Il tempo è scaduto: l’ONU sfida Cina, UE e grandi economie sui piani climatici

RedazioneRedazione
| 08/09/2025
Il tempo è scaduto: l’ONU sfida Cina, UE e grandi economie sui piani climatici

Alla vigilia della COP30 in Brasile, le Nazioni Unite chiedono impegni concreti al 2035: la credibilità dell’Accordo di Parigi e del multilateralismo climatico è in bilico

La diplomazia climatica entra in una fase di resa dei conti. A pochi mesi dalla COP30 di Belém, l’ONU ha richiamato governi e grandi economie a presentare piani climatici più ambiziosi entro settembre. Le Nationally Determined Contributions, cardine dell’Accordo di Parigi, rischiano di trasformarsi da promessa collettiva a clamoroso fallimento se Cina, Unione Europea e Stati Uniti non sapranno offrire una traiettoria credibile al 2035. In gioco non c’è solo la lotta al riscaldamento globale, ma la capacità del sistema multilaterale di resistere alle spinte geopolitiche e agli interessi economici che frenano la transizione.

Le NDC come architrave della governance climatica

Le Nationally Determined Contributions (NDCs) non sono semplici allegati tecnici. Sono il perno dell’Accordo di Parigi, l’intesa che ha definito l’obiettivo di mantenere il riscaldamento globale “ben al di sotto” dei 2°C e possibilmente entro 1,5°C. Ogni Paese deve aggiornare periodicamente i propri piani di riduzione delle emissioni, adattamento e transizione energetica.

Le NDC sono diventate, nel tempo, un test politico più che ambientale. Presentarle significa assumersi una responsabilità pubblica di fronte ai partner internazionali, agli investitori e alle opinioni pubbliche. Non presentarle equivale a segnalare debolezza o mancanza di volontà. Il termine fissato dalle Nazioni Unite per settembre 2025 è, quindi, una linea rossa: senza impegni concreti, la COP30 rischia di aprirsi sotto il segno del fallimento annunciato.

L’appello di Simon Stiell: dal vincolo alla leva di sviluppo

In una lettera ai quasi 200 governi, Simon Stiell, capo del segretariato UNFCCC, ha scelto un linguaggio meno tecnico e più politico: le NDC, ha scritto, “sono tra i più potenti motori di crescita economica e di miglioramento degli standard di vita del XXI secolo”. È un cambio di paradigma comunicativo.

Per anni la narrativa climatica è stata costruita intorno ai limiti, alle restrizioni e ai sacrifici. Oggi l’ONU cerca di ribaltare lo schema, presentando gli impegni climatici come strumenti di modernizzazione industriale e di competitività globale. È lo stesso linguaggio che gli Stati Uniti hanno adottato con l’Inflation Reduction Act, trasformando la decarbonizzazione in politica industriale, e che la Cina utilizza nel promuovere le proprie filiere di pannelli solari, batterie e veicoli elettrici. L’appello di Stiell mira a mostrare che il clima non è un costo, ma un investimento.

La Cina: tra dipendenza dal carbone e leadership verde

La Cina, oggi responsabile di oltre il 30% delle emissioni globali, resta l’attore chiave. Da un lato guida il mondo nello sviluppo delle rinnovabili, dei veicoli elettrici e delle tecnologie di stoccaggio. Dall’altro continua a costruire centrali a carbone, con un ritmo che contraddice la narrativa di transizione.

Pechino ha annunciato che presenterà il proprio aggiornamento delle NDC in autunno, poco prima della COP30. Una scelta che ha una chiara logica geopolitica: arrivare a Belém con una posizione flessibile, utile a massimizzare il peso negoziale e a rafforzare il ruolo di leader del Sud globale. La Cina utilizza la transizione verde non solo per ridurre la propria dipendenza energetica, ma come leva di soft power, proiettando influenza industriale e diplomatica.

L’Unione Europea e le contraddizioni interne

Se la Cina calibra i tempi, l’Unione Europea appare bloccata dalle proprie divisioni. Tradizionalmente considerata l’avanguardia della diplomazia climatica, l’UE fatica oggi a definire la propria traiettoria al 2040, che dovrebbe fungere da base per gli obiettivi al 2035. Francia e Polonia chiedono più tempo, temendo ricadute sulla competitività e sulla sicurezza energetica.

