IA. Ecco perché l’Italia rischia di diventare il fanalino di coda europeo

| 18/02/2025
IA. Ecco perché l’Italia rischia di diventare il fanalino di coda europeo

Proprio in uno dei momenti più cruciali della corsa verso il futuro, l’Italia rischia seriamente di restare indietro, mentre l’intelligenza artificiale (IA) sta plasmando il futuro delle economie globali. Registriamo performance contenute in tutti i settori cruciali e il Paese è lontano dalla posizione di leadership che potrebbe e dovrebbe occupare in Europa.

L’ultima settimana ha segnato alcuni passaggi molto importanti sulla intelligenza artificiale, in particolare in Europa. L’attenzione maggiore si è focalizzata sul summit mondiale sulla IA che si è tenuto a Parigi e nel corso del quale sono stati fatti annunci importanti non solo con i diktat provenienti dagli USA, ma innanzitutto con gli annunci di investimenti di tutto riguardo. La Francia ha annunciato investimenti per 109 miliardi di euro in IA, compresi gli investimenti esteri (di cui dai 30 ai 50 miliardi di dollari assicurati dai soli Emirati Arabi Uniti), a conferma dell’attrattività della Francia verso gli investitori istituzionali. Mentre l’Europa, da parte sua, ha annunciato investimenti per 200 milioni di euro.
Quanto all’Italia, la dotazione, al momento, dichiarata e’ di appena 1 miliardo di euro, una cifra esigua che non ha davanti a se’ ne’ obiettivi ne’ cronoprogrammi.

E l’Italia?

L’Italia dovrebbe decidere cosa fare da grande, dovrebbe cercare di capire come attrarre investimenti esteri, che strategia darsi, come costruire un ecosistema accogliente e capace di generare nuove idee e nuove imprese in grado di attrarre investitori.
Una delle cose più importanti che manca all’Italia è proprio l’ecosistema di riferimento, il sistema Paese, ovvero l’insieme armonico di strategie nazionali, misure governative coerenti, imprese nazionali tutelate a difesa dell’indipendenza e sovranità nazionale.
Si avverte la mancanza di tutto ciò e, paradossalmente, proprio in questi giorni il governo cita soluzioni di LLM come Colosseum355B di iGenius, Velvet di Almawave e Vitruvian-1 di ASC27, sottolineando (non poco forzatamente) come il nostro Paese abbia le competenze e la giusta “strategia” per competere su scala globale.

iGenius pensa di abbandonare l’Italia

Il problema, purtroppo, è che nessuna delle tre soluzioni di IA citate ha goduto di alcun supporto derivante da iniziative predisposte dal sistema Paese a favore della industria di settore.
Addirittura una delle tre aziende citate, iGenius, il secondo unicorno italiano, due settimane fa ha dichiarato al Corriere della Sera di pensare di abbandonare l’Italia per la mancanza di un ecosistema che faciliti il supporto di investitori istituzionali. Qualcuno si è anche spinto a sostenere che l’intervista sia stata fatta per fare pressione su CDP, a cui iGenius avrebbe richiesto risorse finanziarie fresche. Ma l’osservazione dell’Ad di iGenius è del tutto pertinente.

Il ruolo dell’Italia nella definizione dell’AI Act

Quanto alle norme occorre essere chiari.
Innanzitutto l’Italia ha avuto un ruolo del tutto marginale in UE nella definizione dell’AI Act, fatta eccezione per la presenza di uno degli estensori, uno noto professore italiano che insegna all’università e vive in Belgio da venti anni. Infine due parole sul DL italiano sull’IA in corso di discussione in Parlamento.
Chi si intende di queste cose sa bene che è stato scritto molto male e sarà interessante seguire il percorso di approvazione (che per la verità appare avvolto nelle nebbie) per vedere dove arriveremo.
Ciò di cui si avverte la mancanza è una strategia nazionale del sistema-Paese sull’IA, una strategia nazionale che l’Italia non ha e il governo sbaglia a gonfiare circostanze che non si riscontrano nella realtà. Certo non mancano alcune punte di buone realizzazioni, anche nella PA, tuttavia, va ricordato che una strategia nazionale non è la mera somma algebrica di poche soluzioni ben realizzate, ma prive di una ossatura armonica che indichi la direzione e gli obiettivi del Paese in materia.

