Europa in fiamme: 2025 già l’anno peggiore per gli incendi boschivi

RedazioneRedazione
| 27/08/2025
Europa in fiamme: 2025 già l’anno peggiore per gli incendi boschivi

Con oltre un milione di ettari già devastati dalle fiamme, il 2025 segna l’anno peggiore per i roghi in Europa. Spagna e Portogallo al collasso, emissioni record di CO₂ e infrastrutture sotto pressione mettono in discussione la resilienza del continente e la credibilità delle sue politiche climatiche.

Un record che non può essere normalizzato

Con oltre 1.028.000 ettari di terreno ridotti in cenere — una superficie maggiore di Cipro — il 2025 si è già imposto come l’anno peggiore mai registrato per gli incendi boschivi nell’Unione Europea, superando il precedente record del 2017. Ma più che un dato straordinario, questa cifra segna la transizione verso una nuova normalità climatica: un’Europa che, anno dopo anno, appare sempre più esposta a catastrofi ricorrenti. Trattare questo record come un episodio isolato significherebbe sottovalutare una tendenza che sta diventando sistemica, con implicazioni enormi per la governance ambientale e la politica economica europea.

La mappa del disastro: il Mediterraneo sotto assedio

Il baricentro della crisi si trova nell’area mediterranea. Spagna e Portogallo concentrano due terzi della superficie bruciata, trasformandosi negli epicentri europei del fuoco. In Portogallo, l’incendio di Piódão, il più grande mai registrato nel Paese, ha divorato oltre 60.000 ettari in dodici giorni, lasciando dietro di sé un deserto di ceneri. In Spagna, le regioni di Castiglia e León, Galizia e Asturie hanno vissuto settimane di evacuazioni, chiusure di infrastrutture critiche e vittime civili. Non si tratta più solo di emergenze stagionali: il rischio è che vaste porzioni della penisola iberica diventino “zone rosse climatiche”, con profonde ripercussioni su turismo, agricoltura e coesione sociale.

Il ruolo della crisi climatica: ondate di calore come moltiplicatori di rischio

Dietro il moltiplicarsi dei roghi ci sono dinamiche climatiche ormai consolidate. Una ondata di calore durata 16 giorni ha investito la penisola iberica in agosto, combinandosi con siccità prolungata e venti estremi. Il risultato è stato un contesto incendiario fuori scala, in cui anche i sistemi di prevenzione e intervento più avanzati hanno faticato a contenere le fiamme. La scienza climatica conferma che eventi simili diventeranno più frequenti e più intensi: le proiezioni dell’IPCC e dell’European Environment Agency mostrano che il Mediterraneo si sta scaldando del 20% più rapidamente della media globale. Se questo trend non verrà invertito, l’“eccezionale” di oggi diventerà l’ordinario di domani.

L’altra emergenza: emissioni di carbonio fuori controllo

Gli incendi del 2025 hanno già emesso oltre 38 milioni di tonnellate di CO₂, quasi quanto le emissioni annuali di un Paese come la Danimarca. Secondo i dati dell’European Forest Fire Information System (EFFIS), l’Europa è sulla strada per superare il record storico di 41 milioni di tonnellate. Ciò significa che gli incendi boschivi stanno diventando non solo conseguenza del cambiamento climatico, ma anche fattore di accelerazione. È un cortocircuito climatico: più caldo significa più incendi, più incendi significano più emissioni e quindi ulteriore riscaldamento. Una spirale che mina la stessa efficacia del Green Deal e mette in discussione la capacità dell’UE di rispettare i propri target di riduzione.

Infrastrutture e protezione civile: resilienza sotto pressione

La stagione 2025 ha dimostrato come infrastrutture e servizi pubblici siano vulnerabili. Linee ferroviarie interrotte, strade chiuse, migliaia di persone evacuate: l’incendio non è più un rischio periferico confinato ai boschi, ma una minaccia diretta alla continuità economica e sociale. Il caso del Portogallo, dove un pompiere è rimasto gravemente ferito per una fiammata improvvisa, dimostra anche i limiti umani delle risposte tradizionali. La protezione civile europea, pur rafforzata con meccanismi di solidarietà e condivisione di mezzi aerei tra Stati membri, non riesce a tenere il passo con l’aumento quantitativo e qualitativo delle emergenze.

