il baricentro da difendere e rilanciare
Nel 2024 Gucci ha pesato per circa il 44,5% dei ricavi e oltre il 60% dell’utile operativo del gruppo: numeri che spiegano perché ogni scelta ruoti intorno al marchio fiorentino. Il rallentamento della domanda in Cina e un ciclo moda più cauto impongono focus assoluto: investimenti in prodotto iconico e pelletteria, filiera, retail di qualità e comunicazione coerente. Ridurre la dispersione in business collaterali libera capitale creativo e finanziario per il marchio chiave.
La firma di Luca de Meo: costruire per sottrazione
Arrivato a settembre 2025, de Meo ha promesso “decisioni difficili”. Oltre alla cessione del beauty, ha posticipato l’acquisizione totale di Valentino e sta valutando dismissioni immobiliari. È un reset controllato: meno complessità, più disciplina, governance più snella. L’obiettivo è ricondurre Kering a un modello verticale centrato su moda e pelletteria, dove il gruppo può dettare estetica, margini e storytelling.
La JV con L’Oréal: uscire restando dentro
La partnership 50/50 è una polizza strategica: Kering esce dall’operatività del beauty, ma conserva accesso a know-how industriale, marketing globale e canali distributivi di L’Oréal. In cambio, L’Oréal consolida la leadership nel lusso cosmetico. È un gioco a somma positiva: gli asset passano al player più efficiente, mentre Kering monetizza e mantiene partecipazione economica indiretta attraverso le royalty.
Scenario competitivo: il lusso tra cautela e selettività
L’inflazione persistente, il sentiment diseguale dei consumatori e la maggiore selettività sullo spend discrezionale stanno ridisegnando il settore. I conglomerati che reggono meglio sono quelli con coerenza narrativa, filiere proprietarie e pricing power su icone evergreen. Per Kering, la strada maestra è valorizzare la differenza culturale dei singoli brand e proteggere la desiderabilità attraverso cicli prodotto più intelligenti, capsule mirate e un retail meno promozionale.
Rischi e opportunità del nuovo corso
I rischi: un atterraggio duro nei ricavi durante la transizione, la dipendenza da Gucci finché gli altri marchi non accelerano, e la necessità di execution impeccabile nel wholesale e nel retail diretto. Le opportunità: bilancio più leggero, capex meglio allocati, maggiore agilità nelle scelte creative, e la possibilità di riaprire M&A mirati quando la rotazione degli utili sarà visibile. La prova del nove arriverà già con i prossimi trimestri: margini, cash conversion e momentum prodotto.
Il lusso della lucidità: una strategia di meno, meglio
La cessione del beauty a L’Oréal racconta una verità semplice: nel lusso vince chi sceglie, non chi accumula. Kering abbandona l’illusione della scala universale per tornare al mestiere che conosce meglio: costruire desiderio con marchi iconici, filiere eccellenti e creatività disciplinata.
È una mossa di lucidità strategica che libera capitale, riduce rumore e mette il prodotto di nuovo al centro. Se il nuovo corso riuscirà a tradurre questa filosofia in coerenza creativa e numeri solidi, Kering non avrà semplicemente sistemato il bilancio: avrà ridefinito le regole del gioco per l’intero settore.
Nel tempo delle conglomerate onnivore, la vera rivoluzione può essere fare meno—e farlo meglio.