Il colosso di Mountain View prepara il debutto dei suoi primi occhiali con intelligenza artificiale. Ma la scelta del produttore non è solo industriale: tra supply chain, geopolitica e finanza, l’isola di Taiwan si conferma epicentro della nuova guerra per i wearable intelligenti.
Un prototipo che segna l’inizio di una nuova era
Secondo fonti di mercato, Google avrebbe già completato lo sviluppo del suo primo modello di occhiali dotati di intelligenza artificiale. Non si tratterebbe di un semplice gadget, ma di un prodotto pensato per ridefinire l’idea stessa di dispositivo personale connesso. Dopo il fallimento parziale dei Google Glass, Mountain View sembra pronta a riprovarci con un approccio più maturo, incentrato non solo sull’AR/VR, ma soprattutto sull’integrazione con sistemi di intelligenza artificiale generativa. La differenza rispetto al passato non è tecnologica soltanto: è l’ecosistema stesso dell’AI, oggi mainstream, a creare le condizioni per un nuovo mercato. In questo scenario, la produzione diventa cruciale. La scelta del partner industriale non è un dettaglio, ma una decisione strategica che incrocia logiche di innovazione, supply chain, regolazione e geopolitica.
HTC e Quanta: due anime della manifattura taiwanese
Sul tavolo ci sono due candidati principali: Quanta Computer e HTC. La prima rappresenta l’archetipo del contract manufacturer taiwanese, con decenni di esperienza nella produzione di laptop e dispositivi elettronici per i principali marchi globali. È affidabile, scalabile, capace di garantire volumi e standard qualitativi. HTC, invece, è un marchio che ha conosciuto gloria e declino nel settore smartphone, reinventandosi oggi come attore di nicchia nell’extended reality. Con il lancio dei suoi Vive Eagle AI glasses, ha dimostrato di possedere capacità tecniche non banali. La scelta tra i due modelli di partnership non è dunque solo industriale: Quanta assicura stabilità e capacità di scala, HTC offre un posizionamento di frontiera, con tecnologie emergenti e un brand ancora riconoscibile a livello internazionale.
Taiwan come hub strategico nella geoeconomia dei semiconduttori
Il fatto che Google guardi a Taiwan non sorprende. L’isola è oggi la spina dorsale della manifattura tecnologica globale. Ospita TSMC, leader indiscusso della produzione di semiconduttori avanzati, ed è sede di un ecosistema industriale che va dalle schede madri ai data center. Inserire la produzione degli occhiali AI in questo contesto significa accedere a una catena di fornitura robusta, interconnessa e altamente specializzata. Ma la centralità di Taiwan è anche un rischio: la tensione geopolitica con la Cina continentale rende vulnerabile ogni piano industriale troppo dipendente dall’isola. Per Google, produrre a Taiwan significa allo stesso tempo garantirsi l’eccellenza tecnologica e accettare un livello di rischio politico elevato, mitigabile solo con una strategia multilocale di lungo periodo.
L’eredità della partnership Google-HTC
La storia tra Google e HTC è lunga e fatta di acquisizioni strategiche. Nel 2017 Google acquisì parte del team smartphone HTC per oltre 1,1 miliardi di dollari, assicurandosi competenze di design e ingegneria per la linea Pixel. Nel 2025 un nuovo accordo, da 250 milioni di dollari, ha portato nelle mani di Mountain View un segmento della divisione XR di HTC, con trasferimento di brevetti in licenza non esclusiva e personale specializzato. Questo flusso di talenti e proprietà intellettuale indica che, anche se HTC non è più un colosso, continua a essere un serbatoio di know-how prezioso. Se Google decidesse di affidarle la produzione, il contratto rappresenterebbe un consolidamento naturale di un rapporto industriale già collaudato, con potenziali effetti di lungo periodo sulla filiera globale dei wearable intelligenti.
Normative, diritti e l’industria dell’innovazione regolata
Ogni nuovo dispositivo AI indossabile non è soltanto un tema di hardware: è un banco di prova per il diritto dell’innovazione. Gli occhiali AI pongono interrogativi sulla gestione dei dati biometrici, sulla sorveglianza diffusa, sulla compatibilità con le normative sulla privacy in UE, Stati Uniti e Asia. Taiwan, con il suo quadro giuridico solido e orientato all’innovazione, offre un contesto più prevedibile rispetto ad altri hub manifatturieri. Per Google, la scelta non riguarda solo dove produrre, ma anche sotto quale regime normativo fare nascere un dispositivo che sarà immediatamente al centro dell’attenzione di regolatori, autorità antitrust e organizzazioni per i diritti digitali. Produrre a Taiwan potrebbe facilitare la compliance e garantire maggiore trasparenza, ma restano aperte le questioni legate all’interoperabilità con diversi ecosistemi AI (Gemini, ChatGPT, Anthropic, ecc.).
Finanza e rischi di dipendenza industriale
Dal punto di vista finanziario, la partita è delicata. HTC ha dimostrato di poter produrre AI glasses autonomamente, ma non possiede la scala di un colosso come Quanta. Affidarle il contratto significherebbe correre il rischio di saturazione della capacità produttiva e di costi più elevati per unità. Quanta, al contrario, è in grado di gestire grandi volumi, ma non ha la stessa narrativa “visionaria” utile a posizionare il prodotto come rivoluzionario. Per gli investitori, la scelta influenzerà la valutazione stessa di Google come innovatore hardware: puntare su HTC sarebbe letto come un investimento in differenziazione, scegliere Quanta come una strategia di contenimento dei rischi e di focus sulla scalabilità. Entrambe le opzioni hanno implicazioni profonde in termini di costi, margini e percezione di mercato.
La sfida globale dei dispositivi AI indossabili
Al di là del singolo caso, la corsa agli occhiali AI riflette una trasformazione più ampia. Dopo smartphone e smartwatch, l’industria tech punta a creare la prossima categoria dominante di dispositivi personali. Apple, Meta e Samsung lavorano già su progetti simili, con approcci diversi che spaziano dalla realtà aumentata alla traduzione in tempo reale. Google non può permettersi un secondo passo falso dopo il naufragio dei Google Glass. La posta in gioco non è solo commerciale: chi controllerà il mercato degli occhiali AI controllerà l’interfaccia uomo-macchina del futuro, con effetti su pubblicità, ricerca online, eCommerce e perfino sulla produttività in ambito lavorativo.
Taiwan, crocevia di tecnologia e geopolitica
Il destino degli occhiali AI di Google passa da Taiwan, simbolo e paradosso della globalizzazione tecnologica. Da un lato, l’isola offre competenze uniche, infrastrutture all’avanguardia e un contesto regolatorio favorevole. Dall’altro, rappresenta una vulnerabilità geopolitica in un mondo segnato dalla rivalità tra Stati Uniti e Cina. La scelta tra Quanta e HTC sarà, dunque, più che una decisione industriale: sarà un segnale politico, finanziario e strategico. Se la scommessa avrà successo, potremmo assistere all’ascesa della prossima piattaforma tecnologica globale. Se invece fallisse, Google rischierebbe di ripetere gli errori del passato. In entrambi i casi, gli occhiali AI non saranno un semplice accessorio, ma la chiave per comprendere l’evoluzione del capitalismo digitale nel decennio che si apre.