Il rischio è che Bruxelles arrivi alla COP30 con una posizione indebolita, proprio mentre promuove strumenti come il Carbon Border Adjustment Mechanism (CBAM), pensato per imporre dazi climatici sulle importazioni e difendere l’industria europea. Se l’UE non saprà parlare con una sola voce, la sua credibilità come architetto di regole globali verrebbe messa seriamente in discussione.

Gli Stati Uniti e l’ambivalenza politica

Gli Stati Uniti restano il più grande emettitore storico e il principale finanziatore della transizione verde attraverso l’Inflation Reduction Act. Eppure la loro posizione internazionale resta ambivalente. La polarizzazione politica interna e l’incertezza elettorale mettono in dubbio la continuità degli impegni assunti.

Questo dualismo – massicci investimenti domestici da un lato, esitazioni multilaterali dall’altro – indebolisce la capacità degli Stati Uniti di guidare il processo globale. È una crepa che la Cina sfrutta abilmente per rafforzare la propria influenza nei Paesi emergenti, mentre l’Europa cerca di colmarla con il suo arsenale normativo.

Le NDC come strumenti di politica industriale

Dietro il linguaggio tecnico, le NDC sono documenti di politica economica e industriale. Ogni obiettivo climatico stabilisce priorità di investimento, incentivi fiscali e traiettorie tecnologiche. Secondo l’International Energy Agency, per raggiungere la neutralità climatica entro metà secolo saranno necessari oltre 4.000 miliardi di dollari all’anno di investimenti verdi.

Le nuove NDC al 2035 indicheranno quali Paesi guideranno le filiere del futuro – dall’idrogeno verde alle tecnologie di cattura del carbonio – e quali rischiano invece di restare ancorati a modelli industriali obsoleti. Non è solo una questione di emissioni: è una competizione per il controllo delle catene globali del valore.

Geopolitica del clima: la diplomazia delle emissioni

Il cambiamento climatico è diventato terreno di competizione geopolitica. L’UE usa i suoi strumenti regolatori per esportare standard, la Cina offre infrastrutture verdi ai Paesi in via di sviluppo, gli Stati Uniti puntano sul potere finanziario e tecnologico.

Le NDC sono al centro di questo gioco. Un obiettivo ambizioso o debole non produce solo conseguenze ambientali, ma segnala forza o fragilità politica. La COP30 sarà, quindi, molto più di un summit climatico: sarà il luogo in cui si misureranno i rapporti di potere tra blocchi economici e aree geopolitiche.

L’urgenza dei dati e l’economia del rischio

Il contesto scientifico non lascia spazio alle ambiguità. Il 2023 è stato l’anno più caldo mai registrato. Gli ultimi dieci anni sono stati i più caldi della storia moderna. Eventi estremi – dagli incendi in Canada e Grecia alle alluvioni in Libia e Germania – hanno già prodotto danni economici enormi. Secondo Munich Re, solo nel 2023 i disastri naturali hanno generato perdite assicurate per oltre 250 miliardi di dollari.

La realtà è che l’inazione costa più dell’azione. Ma la politica resta prigioniera di cicli elettorali brevi, che mal si conciliano con la logica di lungo periodo necessaria per gestire la transizione. L’IPCC avverte che senza un salto immediato di ambizione, la soglia critica di 1,5°C sarà superata già nel prossimo decennio.

La credibilità del multilateralismo in gioco

La scadenza di settembre per la presentazione delle nuove NDC non è un dettaglio tecnico. È un test di credibilità per l’Accordo di Parigi e per il sistema multilaterale nel suo complesso. La COP30 in Brasile sarà il momento della verità: potrà rilanciare l’ambizione globale oppure sancire l’irrilevanza della diplomazia climatica.

In gioco non c’è solo la traiettoria delle emissioni, ma la possibilità che la cooperazione internazionale riesca a resistere alle spinte nazionalistiche e agli interessi di breve periodo. Le NDC sono la bussola che può guidare la transizione, ma senza un impegno politico reale rischiano di restare carta senza peso.

La crisi climatica non aspetta. La diplomazia non può più permettersi il lusso di rinviare. La resa dei conti è già iniziata.

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