Euro digitale, la BCE scommette sull’IA portoghese di Feedzai per sfidare Visa, Mastercard e il dollaro

RedazioneRedazione
| 03/10/2025
Euro digitale, la BCE scommette sull’IA portoghese di Feedzai per sfidare Visa, Mastercard e il dollaro

Con un contratto da 237,3 milioni di euro, Francoforte affida a Feedzai la prevenzione delle frodi sull’euro digitale. L’obiettivo: costruire un’infrastruttura pubblica europea dei pagamenti, riducendo dipendenze esterne e resistenze interne, tra nodi regolatori, privacy e tenuta del sistema bancario.

La Banca Centrale Europea ha scelto Lisbona come punto di partenza per proteggere il progetto più delicato della sua storia recente: l’euro digitale. A occuparsi della sicurezza sarà Feedzai, fintech portoghese specializzata in intelligenza artificiale, chiamata a sviluppare un modello antifrode capace di intercettare in tempo reale anomalie nei pagamenti. Il contratto, che può arrivare a 237,3 milioni di euro, è molto più di un appalto tecnico: è il simbolo della volontà dell’Europa di dotarsi di un’infrastruttura sovrana dei pagamenti, di ridurre la dipendenza dai colossi americani e di prepararsi a competere con le stablecoin ancorate al dollaro. Ma, come ogni grande trasformazione, il progetto porta con sé anche dubbi e tensioni, che non si esauriscono con la firma di un contratto.

Un investimento che va oltre il software

Il contratto con Feedzai non è una semplice fornitura IT, ma una tessera del puzzle politico e industriale dell’euro digitale. La durata è fissata in quattro anni, con possibilità di estensione fino a quindici: una scelta che consente alla BCE di mantenere flessibilità e controllo in un terreno ancora sperimentale. La stima iniziale di spesa, circa 79 milioni di euro, può crescere fino al tetto massimo di 237,3 milioni, a seconda delle evoluzioni del progetto. Parallelamente, Francoforte ha distribuito altri quattro contratti, con importi che vanno dai 27,6 ai 220 milioni, a gruppi come la francese Capgemini. È un mosaico che riflette la logica delle infrastrutture critiche: nessun attore dominante, funzioni diversificate, responsabilità distribuite. La BCE si tutela così da rischi tecnologici e di governance, costruendo una rete di fornitori in grado di garantire aggiornamenti e resilienza nel lungo periodo.

L’intelligenza artificiale come scudo contro le frodi

Il cuore del mandato a Feedzai è la costruzione di un sistema predittivo capace di assegnare a ogni pagamento un punteggio di rischio. Non si tratta di un “semaforo rosso o verde” imposto dall’alto, ma di un’analisi che aiuta i fornitori di servizi di pagamento a prendere decisioni rapide e informate. Il modello lavora osservando abitudini, cronologia delle operazioni, pattern comportamentali e segnali di rete: se rileva scostamenti significativi, segnala un’anomalia. In un contesto in cui i cybercriminali affinano tecniche sempre più sofisticate — dal phishing alle truffe su larga scala — la capacità di intercettare in anticipo è cruciale. Ma la sfida è delicata: un algoritmo troppo severo rischia di bloccare transazioni lecite, generando frustrazione tra gli utenti; troppo permissivo, e le frodi passano. È su questa linea sottile che si giocherà gran parte della credibilità del sistema.

Fiducia, privacy e il rischio della “sorveglianza digitale”

Se il lato tecnico è impegnativo, quello politico e sociale è ancora più complesso. Perché una moneta digitale pubblica funzioni, deve convincere i cittadini di non essere uno strumento di sorveglianza. La BCE lo sa: i controlli antifrode devono restare proporzionati e spiegabili e le informazioni raccolte devono essere minime, sicure e trasparenti. In altre parole, la lotta alle frodi non può trasformarsi in monitoraggio invasivo. È qui che entra in gioco il concetto di fiducia istituzionale: un cittadino deve sapere non solo che il proprio pagamento è sicuro, ma anche perché un’eventuale operazione è stata bloccata e quali strumenti ha per contestarla. Senza questi elementi di trasparenza e accountability, l’euro digitale rischia di essere percepito non come un servizio pubblico, ma come un controllo calato dall’alto.

