L’autorità antitrust statunitense, FTC, accusa il colosso della mobilità, Uber, di iscrizioni non autorizzate e promesse di risparmio fuorvianti. Al centro del contenzioso: trasparenza digitale, tutela del consumatore e compliance regolatoria.
La Federal Trade Commission (FTC) ha intentato una causa contro Uber Technologies Inc., accusando l’azienda di iscrivere utenti al programma Uber One senza consenso esplicito e di adottare pratiche ingannevoli nella promozione del servizio.
L’azione legale, depositata lunedì presso il tribunale federale di San Francisco, si inserisce nel più ampio contesto della politica statunitense di vigilanza sulle pratiche commerciali digitali, in particolare nei confronti delle piattaforme globali che operano su larga scala nell’economia dell’abbonamento.
Le accuse della FTC: sottoscrizioni forzate e comunicazione opaca
Secondo la FTC, Uber avrebbe iscritto alcuni utenti a Uber One – un programma che offre vantaggi come sconti sui costi di consegna e sui viaggi per $9,99 al mese – senza consenso esplicito e avrebbe reso difficoltosa la procedura di cancellazione. Inoltre, l’autorità contesta la validità di alcuni messaggi promozionali che affermavano un risparmio mensile di circa $25, ritenuto non verificabile e potenzialmente fuorviante.
“Gli americani sono stanchi di essere iscritti a servizi che non hanno richiesto e di trovarsi di fronte a barriere artificiali per cancellarli,” ha dichiarato Andrew Ferguson, presidente della FTC.
La risposta di Uber e il contesto regolatorio
Uber, attraverso il portavoce Noah Edwardsen, ha respinto le accuse, sostenendo che il processo di iscrizione e disiscrizione a Uber One sia chiaro, semplice e conforme alle normative. “Siamo delusi dalla scelta della FTC di procedere legalmente, ma siamo fiduciosi che i tribunali confermeranno la nostra posizione,” ha affermato Edwardsen.
Il contenzioso attuale si somma a una storia di controversie regolatorie tra Uber e l’ente federale. Nel 2017, la società aveva già raggiunto un accordo con la FTC per accuse relative alla gestione dei dati e alla sicurezza informatica. L’anno successivo, un’altra transazione da 20 milioni di dollari venne pattuita per chiudere un’indagine su dichiarazioni ingannevoli rivolte ai potenziali autisti. Nel 2022, Uber aveva evitato incriminazioni penali riconoscendo di non aver notificato una violazione di dati che colpì oltre 57 milioni di utenti.
Implicazioni per il settore digitale e per la subscription economy
Il caso rappresenta un nuovo campanello d’allarme per le piattaforme digitali che fondano la propria crescita su modelli di abbonamento e raccolta dati, in particolare nei segmenti della mobilità urbana e dei servizi digitali integrati. Il tema della trasparenza nella user experience, soprattutto per quanto riguarda le condizioni contrattuali e la protezione dei dati personali, è al centro delle preoccupazioni di autorità regolatorie in tutto il mondo.
In un momento in cui la regolamentazione del mercato digitale si fa più stringente – tra normative sui “dark patterns”, regole di concorrenza, e tutela della privacy – il contenzioso tra Uber e la FTC potrebbe fungere da precedente per azioni simili contro altre piattaforme globali.
L’esito del processo potrebbe ridefinire le linee guida per le pratiche di marketing e subscription management negli Stati Uniti e rappresentare un caso rilevante anche per il legislatore europeo, dove normative come il Digital Services Act (DSA) e il Data Act affrontano tematiche simili.