Guerra tecnologica USA-Cina: Giappone e Paesi Bassi aggirano i controlli sull’export di chip, sfidando la strategia americana

RedazioneRedazione
| 16/06/2025
Guerra tecnologica USA-Cina: Giappone e Paesi Bassi aggirano i controlli sull’export di chip, sfidando la strategia americana

L’amministrazione Trump accusa alleati come Tokyo e L’Aia di un allineamento “incompleto” alle restrizioni sulle esportazioni verso la Cina. Sotto osservazione le forniture di semiconduttori avanzati e tecnologie critiche. Il Dipartimento del Commercio rilancia la diplomazia coercitiva sui controlli dual-use.

In un’audizione al Congresso degli Stati Uniti, Jeffrey Kessler, sottosegretario al Commercio per l’Industria e la Sicurezza, ha criticato apertamente l’insufficiente allineamento degli alleati occidentali alle restrizioni tecnologiche imposte dagli Stati Uniti contro la Cina. In particolare, l’attenzione è rivolta a Giappone e Paesi Bassi, accusati di mantenere attive esportazioni di chip e macchinari per la produzione di semiconduttori verso Pechino, aggirando di fatto la strategia di contenimento tecnologico americana.

Contesto: il cuore della competizione geopolitica

La dichiarazione di Kessler si inserisce nella più ampia strategia di “decoupling tecnologico” tra Stati Uniti e Cina, centrata sulla limitazione dell’accesso di Pechino a tecnologie strategiche avanzate, in particolare:

  • semiconduttori di ultima generazione
  • litografie ultraviolette (EUV)
  • software EDA (Electronic Design Automation)
  • materiali avanzati per il packaging e l’integrazione 3D.

Il controllo sulle supply chain dei chip è oggi uno degli assi portanti della geopolitica industriale globale. L’amministrazione statunitense – già sotto Trump e ancor più con la nuova intensificazione post-2024 – ha attivato un’ampia rete di sanzioni e restrizioni extra-territoriali, imponendo il rispetto anche da parte di aziende estere che utilizzano tecnologia americana.

Frizioni con gli alleati: il caso Giappone e Paesi Bassi

Secondo Kessler, la cooperazione di Tokyo e L’Aia è stata “incompleta” e ha consentito a Pechino di aggirare parte delle restrizioni attraverso triangolazioni di fornitura e acquisizioni indirette. Il riferimento implicito riguarda in particolare:

  • ASML, leader olandese nel settore delle litografie, che ha continuato a fornire sistemi DUV alla Cina
  • Tokyo Electron e Nikon, player giapponesi che forniscono componenti critici per l’incisione dei wafer
  • flussi di esportazione attraverso Hong Kong e Sud-Est Asiatico difficilmente tracciabili.

Il Dipartimento del Commercio ha proposto di raddoppiare il numero di addetti al controllo export (ECO) con stazionamento in sedi diplomatiche estere, per monitorare più efficacemente il rispetto dei divieti e le filiere dual-use.

Impatti sull’industria e tensioni di compliance

Il rafforzamento della pressione diplomatica statunitense solleva nuove tensioni tra logiche industriali e vincoli geopolitici. I produttori giapponesi e olandesi sono fortemente esposti al mercato cinese, che rappresenta una quota significativa della domanda globale di semiconduttori e apparecchiature. L’obbligo di aderire a una politica estera tecnologica statunitense impone:

  • rischi di perdita di quote di mercato
  • esposizione a ritorsioni commerciali cinesi
  • tensioni interne con i rispettivi ministeri dell’economia e dell’industria.

Inoltre, le politiche statunitensi di controllo extra-territoriale sono sempre più contestate come forme di “regolazione extragiurisdizionale”, con impatti su libertà commerciale, sovranità normativa e compliance multilivello (WTO, UE, Wassenaar Arrangement).

Il dilemma europeo e asiatico: alleanze tecnologiche o autonomia strategica?

La vicenda evidenzia il dilemma strutturale degli alleati USA: aderire a una alleanza tecnologica vincolante, o preservare una autonomia strategica industriale. Mentre l’Europa discute di “open strategic autonomy” e di un potenziale European Chips Act 2.0, l’Asia cerca un equilibrio tra cooperazione con Washington e mantenimento delle relazioni con Pechino, ancora oggi primo mercato per molti attori tecnologici regionali.

La mossa americana può accelerare il riassetto delle filiere semiconduttori su base ideologica (blocchi Occidente vs Cina), ma rischia anche di incentivare la duplicazione delle catene produttive e la frammentazione dei mercati tecnologici globali.

Escalation regolatoria in una guerra tecnologica senza tregua

Il caso delle esportazioni di chip da parte di Giappone e Paesi Bassi alla Cina rappresenta un nuovo fronte della guerra tecnologica globale, in cui la diplomazia commerciale diventa leva strategica per il dominio sulle tecnologie di prossima generazione.

Gli Stati Uniti rilanciano una strategia di pressione multilaterale regolatoria, che potrebbe evolvere verso un sistema multipolare di blocchi tecnologici e giuridici contrapposti. In questo scenario, l’industria globale dei semiconduttori diventa non solo infrastruttura critica, ma campo di battaglia per la leadership globale.

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