L’euro digitale come risposta a un equilibrio fragile

Dietro la narrazione tecnologica c’è una partita geopolitica. Oggi gran parte delle transazioni digitali in Europa passa da circuiti americani come Visa e Mastercard. A questo si aggiunge la pressione delle stablecoin denominate in dollari, spinte negli anni scorsi anche da Washington. Per l’Eurozona, restare ancorata a infrastrutture esterne significa accettare una vulnerabilità: che una crisi politica, una disputa regolatoria o una decisione unilaterale possano condizionare il funzionamento dei pagamenti europei. Con l’euro digitale, la BCE vuole ribaltare questo equilibrio, creando un’infrastruttura pubblica continentale che funzioni da bene comune. Non è un tentativo di sostituire il contante o di escludere le banche, ma di dotare l’Europa di un sistema alternativo, capace di resistere a shock esterni e di restituire centralità alla moneta unica in un contesto globale sempre più competitivo.

Il nodo bancario: minaccia o opportunità?

Le banche commerciali e i fornitori di servizi di pagamento guardano al progetto con un misto di timore e cautela. L’incubo, spesso evocato, è quello di una disintermediazione: che i cittadini spostino i propri fondi direttamente nei wallet digitali gestiti dalla BCE, erodendo la base dei depositi bancari. In realtà, la sfida potrebbe giocarsi altrove. Se l’euro digitale diventerà un’infrastruttura programmabile — capace di integrare pagamenti condizionati, servizi di garanzia e microtransazioni — le banche avranno la possibilità di sviluppare nuovi servizi a valore aggiunto. Non più margini costruiti solo sulle commissioni, ma layer di innovazione costruiti sopra un’infrastruttura sicura e pubblica. È il passaggio da “essere semplici intermediari” a “costruttori di servizi intelligenti”. Il punto è se avranno la visione e il coraggio per farlo.

Una questione prima politica che tecnica

Per quanto le tecnologie siano in fermento, il cantiere dell’euro digitale è ancora fermo in attesa del via libera legislativo. La BCE punta a ottenerlo entro la metà del prossimo anno, con obiettivo di lancio attorno al 2029. Una timeline lunga, certo, ma inevitabile. Una valuta non è un’app: è un patto sociale codificato in regole e infrastrutture. Meglio un anno in più di dibattito che un rollout frettoloso che rischi di incrinare la fiducia. I contratti, intanto, restano a consumo: i fornitori verranno pagati soltanto quando il progetto entrerà nella fase esecutiva. Una scelta che segnala prudenza, ma anche consapevolezza che il futuro della moneta europea non si scrive in laboratorio, bensì nelle aule parlamentari e nei confronti politici.

Perché Feedzai è una scelta politica oltre che tecnica

Feedzai non è un colosso globale, ma una fintech portoghese che processa oltre 8.000 miliardi di dollari di pagamenti ogni anno per clienti come Novobanco e Wio Bank. La sua selezione invia un messaggio preciso: l’Europa non deve sempre guardare a Silicon Valley o a Wall Street per trovare soluzioni tecnologiche all’avanguardia. Anche nei margini della mappa ci sono campioni capaci di competere a livello internazionale. La recente raccolta di 75 milioni di dollari rafforza la sua posizione, permettendo investimenti in ricerca e sviluppo proprio mentre si appresta a entrare nel cuore del progetto europeo più ambizioso del decennio. Non è solo tecnologia: è un segnale di fiducia nell’innovazione nata dentro i confini europei.

Tre nodi ancora aperti

Tre sono i punti critici che determineranno il destino dell’euro digitale:

  1. Esperienza utente: se pagare in euro digitale sarà meno semplice che usare carta o smartphone, l’adozione resterà marginale. La user experience è moneta
  2. Interoperabilità: il wallet BCE dovrà dialogare senza frizioni con circuiti privati e sistemi internazionali. Chiudersi in un ecosistema isolato significherebbe condannarsi all’irrilevanza
  3. Governance dei dati: chi avrà accesso, con quali limiti e per quali finalità? Senza regole chiare, la diffidenza dei cittadini rischia di soffocare l’entusiasmo politico.

Tra ambizione e rischio, l’Europa si gioca la sovranità

Il progetto dell’euro digitale non è un esercizio accademico né un vezzo tecnologico: è il tentativo di ridisegnare i rapporti di forza globali nel campo dei pagamenti. Con l’affidamento a Feedzai, la BCE dimostra che vuole giocare la partita sul terreno dell’innovazione, puntando su un modello che non è solo tecnico, ma anche politico. Se l’esperimento riuscirà, l’Europa avrà finalmente un’infrastruttura sovrana, capace di resistere alle pressioni esterne e di offrire ai cittadini un nuovo strumento di fiducia. Se fallirà, sarà perché avrà dimenticato che la moneta non è mai solo un mezzo di pagamento: è il cuore del contratto sociale. Ed è lì, nel punto di incontro fra fiducia, sicurezza e libertà, che l’euro digitale sarà giudicato.

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