Politica industriale e governance climatica: il paradosso europeo

L’UE si è posta come leader globale nella lotta ai cambiamenti climatici, ma la realtà degli incendi mette in luce un paradosso: ambizione normativa senza adeguata capacità di adattamento. Il Green Deal e il Fit-for-55 puntano a riduzioni nette delle emissioni, ma i roghi boschivi rischiano di vanificarne i progressi. Senza un piano industriale che includa la gestione attiva del territorio — dalla forestazione alla manutenzione dei boschi, fino all’uso di tecnologie predittive — l’Europa rischia di essere una potenza normativa che perde credibilità di fronte ai propri cittadini e ai mercati globali.

Il Mediterraneo come laboratorio di vulnerabilità

La crisi incendi non riguarda solo ambiente e politica interna: ha un chiaro profilo geopolitico. La fascia mediterranea, già sotto pressione per i flussi migratori, le crisi idriche e le tensioni energetiche, si trova ora ad affrontare una vulnerabilità ambientale che ne accentua l’instabilità. Paesi come Spagna, Italia, Grecia e Portogallo diventano Frontline States non solo della politica migratoria, ma anche della politica climatica europea. In assenza di una strategia condivisa, il rischio è che si accentuino fratture Nord-Sud all’interno dell’UE, con conseguenze politiche profonde.

Tecnologia, prevenzione e investimenti: le leve mancanti

La soluzione non può essere affidata solo alla reattività dei vigili del fuoco. Serve una governance che unisca tecnologia satellitare, modelli predittivi di intelligenza artificiale, incentivi economici per la gestione forestale e meccanismi di finanziamento UE dedicati all’adattamento. Alcuni progetti pilota già esistono — dall’uso di droni per la sorveglianza ai programmi Copernicus per il monitoraggio in tempo reale — ma restano frammentati. La vera sfida è trasformarli in un sistema integrato europeo di gestione del rischio climatico, capace di agire prima che il fuoco diventi ingovernabile.

Dall’emergenza alla politica di lungo termine

Il 2025 segna un punto di svolta per l’Europa. Non è più possibile trattare gli incendi come catastrofi naturali imprevedibili. Sono il risultato diretto di dinamiche climatiche globali e di fragilità politiche locali. Continuare a parlare di “emergenze” significa ignorare la natura strutturale del problema. La vera sfida per Bruxelles e per gli Stati membri è passare da una logica di risposta a una logica di prevenzione e adattamento. In gioco non c’è solo la salvaguardia di boschi e comunità rurali, ma la stessa capacità dell’Europa di restare fedele alla sua ambizione di leader climatico globale.


Box di approfondimento — Speciale Incendi UE 2025

Timeline incendi boschivi nell’UE (2006–2025)

  • 2006 – Avvio del sistema europeo EFFIS (European Forest Fire Information System)
  • 2017 – Primo record: circa 998.000 ettari bruciati, in gran parte in Portogallo e Spagna
  • 2022 – Anno critico: oltre 785.000 ettari distrutti, con eventi diffusi fino a Germania e Polonia
  • 2023–2024 – Incremento medio annuale, ma sotto la soglia record
  • 2025 – Record assoluto: 1.028.000 ettari al 26 agosto, più della superficie di Cipro

Emissioni di CO₂ da incendi boschivi (dati EFFIS/Copernicus)

  • Media annua 2006–2021: 25–28 milioni tonnellate CO₂
  • 2017 – ~35 milioni tonnellate
  • 2022 – ~33 milioni tonnellate
  • 2025 (gen–ago)38 milioni tonnellate, già oltre ogni dato storico a parità di periodo
  • Proiezione annua: rischio superamento 41 milioni tonnellate, record assoluto

Geografia delle aree più colpite (2025)

  • Spagna – epicentro europeo, con roghi devastanti in Castiglia e León, Galizia, Asturie; oltre 600.000 ettari bruciati
  • Portogallo – record storico con l’incendio di Piódão: 60.000 ettari in 12 giorni; evacuazioni di massa
  • Francia meridionale e Italia centro-meridionale – roghi diffusi, aggravati da ondate di calore
  • Europa centrale e balcanica – incremento di episodi in aree non tradizionalmente a rischio, segno di un’estensione geografica del fenomeno

Nota critica

Gli incendi non sono più un evento estremo circoscritto, ma un fattore strutturale di rischio climatico per l’Europa. La loro crescita mette in discussione:

  • la tenuta del Green Deal e degli obiettivi Fit for 55
  • la sostenibilità economica di settori come agricoltura, turismo e logistica
  • la capacità di risposta coordinata della protezione civile europea
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