Occorrerebbe fare meno annunci e cercare di avere idee chiare

Proprio in uno dei momenti più cruciali della corsa verso il futuro, l’Italia rischia seriamente di restare indietro, mentre l’intelligenza artificiale (IA) sta plasmando il futuro delle economie globali.
Registriamo performance contenute in tutti i settori cruciali e il Paese è lontano dalla posizione di leadership che potrebbe e dovrebbe occupare in Europa.
Questo ritardo, come abbiamo sottolineato, non è solo una questione di tecnologia, ma riflette una carenza sistemica di visione e di investimenti in un momento cruciale per la competitività dell’Italia.
Nel settore delle grandi imprese, l’adozione dell’IA è ben lungi dall’essere lusinghiera. Solo il 5% delle aziende italiane ha integrato queste tecnologie nei propri processi, collocando l’Italia al 20º posto su 27 nell’Unione Europea, un dato ben al di sotto della media europea dell’8%. Se confrontato con Paesi come la Danimarca e la Finlandia, dove la percentuale supera il 15%, il divario risulta ancora più evidente e preoccupante.
L’Italia è gravemente in ritardo, rischiando di perdere un’opportunità fondamentale per rilanciare il proprio tessuto industriale.

L’adozione dell’IA nelle PMI

Anche nelle piccole e medie imprese (PMI), che costituiscono la spina dorsale dell’economia italiana, l’adozione di IA è estremamente bassa. Pur registrando una crescita nel mercato delle startup tecnologiche, solo una piccola parte di queste PMI ha accesso alle tecnologie emergenti. La gran parte rimane ancorata a modelli tradizionali, senza approfittare delle potenzialità che l’intelligenza artificiale potrebbe offrirgli per automatizzare i processi e aumentare la produttività.

Il gap educativo e l’adozione dell’IA

Il quadro diventa ancora più grave quando si considera l’ambito dell’istruzione. Non solo l’Italia è lontana dall’integrarsi pienamente nella rivoluzione digitale, ma anche i numeri relativi alla formazione non sono incoraggianti.
Con solo il 63% della popolazione adulta tra i 25 e i 64 anni che ha completato gli studi secondari superiori, l’Italia si trova ben al di sotto della media OCSE, che si attesta al 79%.
I risultati degli studenti italiani in lettura, matematica e scienze sono anche peggiori, con un punteggio medio di 477, contro i 488 punti della media OCSE. Questo gap educativo contribuisce direttamente a un’adozione limitata dell’IA nel Paese, rendendo difficile la creazione di una forza lavoro qualificata per sostenere l’innovazione.

L’adozione di soluzioni digitali nel settore sanitario

Anche nel settore sanitario, l’Italia sta facendo fatica ad adattarsi alla crescente domanda di soluzioni digitali. Nonostante un investimento consistente in tecnologia sanitaria, l’adozione di IA per migliorare l’efficienza e la qualità dei servizi rimane marginale.
Gli investimenti sanitari italiani sono tra i più bassi in Europa in percentuale sul PIL e la carenza di innovazione digitale sta rallentando i progressi, mettendo a rischio la qualità delle cure per i cittadini. Anche qui non mancano le eccezioni, come nel caso della Telemedicina, ma è l’intera impalcatura del sistema di settore che rischia di non portarci lontani.
Né sono sufficienti le marce trionfali sul Fascicolo Sanitario Elettronico, che presenta già punti di debolezza strutturale inspiegabili. Difficile immaginare che il fascicolo, che dovrebbe contenere la storia sanitaria di ciascun cittadino, non abbia alcuna traccia di cartelle cliniche personali…

Cosa accade nella Pubblica Amministrazione

La Pubblica Amministrazione, infine, è un altro settore in cui l’Italia non sta facendo i passi necessari per implementare tecnologie intelligenti che possano ottimizzare la gestione dei servizi e aumentare l’efficienza.
Nonostante il potenziale di utilizzo dell’IA per migliorare la trasparenza e la velocità dei processi burocratici, l’adozione in questo campo è incredibilmente lenta, con evidenti ricadute sulla qualità dei servizi offerti ai cittadini. Resta da chiedersi se effettivamente efficienza e trasparenza siano tra gli obiettivi strategici delle amministrazioni.
L’Italia non può permettersi di continuare a navigare in questo stato di arretratezza.
Gli altri Paesi europei stanno compiendo passi significativi nell’adozione dell’IA e l’Italia rischia di restare irrimediabilmente indietro.

Occorre una inversione di tendenza

È urgente che il Paese investa in formazione, ricerca e sviluppo, che siano promosse politiche mirate per incentivare l’adozione di tecnologie avanzate, e che le imprese italiane si adattino rapidamente ai cambiamenti imposti dall’innovazione. Occorre un colpo di reni nell’azione governativa, una inversione di tendenza guidata da nuove idee. Altrimenti, rischiamo di vedere un’ulteriore perdita di competitività e opportunità, con gravi ripercussioni su tutti gli aspetti della nostra economia e della nostra società.

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